“Per me, le città sono enormi corpi di desideri delle persone. E mentre cerco i miei desideri all’interno di esse, penso che la cosa più importante che la fotografia possa fare è mettere in relazione sia il fotografo che i ricordi dello spettatore. I miei amici o i critici sono spesso sorpresi e mi chiedono come mai non mi sono mai annoiato andando in giro per oltre 50 anni. Ma io non mi annoio mai”.

Daidō Moriyama ha sempre amato il caos, il brulicare frenetico delle città, e lo ha immortalato con uno stile diventato iconico e che ha aperto la strada ai milioni di fotografi che hanno provato e che provano tuttora ad imitarne l’approccio.
Lo skate brand newyorkese Supreme ha omaggiato il pioniere della fotografia giapponese Daidō Moriyama, anticipando la collaborazione del brand fondato da James Jebbia con il fotografo giapponese.
Non mi lascio scappare l’occasione e approfitto del link propostoci da Supreme per raccontare la vita, la filosofia e lo stile di uno dei più incisivi e decisivi fotografi di tutti i tempi e sicuramente uno dei maggiori esponenti della fotografia di strada giapponese.

Moriyama nasce a Ikeda nel 1938 ma cresce a Osaka, dove in principio inizia a studiare grafica prima di essere catturato in modo viscerale dalla fotografia. Decide di trasferirsi a Tokyo nel 1961 e diventa l’assistente di Eikoh Hosoe (fotografo di culto che ha fatto della morte, dell’ossessione erotica e dell’irrazionalità i punto cardine della sua estetica espressa attraverso il corpo), lavoro che porta avanti per tre anni e che gli permette di entrare in contatto con il mondo della fotografia di Tokyo.

La capitale nipponica ha sin da subito un impatto deflagrante su Moriyama che ne inizia a catturare i contrasti emergenti, quella di una Tokyo moderna e corrotta dai meccanismi industriali in rapidissima ascesa. Nel 1968 pubblica la sua prima raccolta di fotografie Nippon gekijo shashincho, proprio sul tema dell’industrializzazione invadente e l’anno successivo inizia la sua collaborazione con il collettivo radicale Provoke, richiamando su di sé l’attenzione di tantissimi artisti in tutto il paese. Moriyama contribuirà poi anche alla crescita di tantissime riviste fotografiche come Camera Mainichi, Asahi Journal e tante altre.

Il suo stile crudo e allo stesso tempo estremamente espressivo, cattura in modo sorprendente l’anima della sua contemporaneità sviluppando quello che diventerà noto come l’approccio are-bure-boke (grezzo, sfocato, fuori fuoco), che ancora oggi rappresenta uno stile estremamente attuale e cool.

Fotografo estremamente prolifico, ha pubblicato centinaia di raccolte fotografiche tra le quali vale la pena di ricordare: Japanese Theater (1968), Farewell, Photography (1972), Daidohysteric (1993) e Hokkaido (2008).
Ciò che viene fuori in modo dirompente dalle sue fotografia sgranate e ad alto contrasto è la forza, l’energia e il costante movimento della vita collettiva urbana ma che, allo stesso tempo, si rivela estremamente personale.

La sua produzione lunga ormai oltre 50 anni rappresenta una testimonianza fondamentale di ciò che è stata la trasformazione industriale ma soprattutto culturale del Giappone nel secondo dopoguerra, modellato dalla fine dell’occupazione militare statunitense e dalle ripercussioni che quest’ultima ha avuto sulle tradizioni giapponesi.
Il suo lavoro ha plasmato, influenzato e ispirato generazioni di fotografi, e non soltanto, il tutto il mondo e la sua legacy è oggi più forte che mai.
