Supreme x Daidō Moriyama, un tributo alla legacy di un pioniere

Supreme x Daidō Moriyama, un tributo alla legacy di un pioniere

Andrea Tuzio · 1 anno fa · Style

“Per me, le città sono enormi corpi di desideri delle persone. E mentre cerco i miei desideri all’interno di esse, penso che la cosa più importante che la fotografia possa fare è mettere in relazione sia il fotografo che i ricordi dello spettatore. I miei amici o i critici sono spesso sorpresi e mi chiedono come mai non mi sono mai annoiato andando in giro per oltre 50 anni. Ma io non mi annoio mai”.

Daidō Moriyama ha sempre amato il caos, il brulicare frenetico delle città, e lo ha immortalato con uno stile diventato iconico e che ha aperto la strada ai milioni di fotografi che hanno provato e che provano tuttora ad imitarne l’approccio.

Lo skate brand newyorkese Supreme ha omaggiato il pioniere della fotografia giapponese Daidō Moriyama, anticipando la collaborazione del brand fondato da James Jebbia con il fotografo giapponese.

Non mi lascio scappare l’occasione e approfitto del link propostoci da Supreme per raccontare la vita, la filosofia e lo stile di uno dei più incisivi e decisivi fotografi di tutti i tempi e sicuramente uno dei maggiori esponenti della fotografia di strada giapponese.

Moriyama nasce a Ikeda nel 1938 ma cresce a Osaka, dove in principio inizia a studiare grafica prima di essere catturato in modo viscerale dalla fotografia. Decide di trasferirsi a Tokyo nel 1961 e diventa l’assistente di Eikoh Hosoe (fotografo di culto che ha fatto della morte, dell’ossessione erotica e dell’irrazionalità i punto cardine della sua estetica espressa attraverso il corpo), lavoro che porta avanti per tre anni e che gli permette di entrare in contatto con il mondo della fotografia di Tokyo. 

La capitale nipponica ha sin da subito un impatto deflagrante su Moriyama che ne inizia a catturare i contrasti emergenti, quella di una Tokyo moderna e corrotta dai meccanismi industriali in rapidissima ascesa. Nel 1968 pubblica la sua prima raccolta di fotografie Nippon gekijo shashincho, proprio sul tema dell’industrializzazione invadente e l’anno successivo inizia la sua collaborazione con il collettivo radicale Provoke, richiamando su di sé l’attenzione di tantissimi artisti in tutto il paese. Moriyama contribuirà poi anche alla crescita di tantissime riviste fotografiche come Camera Mainichi, Asahi Journal e tante altre. 

Il suo stile crudo e allo stesso tempo estremamente espressivo, cattura in modo sorprendente l’anima della sua contemporaneità sviluppando quello che diventerà noto come l’approccio are-bure-boke (grezzo, sfocato, fuori fuoco), che ancora oggi rappresenta uno stile estremamente attuale e cool. 

Fotografo estremamente prolifico, ha pubblicato centinaia di raccolte fotografiche tra le quali vale la pena di ricordare: Japanese Theater (1968), Farewell, Photography (1972), Daidohysteric (1993) e Hokkaido (2008).

Ciò che viene fuori in modo dirompente dalle sue fotografia sgranate e ad alto contrasto è la forza, l’energia e il costante movimento della vita collettiva urbana ma che, allo stesso tempo, si rivela estremamente personale.

La sua produzione lunga ormai oltre 50 anni rappresenta una testimonianza fondamentale di ciò che è stata la trasformazione industriale ma soprattutto culturale del Giappone nel secondo dopoguerra, modellato dalla fine dell’occupazione militare statunitense e dalle ripercussioni che quest’ultima ha avuto sulle tradizioni giapponesi. 

Il suo lavoro ha plasmato, influenzato e ispirato generazioni di fotografi, e non soltanto, il tutto il mondo e la sua legacy è oggi più forte che mai.

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La fotografia eterea di Matteo Zanin

La fotografia eterea di Matteo Zanin

Giorgia Massari · 3 giorni fa · Photography

“Ci sono ipotesi diverse su come siamo venuti al mondo, c’è chi dice dagli animali come conseguenza dell’evoluzione della specie e c’è chi dice per mano di Dio, ma di certo sappiamo che quando lasceremo questo pianeta, ciò che resterà di noi sarà solo polvere.” con queste parole il fotografo italiano Matteo Zanin (1986) riflette sul nostro destino attraverso una serie di scatti di nudo artistico. La polvere, le briciole, i detriti, le ceneri sono il punto di partenza del suo progetto fotografico POLVERE in cui la materia naturale e il corpo umano diventano una cosa sola.

Matteo Zanin Polvere | Collater.al
Matteo Zanin Polvere | Collater.al

In un’ambiente arido, privo di vegetazione, una donna nuda, dall’aspetto candido e leggero vaga nel desertico paesaggio, mimetizzandosi e amalgamandosi ad esso. “La donna è l’essere vivente che più si avvicina alla natura, perché come lei è l’unica che può creare un’altra vita.” riflette Zanin.

Gli scatti appartengono ad una sfera eterea, che rimanda lo spettatore ad uno scenario quasi apocalittico. L’ultima donna sul pianeta, una ninfa solitaria, in cerca di acqua, di una fonte di vita. Con il tempo il suo corpo si congiunge alla natura, fino a diventare parte della stessa. Contorcendosi imita le sue forme, abbracciandola le dimostra il suo amore.

