Il mio primo ricordo di Riccardo Mannelli è legato alle copertine di una raccolta di dischi allegati all’Espresso nel 2000, Le canzoni del secolo: 19 CD contenenti una selezione dei più bei brani del 1900.
Ogni copertina raffigurava uno o più esecutori dei pezzi nella compilation e ognuna di esse mi è rimasta impressa nella memoria. C’erano Sid Vicious ed Ella Fitzgerald insieme, Tina Turner e Fred Astaire, Mina e Louis Armstrong, Pelù, Bowie, De Andrè, Zappa e potrei andare avanti fino alla fine.
Ero una ragazzetta e ho consumato quei cd lustrandomi gli occhi per ore su queste cover: più che la straordinaria somiglianza dei soggetti con gli originali, quello che mi colpiva era la capacità dell’illustratore di riprodurre con un’accuratezza impressionante persino i bagliori dei fari del palco sui volti e sui vestiti, in mille sfumature di colore.
Anni e anni dopo ho immediatamente riconosciuto lo stile unico di Mannelli trovandomi davanti alla sua serie Hasta mañana mi amor, di cui mi sono perdutamente innamorata. Questi dipinti rappresentano scene di alcova: le coppie protagoniste, quasi sempre inquadrate dall’alto, sono impegnate in gesti intimi, abbandonate in quello che sembra un rilassato dormiveglia o in coccole post-coitum. Scene che ricordano Toulouse-Lautrec e Schiele ma con una cifra di realismo in più.
Mannelli ha collaborato con La Repubblica (reportage illustrati) e collabora tutt’ora con i principali periodici satirici italiani, riviste e testate giornalistiche come caricaturista e illustratore. Del 2009 è la mostra Teneri Barbari insieme al fotografo Jan Saudek – accoppiata geniale e più che azzeccata, secondo il mio modestissimo parere.