Ulay oltre Marina

Ulay oltre Marina

Giulia Pacciardi · 3 anni fa · Art

Sono pochi coloro che conoscono Ulay, all’anagrafe Frank Uwe Laysiepen, per la sua arte e non solo per il suo rapporto, sia personale che artistico, con la più nota Marina Abramović.
I due infatti, dal primo incontro nel 1976 fino all’indimenticabile addio avvenuto dopo una lunga passeggiata sulla Muraglia Cinese nel 1988, hanno dato vita a performance artistiche che hanno turbato e toccato il mondo intero.
I Relations Works sono forse i più famosi, una serie di performance artistiche durante le quali la coppia ha indagato i limiti del corpo e della mente ma anche il tema della relazione uomo-donna.

Ma prima e dopo l’incontro con quella che più volte definirà essere la sua musa, Ulay ha portato avanti una sua vita artistica incentrata sulla fotografia e sulle live performance.
Con la prima, soprattutto analogica o con l’uso artistico della Polaroid, ha intrapreso una ricerca basata sui concetti di identità e corpo, documentando la cultura di travestiti e transessuali e ricevendo il primo grande riconoscimento nel 1974.
In quell’anno, infatti, realizza per due galleristi di Amsterdam Renais Sense e con loro fonda la De Appel Foundation.
Tutte le sue opere di quel periodo sono strettamente legate al concetto di sensibilità femminile che, dopo un processo di sperimentazione, scopre di avere in prima persona, e sulla rappresentazione dell’androginia.

Nel 1976, anno in cui incontra la Abramović, è il tempo di Fototot e di There is a Criminal Touch to Art e la sua arte si fa incredibilmente più radicale.
Il secondo lavoro, che ancora firma singolarmente, è una performance realizzata in una galleria di Berlino alla quale rubò un dipinto d Carl Spitzweg, pittore preferito di Adolf Hitler, per trasferirlo all’interno di una casa di poveri immigrati turchi.
Un lavoro importante nella vita dell’artista che sottolinea anche il suo rapporto fortemente conflittuale con le sue origini tedesche.

I 10 anni successivi sono costellati dalle performance dai Relations Works realizzati con l’artista serba naturalizzata statunitense, di cui alcuni avvenuti in Italia come Relation in Space alla Biennale di Venezia, Relation in Time presso la Galleria Studio G7 di Bologna e Imponderabilia, proposta alla Galleria d’arte moderna di Bologna.

Relation in Space

Dopo la separazione, avvenuta durante la performance The Wall Walk in China nel 1988, i due si sono più volte incontrati in aule di tribunali per i diritti d’autore delle loro opere, chiudendo per sempre il loro sodalizio artistico.

È da quella data che Ulay ricomincia il suo percorso in solitaria, concentrando tutto il suo lavoro sul mezzo fotografico e su alcuni esperimenti innovativi come i Fotogrammi e i Polagrammi.
In questo periodo dà vita a Polagram, creato tra il 1990 e il 1993, e qualche anno più tardi a Earth Water Catalogue, un lavoro atto a porre l’attenzione sullo spreco delle risorse idriche.

Nonostante la varietà dei temi affrontati, Ulay non ha mai perso di vista la questione dell’identità, tema fondamentale per tutta la sua sperimentazione artistica, e nel 2015 espone Anagrammatic Bodies, un progetto legato ai collage fotografici degli anni ’70, in cui riduce in frammenti la propria immagine andandola a mixare con quella di modelle e attrici.

Nel 2011 gli viene diagnosticato il cancro e, come cura, sceglie ancora l’arte, mezzo che gli ha permesso anche di conoscere il suo corpo e sopportare dure sofferenze fisiche e mentali.
In questo periodo di cure decide di iniziare un nuovo progetto a fianco del regista Damjan Kozole, il documentario Project Cancer.

