In un’epoca in cui i mobili scandinavi della metà del secolo, con le loro forme disciplinate e rassicuranti, godono di un revival senza fine attraverso una miriade di nuove interpretazioni, il designer e architetto Guillermo Santomà crea oggetti usando materiali freddi e duri come vetro, metallo, roccia e schiuma modellata.
Il suo modus operandi è più simile a quello di un performer che a quello di un artigiano, le sue sono sculture funzionali arricchite da una certa dose di poesia, in grado di donare un tocco inaspettato agli ambienti che le ospitano.
Anche la sua casa segue questa logica. Casa Horta infatti è una palazzina di tre piani situata nella periferia di Barcellona che ha mantenuto la sua facciata borghese Art Nuveau ma che è stata completamente modificata nel suo interno, più ridefinita e sviluppata che progettata. Un edificio dalle geometrie bizzarre nel quale Guillermo ignora la logica spaziale a favore del colore, uno spazio simile a un’opera d’arte immersiva che ricorda la Muralla Roja di Ricardo Bofil.
Parlaci un po’ del tuo background e di come il tuo lavoro si è evoluto.
Ho studiato design e architettura ma ho iniziato scrivendo. Finiti gli studi sono andato in India dove ho vissuto per due anni. È stata un’esperienza a livello personale molto importante. Abitavo in questa isola fantastica chiamata Havelock nel Mar delle Andamane e lì ho iniziato a lavorare sui miei progetti con l’uso delle mani. Il contatto con i materiali ed essere solo è stato un forte inizio. Tornato a Barcellona ho iniziato a lavorare per molti studi di architettura ma sentivo che non sarebbe stata la mia strada.
Cosa rappresentano per te i tuoi progetti?
Tutti i miei progetti sono un’indagine sulle forme dei materiali e sulla loro utilità. Non li vedo nella loro singolarità ma preferisco dire che tutti i progetti sono il passo dopo passo di un lavoro quotidiano in cui costruisco il mio progetto. Preferisco vedere tutto questo come una visione, difficile da capire dove inizia l’oggetto e dove sono io. La materialità non è importante per me, è solo il mezzo per arrivare dove voglio. Una cosa che non capisco sono le tecniche. All’inizio pensavo che l’unica tecnica possibile fosse il pensare e ora inizio anche a dubitarne.
Hai un materiale o una combinazione di materiali che rispecchia la tua personalità?
Non capisco la materialità. La differenza tra gli oggetti e lo spazio è la mia vera materialità. È come quando scrivi un biglietto o vedi un film, ti raccontano una storia e tu leggi la poesia tra le righe, la storia è importante ma le immagini, le parole, i materiali, i colori, tutto questo è molto più importante secondo il mio punto di vista.
”Creare è distruggere” ho letto questa tua affermazione in un’intervista…
Non penso di averlo detto ma posso capire il motivo per cui la gente pensi ai miei progetti come una sorta di distruzione. La costruzione e la distruzione penso siano la stessa cosa, se pensiamo alle sculture classiche create dalla rimozione di materiale da una pietra per costruire un corpo bellissimo, ecco questo è il tipo di distruzione che comprendo.
Cosa rappresenta per te Casa Horta?
Casa Horta è un esempio di come lavoro. La mia casa è come un progetto senza fine.
Che significato dai agli oggetti della tua casa?
Non riesco a considerare un oggetto solo come un oggetto perché tutta la mia casa è come se fosse un’installazione, una performance quotidiana in cui tutti gli oggetti rendono possibile vivere lo spazio. Tutta la casa quindi è un oggetto e tutti gli oggetti cambiano nel tempo perché hai sempre bisogno di funzioni diverse, la funzione cresce come la materialità, mi piace considerare la funzione come una scultura.
In quale stanza trascorri la maggior parte del tempo?
Non vedo le stanze nella mia casa. I colori in ogni spazio si connettono l’un l’altro in modo da comprendere che tutto quello spazio sia una casa.
Cosa significa per te semplicità e complessità?
Lavoro con la complessità per essere molto semplice. Devi lavorare veramente molto per essere semplice e tutto questo lavoro io lo considero complessità; tutto il tempo che impieghi nel costruire modelli, leggere, scrivere, pensare… Può essere che la relazione tra semplicità e complessità sia la stessa che c’è tra costruire e distruggere. L’uno non è possibile senza l’altro e questo li rende la stessa cosa.
Qual è il tuo sogno più selvaggio?
Il mio sogno più selvaggio è costruire interamente un nuovo edificio nel centro di una città.