La passione per la Street photography e il suo approccio cinematografico, oltre alla sua esperienza nel campo della moda, emergono particolarmente nella serie POLVERE, capace di riassumere l’identità artistica di Matteo Zanin e di restituire una serie di sentimenti contrastanti. La natura può dare ma può anche togliere.

Matteo Zanin Polvere | Collater.al
Matteo Zanin Polvere | Collater.al
Matteo Zanin Polvere | Collater.al
Matteo Zanin Polvere | Collater.al
Matteo Zanin Polvere | Collater.al

Courtesy and credits Matteo Zanin

La fotografia eterea di Matteo Zanin
Photography
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Le fotografie di J. Jason Chambers raccontano l’America

Le fotografie di J. Jason Chambers raccontano l’America

Anna Frattini · 4 giorni fa · Photography

Classe 1980, J. Jason Chambers è un fotografo americano che racconta l’America attraverso i suoi scatti, viaggiando di stato in stato e ispirandosi al New Topographics Movement. Scorrendo fra gli scatti del fotografo sembra di vedere un’America molto diversa da quella che ci immaginiamo. Insegne al neon luminose, stazioni di servizio e vecchie automobili sospese in un’atmosfera quasi cinematografica. Chambers sembra essere in continuo movimento, dalla California fino a Wall Street passando per il deserto. Le fotografie scattate a New York fanno da contraltare alle suggestioni desertiche del New Mexico e ai panorami texani di Marfa.

La riflessione di J. Jason Chambers su una nuova topografia influenzata dall’uomo si ispira a una mostra risalente al 1975 a Rochester, New Topographics. In questa occasione furono esposti 10 fotografi alle prese con l’arrivo del Concettualismo e del Minimalismo nella fotografia degli anni ’70. Il SFMoMA, nel 2010, ha deciso di riportare in vita questa mostra rivelando il ponte pre-esistente fra il mondo dell’arte contemporanea e quello della fotografia.

Il punto di incontro fra la fotografia di J. Jason Chambers e New Topographics sta nel rapporto fra l’uomo e l’ambiente. Stazioni di servizio, motel o parcheggi fanno ormai parte del nostro immaginario quando si parla di paesaggistica così oggi come negli anni ’70.

J. Jason Chambers

Per scoprire altri scatti di J. Jason Chambers qui il suo profilo Instagram.

Le fotografie di J. Jason Chambers raccontano l’America
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Le fotografie di J. Jason Chambers raccontano l’America
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Voglia d’estate con gli scatti di Andoni Beristain

Voglia d’estate con gli scatti di Andoni Beristain

Giorgia Massari · 6 giorni fa · Photography

Non possiamo dare niente e nessuno per scontato. Celebriamo ciò che di bello ci da la vita. Attraversiamo i momenti difficili e rimaniamo in piedi”. Con questa parole entriamo a contatto con la poetica del fotografo basco Andoni Beristain che, con oggetti semplici e paesaggi colorati omaggia la bellezza della vita. Le sue origini basche sono fondamentali nella sua ricerca e particolarmente evidenti nella sua estetica. Nelle sue fotografie still life, emerge la sua visione personale della vita: colorata, ottimista e ironica. 

Con questa serie di scatti di Andoni Beristain che vi proponiamo oggi, evochiamo l’estate in arrivo e la voglia di tutti di spensieratezza. Ma, nonostante i colori caldi, il mare, la spiaggia ed elementi come le sedie in plastica e i ventilatori, che immediatamente rimandano al periodo estivo, una certa nostalgia si cela dietro questi scatti. La leggerezza estiva è accompagnata da una vena di solitudine. Una sedia è sola in mare. Un gioco è trasportato dalle onde. Un uovo è appeso al sole. Un uomo galleggia solo nel mare. Tutte scene solitarie, che richiamano un certo senso di abbandono. Probabilmente, con questi scatti Andoni sceglie di richiamare alla mente il dualismo tipico dell’estate, da una parte la desideriamo ma dall’altra non riusciamo mai a godercela. Ed ecco che ritorna la frase di Beristain e la sua volontà di insegnarci ad assaporare il momento, ad essere in grado di condurre la classica slow life, oggi sempre più difficile da attuare.

Andoni Beristain | Collater.al
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Andoni Beristain | Collater.al
Andoni Beristain | Collater.al
Andoni Beristain | Collater.al

Courtesy Andoni Bernstein

Voglia d’estate con gli scatti di Andoni Beristain
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Il cibo pixelato di Yuni Yoshida

Il cibo pixelato di Yuni Yoshida

Giulia Pacciardi · 7 giorni fa · Photography

I pixel sono gli elementi più piccoli che costituiscono un’immagine, talmente minuscoli e numerosi da non poter essere visti ad occhio nudo.
Anzi, quando si vedono, non è affatto un buon segno.
In tutti i casi tranne uno, ossia, quando diventano protagonisti di un progetto.

È questo il caso di Pixelated, delle fotografie firmate dall’Art Director giapponese Yuni Yoshida in cui cibo e pietanze vengono sezionate in tanti quadrati perfetti che riprendono i colori degli ingredienti, della buccia o della polpa.
Una serie di immagini surrealiste ed attraenti che speriamo diventino molte di più di quante sono ora.

Il cibo pixelato di Yuni Yoshida | Collater.al 1 Il cibo pixelato di Yuni Yoshida | Collater.al 2 Il cibo pixelato di Yuni Yoshida | Collater.al 3

Il cibo pixelato di Yuni Yoshida
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Il cibo pixelato di Yuni Yoshida
Il cibo pixelato di Yuni Yoshida
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