La pratica artistica di Lucia Cantò (1995, Pescara) si distingue per l’uso della terracotta e per la sua particolare ossessione per la forma del vaso. Se pensiamo a questi due elementi, il rimando al primitivo è inevitabile. Altrettanto immediato è il collegamento con il concetto di comunità. In antichità l’argilla veniva lavorata in un contesto collettivo e il suo ruolo era fortemente sociale. Aveva inoltre una forte componente spirituale. Veniva considerata un’arte potente e veniva affidata solo alle donne per la sua capacità trasformativa, prerogativa del ventre femminile. Questi presupposti sono utili per comprendere l’arte di Cantò e in particolare la sua mostra Stelle che sostengono altre stelle, in apertura domani 5 ottobre alla Fondazione Elpis di Milano.

La comunità temporanea
La mostra – a cura di Giovanni Paolin e Sara Maggioni – nasce dall’intenzione dell’artista di collaborare con una comunità temporanea, ragionando sul significato del vaso all’interno di uno spazio. In questi termini, la mostra si sviluppa su due livelli, fisici e interpretativi. Al piano terra si snoda l’esposizione delle opere dell’artista mentre il piano superiore è dedicato ai laboratori, in totale quattro, svolti da Lucia insieme a una piccola comunità di persone, riunitesi a seguito di una open call lanciata dall’artista e dalla Fondazione Elpis. I partecipanti di tutte le età, generi e professioni sono invitati a creare un autoritratto sotto forma di vaso in terracotta. Il vaso verrà poi riempito di un’essenza, un elemento organico che dovrà necessariamente affrontare una trasformazione. Qui si intrecciano opportunità di riflessione poetica, laboratori pratici e momenti di condivisione del processo creativo.

Le opere al piano terra
Il piano terra della Fondazione è dedicato a tre nuove produzioni che introducono gli spettatori alla visione dell’artista, fornendo anche chiavi di lettura per interpretare il laboratorio. “Madre” (2023), “Edilizia di un pensiero” (2023) e “Stellario” (2023) sono tutte visibili contemporaneamente, coesistendo pur rimanendo autonome. Abbracciando forme care all’artista, tutte le opere ruotano attorno a contrasti netti e corporeità simboliche.

“Madre” (2023) consiste in una scultura in terracotta composta da tre elementi assemblati in un equilibrio unico. Un elemento ospita e contemporaneamente nasconde la giunzione degli altri due elementi in terracotta. In particolare, “Madre” incarna i pensieri raccolti dall’artista durante conversazioni con donne a lei vicine, trascritte su quaderni.

“Edilizia di un Pensiero” (2023), composta da materiali eterogenei, mette il visitatore di fronte a elementi in netto contrasto tra loro, che, attraverso il loro dialogo, trasmettono una sensazione di fragilità. Le mantovane parasassi, tradizionalmente progettate per creare un ambiente sicuro e contenere materiali edili in caduta su un cantiere, vedono invertita la loro funzione, ospitando al loro interno una serie di fiori. Questi fiori attraversano cicli di vita diversi durante il periodo della mostra, e l’installazione scultorea funge da lente d’ingrandimento sul processo inevitabile di essiccazione dei fiori, trattenuti e poi lasciati cadere nel tempo, ognuno seguendo il proprio ritmo vitale.

Infine, la scultura “Stellario” (2023) prende il nome dall’oggetto che l’ha ispirata: una corona in bronzo decorata con dodici stelle, scoperta dall’artista durante un soggiorno a Napoli. Nell’opera presentata, tra i sette elementi che la compongono, non esiste una gerarchia; invece, ognuno collabora con gli altri, sostenendoli e venendo sostenuto. Quest’opera, che conclude l’esposizione al piano terra e introduce al piano superiore dedicato al laboratorio collettivo, ha ispirato il titolo stesso della mostra.

Stelle che sorreggono altre stelle è, quindi, una mostra circolare, che si apre e si chiude a contatto con la terracotta, attivata dall’investimento emotivo di una piccola comunità. Ciò che tiene tutto insieme e appare come la pietra angolare della ricerca di Lucia Cantò è la parola scritta, composta da note, tracce sulle opere d’arte e segni che si fondono nello spazio espositivo. Il linguaggio forma la base di ciascuna delle sculture dell’artista ed ha il potere di collegare tutte le sue installazioni.

Ph Credits ©Fabrizio Vatieri