Per lui girerà il mondo ripercorrendo tramite i luoghi i momenti chiave della sua esistenza, compiendo l’ennesimo esperimento sul suo stesso corpo:

“Nel picco della mia carriera ho trattato molto male il mio corpo con azioni masochistiche, auto-aggressive, ferendomi da solo. Tre anni fa ho scoperto di avere un cancro. Ma non aveva nulla a che fare col mio lavoro: le mie performances del passato, anzi, mi hanno insegnato che la mente deve essere più potente del corpo”

Una vita, quella di Ulay, molto più lunga dei 10 anni passati con l’ex partner Marina Abramović ma che, troppo spesso, è stata ridotta a quello, riducendo anche la sua importanza nella storia mondiale dell’arte performativa.

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Com’è andato il MI AMI 2023

Com’è andato il MI AMI 2023

Anna Frattini · 3 giorni fa · Art

Siamo stati alla diciassettesima edizione del MI AMI all’Idroscalo di Milano fra veterani del festival e nuovi arrivati insieme a molte sorprese. L’appuntamento di quest’anno è stato lanciato come una vera e propria caccia la tesoro per l’unitissima community del festival. Il MI AMI rivendica anche quest’anno la propria vocazione come motore di cose nuove, accelleratore di incontri ed esperienze.

Una line-up infinita e costellata di artisti appartenenti a generi diversissimi fra cui i Verdena, L’Officina della Camomilla ma anche Ginevra con il suo pop elettronico. Imperdibili le performance di Lovegang126, Giuse The Lizia e Drast venerdì e Coez, Nayt e Mecna insieme ai Coma Cose e Fulminacci nella giornata di sabato insieme a Rondodasosa, per la sua prima data italiana dopo le controversie. Ci sono stati anche degli ospiti a sorpesa fra cui gli Ex Otago la prima sera, Willie Peyote sul palco con Fulminacci e Coez e Frah Quintale sul palco Dr. Martens.

Per altri scatti dal MI AMI qui il loro profilo Instagram.

Ph. courtesy Andrés Juan Suarez

Com’è andato il MI AMI 2023
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Richie Culver: il cinismo è arte?

Richie Culver: il cinismo è arte?

Giorgia Massari · 2 giorni fa · Art

Con soli 8 euro in tasca, il giovane diciassettenne Richie Culver lascia la sua casa a Hull, un paese nel Nord dell’Inghilterra, per inseguire la sua ragazza dell’epoca a Londra. Da qui ha inizio la sua carriera da artista, mosso dall’amore e senza alcuni studi artistici alle spalle.
Culver inizia a fare arte tra le strade e poi, inaspettatamente, la sua opera “Have you ever really loved anyone?”, un collage con un ritaglio di Jesse Owens, venne esposta alla Tate Modern di Londra durante una mostra collettiva. Richie Culver ora ha 44 anni ed espone le sue opere in tutto il mondo, riscuotendo grande successo grazie soprattutto alle sue frasi schiette e crude, scritte su tela

Richie Culver | Collater.al

La sua poetica ruvida proviene dal suo passato e le frasi sono spesso auto-biografiche. Richie Culver nasce da una famiglia di classe operaia, in un ambiente disilluso che influisce in modo preponderante sui suoi pensieri e di conseguenza sulla sua arte. Dalle sue frasi è evidente la sua lotta nei confronti del sistema di classi e della mascolinità contemporanea.
Le sue frasi ciniche conservano un umorismo oscuro e diventano universalmente comprensibili. Con la loro semplicità e attingendo dai luoghi comuni, fortemente combattuti dall’artista, le frasi di Culver sono in grado di comunicare con qualsiasi persona, di ogni provenienza e classe sociale. 

Richie Culver | Collater.al

Tra ironia e cinismo, Richie Culver si schiera contro la tecnologia e in particolare contro il mondo dei social. Emblematica è l’opera controversa “Did U Cum Yet?”, una delle sue classiche scritte a spray su tela, che diventò immediatamente virale su Instagram. In quanto l’opera stessa è una critica all’uso smoderato dei social, in cui l’artista paragona l’atto della masturbazione al bisogno di nutrire il proprio ego postando la propria arte su Instagram, Culver decide di distruggere l’opera originale. Realizza però un libro che contiene tutti gli screenshot dei commenti in risposta al pezzo, per lo più critiche.

Richie Culver | Collater.al

Oggi Richie Culver è un artista eclettico. La sua pratica spazia dalla pittura, alla scultura, alla fotografia e alla performance digitale. Attualmente la sua carriera è rivolta in particolare alla musica. I suoi pezzi audio diventano una continuazione dei suoi dipinti, oscillando tra musica e poesia.  

