Niente fronzoli, niente discorsi pomposi o lunghi sermoni, a un gruppo di studenti dell’Animation Workshop danese basta un corto animato di 5 minuti per rappresentare una società corrosa dal pregiudizio e dall’indifferenza verso le vite di chi ci circonda.
Il protagonista del corto animato Vermine è Hubert, un topo nero in una società di topi bianchi. Hubert è un sognatore, un poeta e le sue parole descrivono con una semplicità disarmante tutto quello che vede, la metropolitana, l’attesa, gli altri topi che aspettano sulla banchina.
La voce all’altoparlante annuncia che il treno della metropolitana ha un lieve ritardo, nulla di scioccante, ma a volte un lasso di tempo breve, un piccolo cambio di programma sulla tabella di marcia può cambiare la vita. I poliziotti si avvicinano a Hubert, gli chiedono i documenti, lo perquisiscono e trovano un bloc notes con i suoi pensieri, le sue poesie.
Come spesso succede chi ha delle idee, degli ideali, dei valori viene classificato pericoloso da chi è abituato a eseguire senza porsi nessuna domanda e così la fine di Hubert è quella che fanno le idee rivoluzionarie, vengono soppresse.
La voce dell’altoparlante annuncia che tutto è tornato alla normalità. Ma quale normalità? Quella in cui tutti stanno a guardare e nessuno ha il coraggio di fare e dire nulla?
Forse però non tutto è perduto, perché a volte le parole, i pensieri sopravvivono al corpo. Sopravvivono nel tempo.