Classe 1999, Nicolò Bonafede in arte Don Said è un rapper di origine catanese, con base a Milano, già autore indipendente di 11 singoli. Con “Non mi disturbare”, la sua ultima fatica disponibile su tutti i digital stores dal 22 febbraio scorso, approccia la strumentale cupa del producer e musicista John Lui legandole un testo molto simile ad un flusso di coscienza, libero e impetuoso, senza regole.
Lo short film che accompagna il singolo, diretto da Daniele Fazio, scritto da Alessandro Timpanaro e prodotto da Collater.al Studio, si ispira alla narrativa noir ed exploitation, per raccontare il viaggio notturno di Don Said e John Lui a bordo di una Mercedes vintage. Una corsa inquietante fra le buie strade milanesi, illuminate solo dai fari delle auto e dai lampioni, che mostrano personaggi ambigui e storie angoscianti.
Guarda qui il video di “Non mi disturbare” e leggi la nostra intervista a Don Said per saperne di più.
Iniziamo dal principio, “Said”, il nome che ti sei scelto, si ispira all’omonimo personaggio del film “La haine” di Mathieu Kassovitz. Film cult che ha già fatto la sua comparsa nel mondo della musica italiana grazie alle citazioni di Achille Lauro e Marracash. Perché hai scelto questo nome? Cosa credi di avere in comune con il Said del film e quale pensi sia il link fra la pellicola e la cultura rap?
Quando ho visto per la prima volta “La Haine” avevo 14 anni circa e mi ero avvicinato da poco all’hip hop e al freestyle, in generale alla cultura street. Non c’è una vera e propria somiglianza caratteriale fra me e il personaggio ma la colonna sonora e la scena in cui Said scrive “Said baise la police” mi hanno fatto rivedere molte delle cose che stavo iniziando a vivere. Per me è tutt’ora il film più hip hop che sia mai stato realizzato. Anche se ho dei bellissimi ricordi legati a questa cultura e a quel periodo, attualmente sono più legato alla musica e all’arte in generale che ai dogmi del rap classico.
Nella tua carriera musicale hai fatto uscire 11 singoli, com’è cambiato il tuo percorso da “Russian Roulette” fino a “Non mi disturbare”?
Il primo singolo in assoluto lo registrai in cameretta con un mio amico che faceva beatbox. Si chiamava “Russian Roulette”. Ricordo solo che eravamo gasatissimi nonostante la qualità audio fosse pessima, ma a noi piaceva, volevamo fare sentire quello che facevamo, per noi spaccava davvero, ci credevamo tanto. Da quel momento a ora sono usciti circa 11 singoli. Il primo vero singolo, ovvero quello che mi ha poi spinto a prendere sul serio la musica, è Pillole, uscito a Gennaio 2017: da quel momento in poi ho iniziato a fare tanti live, opening e a totalizzare un certo numero di ascolti che mi hanno portato ad avere più fiducia sul progetto. “Non mi disturbare” per me è un pezzo importantissimo, ho sempre fatto musica per me stesso prima che per gli altri, ma con questo singolo ho capito davvero che musica voglio fare, ho trovato una mia identità artistica.
Sei forse uno dei rapper più giovani della scena e arrivi in un momento in cui il rap e i suoi figli calcano i palchi dei programmi più mainstream della tradizione italiana. Come vivi questo fenomeno e come credi che cambierà la cultura del rap italiano?
Forse stiamo vivendo la vera età d’oro del rap. Abbiamo l’opportunità di farci valere su tutti i palchi, le radio passano sempre più pezzi rap e tutti ne parlano. È un genere molto vario e la gente inizia ad accorgersene, le nuove sonorità non vengono più demonizzate come prima da chi viene dal rap anni 90, era anche ora. È un genere in costante miglioramento, soprattutto perché c’è tanta competizione.
Una polemica che avanza sempre di più è quella sui contenuti dei pezzi, troppo incentrati sull’uso delle droghe e delle dipendenze, cosa ne pensi di chi chiede agli artisti di giustificare i propri testi?
La droga esiste anche se non se ne parla nei testi, quelle sui contenuti sono polemiche sterili. L’arte è libera espressione e la cosa più vera che si possa fare è parlare di ciò che si vive. Il vero dramma è la disinformazione sulle sostanze, non il fatto che esistano e che la gente ne faccia uso.
La tua musica si avvicina molto di più al rap old school che alle sonorità che stanno prendendo piede da qualche anno a questa parte, perché questa scelta forse “meno furba” rispetto a quella dei tuoi colleghi?
In realtà credo che la mia musica sia ampiamente al passo coi tempi, le cose che rimandano forse al rap più “vecchia scuola” sono il fatto che uso molto poco l’autotune (mi piace un sacco, ma non sulla mia voce) e i temi che tratto.
Di contro ho una scrittura più libera di quella di prima, tendo a scrivere poche rime e preferisco che le parole suonino bene tra loro senza pormi problemi sul fatto che rimino o meno. È un giusto compromesso fra le nuove sonorità e la musica da cui vengo.
Com’è avvenuto il tuo incontro con il producer e musicista John Lui, puoi raccontarci com’è nato questo nuovo pezzo?
Ho conosciuto John Lui nel suo studio, Dubrum, dovevo registrare una traccia e gli è subito piaciuto il mio modo di scrivere e di cantare. Già lo conoscevo artisticamente e mi piacevano un sacco i suoi lavori, è nato tutto molto spontaneamente. “Non mi disturbare” è stata scritta in aereo, ho dei ricordi molto confusi di quel periodo, ricordo che stavo tornando a Catania per lavorare in studio con John, non vedevo l’ora di registrarla e di fargli sentire quello che avevo scritto. Il beat nasce dopo il testo. Il giorno stesso avevamo il pezzo praticamente pronto, che è poi stato perfezionato nel tempo. Siamo particolarmente meticolosi in quello che facciamo.
Quando pensi sarai pronto per far uscire il tuo primo EP?
Sono già pronto, sto solo cercando di creare un giusto filo conduttore fra i vari pezzi. Ci siamo quasi.
Credits
Shot & Directed: Daniele Fazio
Written: Alessandro Timpanaro
Production: Collater.al Studio
Executive Producer: Ivan Donadello
Costume Designer: Stephen Ajao
Set Photographer: Any Okolie