Courtesy Richie Culver

Richie Culver: il cinismo è arte?
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Il mondo subacqueo di Jason deCaires Taylor

Il mondo subacqueo di Jason deCaires Taylor

Anna Frattini · 2 giorni fa · Art

Jason deCaires Taylor è uno scultore, ambientalista e fotografo professionista impegnato nella costruzione di musei e parchi di sculture subacquei. I temi trattati da Taylor riguardando l’emergenza climatica, l’attivismo ambientale e la capacità rigenerativa della natura.

Rimanendo sott’acqua, le sculture dell’artista si trasformano e con il passare del tempo forniscono un nuovo habitat per la fauna e la flora marina. Il tutto realizzato con cemento durevole, in grado di fornire una piattaforma stabile che consente ai coralli di attaccarsi e crescere. L’unicità di queste sculture subacque si concentra sul rapporto fra arte e ambiente che si interseca con questioni sociali, come la preoccupante condizione dell’ecosistema marino destinata a ripercuotersi sulla vita dell’uomo. L’intenzione di Taylor è di far riflettere gli spettatori su queste tematiche, offrendo un punto di vista diverso per un futuro migliore anche sott’acqua.

La prima scultura di Taylor, Il Corrispondente Perduto – realizzata in collaborazione con un biologo marino e un centro di immersioni locale – è stata posizionata al largo delle coste di Grenada, in Giamaica, un’area distrutta dall’uragano Ivan. La scultura si è rapidamente trasformata e col tempo vi sono stati aggiunti altri elementi, ben 26 alla fine. Così è nato primo parco di sculture sommerso al mondo. Da questo momento in poi, i progetti di Taylor sono diventati sempre più ampi fino al giardino sommerso di Lanzarote. Dal 2009 i siti subacquei realizzati dall’artista sono quasi una ventina in giro per il mondo e i visitatori oltre mezzo milione.

Il Museo Atlántico di Lanzarote, a circa trecento metri dalla costa e a dodici metri di profondità, ospita un’esposizione di oltre 250 statue che raffigurano, a grandezza naturale, alcuni abitanti dell’isola selezionati da James deCaires Taylor, ormai pioniere di questa nuova frontiera ambientalista nel mondo dell’arte.

Per scoprire gli altri progetti di Jason deCaires Taylor puoi visitare il suo profilo Instagram.

Ph. courtesy Jason deCaires Taylor

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La urban culture secondo Lugosis

La urban culture secondo Lugosis

Anna Frattini · 1 giorno fa · Art

Luca Lugosis – a.k.a. Lugosis – è un tatuatore, street artist e artista italiano che ha collaborato con brand del calibro di Dr. Martens, Market, Nike e molti altri. La sua poliedricità rielabora la urban culture in una chiave strettamente personale, legatissima alla scena milanese.

Ora attivo su Berlino, viaggia per il mondo alla ricerca di nuovi stimoli e ispirazioni. D’altro canto, Milano rimane un luogo molto importante per Lugosis, partendo dalle suggestioni metropolitane fino alla community che si è costruito con il tempo.

I personaggi ideati da Lugosis si muovono con agilità fra tatuaggi, illustrazioni e graffiti e raccontano i suoi pensieri e la sua percezione del mondo. Fra personaggi strampalati e weirdos, la poetica di Lugosis ricompensa l’anti-convenzionale senza pregiudizi. In definitiva, la cultura suburbana e l’estetica dei cartoon millennial sono di grande ispirazione per l’artista.

Ora, ripercorriamo alcune delle collaborazioni più interessanti dell’artista. Da quella per Nike con t-shirt e felpe dove Lugosis reinventa il classico logo a quella più grafica con Dr. Martens, portata avanti insieme a Strato. Anche per Carhartt i due artisti hanno collaborato insieme nel 2021 nello store del brand a Weil am Rhein in Germania, il tutto curato da Colab Gallery.

Ph. courtesy Lugosis, Colab Gallery, Dr. Martens, Nike

Per tutti gli altri progetti di Lugosis qui il suo profilo Instagram.

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