Yoshiki Hase è un fotografo giapponese che realizza immagini fortemente concettuali, del quale abbiamo parlato precedentemente qui. I suoi lavori sono stati esibiti in tutto il mondo e nel 2018 ha vinto i Lensculture Emerging Talent Awards.
Noi di Collater.al abbiamo chiesto a Yoshiki di raccontarsi brevemente tramite un’intervista, che trovi qui sotto:
Qual è il tuo primo ricordo legato al mondo della fotografia?
Il mio primo ricordo è legato al momento in cui ho visto una fotografia istantanea di un vecchio giardino sul retro di una casa in stile Okinawa. È un peccato che non mi ricordi di chi fosse quell’immagine, ma ho avuto la strana sensazione di averla scattata io.
È stato il momento in cui ho capito per la prima volta che avrei dovuto iniziare a fare fotografie.
C’è un motivo particolare per cui ha scelto queste immagini?
Questi scenari erano presenti già nella mia mente, li ho solo portati a galla. Mi piacciono perché mi portano le scene di incertezza e universalità allo stesso tempo. Alcune immagini sono tratte dal mio progetto Almost Nature ed altre dalla serie ENA.
Perché hai scelto l’arte concettuale come metodo personale di rappresentazione?
Per me è stato molto naturale, mi è sempre piaciuto sperimentare, anche prima di iniziare ogni singolo progetto. Spesso mi servo di innumerevoli oggetti di scena, che però non sono bravo a realizzare, preferisco posizionarli e scattare.
Non mi sono reso conto che quello che stavo facendo era una cosa “concettuale”. Per me, è stato solo un riconoscimento in seguito.
Cosa ti ispira?
Ascolto molta musica, uno dei gruppi che più mi ispirano sono i Boards of Canada, duo scozzese molto stimolante, mi hanno aiutato a realizzare il mio progetto 181°.
La stimolazione sonora nel cervello è strettamente collegata alla mia produzione ed al mio immaginario.
Pensi che la tua cultura d’appartenenza abbia influenzato il tuo modo di fare arte?
Non
Mi sento un po’ confinato nella società giapponese, anche geograficamente parlando, il Giappone potrebbe non essere il posto migliore per il mio modo di fare arte.
Inoltre, sono molto selettivo riguardo le mie locations, trovare di buone non è facile in questo paese.
Suppongo che l’essere giapponese non sia davvero collegato a quello che faccio.
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