6 loghi iconici adattati a differenti stili artistici
Art nouveau, Bauhaus, Psichedelico, Pop art, Retro anni ’80 e Design 3D, sono questi gli stili che i creativi di Kapwing– piattaforma specializzata in editing di immagini, video e GIF – hanno scelto per rivisitare alcuni dei loghi più famosi.
I loghi di Apple, McDonald’s, Instagram, Google, NASA e WWF sono talmente riconoscibili anche solo a un primo e veloce sguardo che se lo stile degli elementi caratteristici viene cambiato non perdono il loro fascino.
Vediamo così il logo di Instagram sembra uscito da un’opera di Andy Warhol o quello di McDonald’s uscito dalla Germania degli anni ’20. Quello dei creativi di Kapwing è un esperimento artistico che fa sorridere e dimostra come quando una cosa è iconica può essere pure modificata, ma la sua sostanza non cambia.
Per chi come me è cresciuto negli anni ’90, i cartoni animati di MTV (tutti, nessuno escluso) hanno rappresentato in un certo qual modo l’ingresso nell’età adulta. Mi spiego meglio. Se fino a quel momento le tematiche e le rappresentazioni alle quali ero abituato (io come tutti i miei coetanei) erano quelle classiche dei cartoni animati “canonici” che eravamo soliti guardare il pomeriggio sulle reti Mediaset ad esempio, con le serie animate di MTV tutto è cambiato, soprattuto grazie a Beavis and Butt-Head.
Partiamo col dire che Beavis and Butt-Head – il mio cartone preferito in assoluto di MTV – andava in onda di sera, all’interno di un contenitore dedicato all’animazione composto da un trittico che annoverava, oltre ai due scansafatiche amanti del hard rock e del metal, la nemesi di questi ultimi, Daria (spin-off di Beavis and Butt-Head) giovane cinica, intelligente, pungente e asociale e Celebrity Deathmatch, serie cruenta e brutale in stop-motion parodia del wrestling professionistico dove sul ring si sfidavano i personaggi più noti dello show-biz.
L’MTV Animation, il dipartimento d’animazione di MTV, caratterizzava quasi tutti i suoi prodotti con un umorismo oscuro, battute sessualmente esplicite e politacally uncorrect, violenza e riferimenti alla cultura pop, rendendoli in automatico adatti a un pubblico adulto.
Qui ci sarebbe da scriverne/parlarne per ore ma oggi mi concentrerò su Beavis and Butt-Head perché è notizia di ieri che Paramount+ ha annunciato che a luglio di quest’anno uscirà il nuovo lungometraggio dedicato ai due personaggi nati dalla mente di Mike Judge nel 1993 dal titolo, Beavis and Butt-Head Do the Universe. Una sorta di sequel del primo lungometraggio dedicato ai due debosciati, Beavis and Butt-Head DoAmerica.
La sinossi del film è la seguente: “Forse il film spaziale più stupido mai realizzato, Beavis e Butt-Head sono condannati al campo spaziale da un giudice “creativo” nel 1998. La loro ossessione per un simulatore di approccio (eh eh) porta ad un viaggio sullo Space Shuttle, con risultati prevedibilmente disastrosi. Dopo aver attraversato un buco nero, riemergono nel nostro tempo, dove cercano l’amore, usano male gli iPhone e sono braccati dal Deep State. Spoiler: non concludono nulla”.
Paramount+ ha anche confermato che verranno rilasciati oltre 200 episodi classici rimasterizzati.
Ma chi sono Beavis and Butt-Head?
La serie creata da Mike Judge nel 1993 ha come protagonisti due adolescenti assolutamente senza la minima voglia di fare qualunque cosa se non quella di stare seduti sul divano a guardare e commentare video musicali metal e hard rock. Frequentano il liceo ma sono totalmente avulsi da tutto ciò che li circonda, le loro avventure sono surreali a causa del loro comportamento assolutamente bizzarro, ai limiti del pazzoide.
Caratterizzata da un turpiloquio costante, la serie rispecchiava un certo tipo di narrativa (quella della bro-culture) che negli anni ’90 dominava gli show televisivi americani e a cascata anche i nostri, il maschio scansafatiche. Qui Judge ci aggiunge una dose spropositata di stupidità, idiozia, no sense, musica, parolacce e violenza gratuita. Menefreghisti, cinici , frivoli e senza il minimo ritegno e dignità, i due protagonisti si ritrovano spesso a mettere in pericolo loro stessi e gli altri con azioni pericolose e senza senso. Ad accompagnare questa superficialità esisteva un sottotesto di feroce critica alla società americana, grazie a una satira pungente che rese Beavis e Butth-Head due icone, due miti assoluti nonostante la loro attitudine, due anti-eroi che hanno iniziato alla vita adulta milioni di ragazzi come me in tutto il mondo.
Ora non ci resta che aspettare il trailer, sto già ridendo.
Sembra che le case fatte di mattoni e calcestruzzo facciamo ormai parte del passato. Nel campo dell’architettura ogni giorno vengono utilizzati nuovi metodi di costruzione, dal vetro a materiali riciclati, fino alla stampa in 3D. Quelle di Charles Young però si differenziano da tutte le altre per due motivi: sono fatte di carta e sono realizzate solo per essere guardate.
Nel 2014 il paper artist Charles Young ha dato vita al progetto Paperholm, iniziando a costruire piccole case di carta. Solo in un secondo momento, circa due anni fa, ha cominciato il progetto “Four colour houses”, una serie di abitazioni, autoveicoli ed edifici formati da una combinazione di massimo 4 colori.
L’idea per questo progetto è nata grazia al libro A Dictionary of Color Combinations di Sanzo Wada, nel quale si possono trovare combinazioni di due, tre o quattro colori tratti dal mondo del design e dell’editoria giapponese del XX secolo.
Charles Young, però, non si limita a plasmare fogli di carta colorati, infatti una volta terminate le sue composizioni le anima, dando vita a queste piccole città di carta, attraverso animazioni in stop motion. Noi abbiamo selezionato solo alcuni dei suoi lavori, ma fate un giro sul suo sito e seguitelo su Instagram per non perdere tutte le sue creazioni.
Pauline Bachel, dall’Isola di Reunion dipinge i suoi sogni
Pauline Bachel è un’artista che guarda il mondo con occhi onirici e trascrive le sua particolare visione in disegni sinceri, che portano con loro un’aurea mistica. Le sue opere sono ispirate alla cultura della sua isola, quella creola, e celebrano l’esotismo quasi rarefatto di una poetica lussureggiante, di corpi nudi e aggraziati, di una natura per noi lontana e di una femminilità sublime.
Il mondo artistico di Pauline Bachel vive nella rigogliosa giungla dei tropici dove è nata. L’amore per la natura diventa, in maniera più profonda, un amore per lo stato di natura delle cose, dove i personaggi, gli oggetti, le forme e i colori che vivono nei suoi quadri e illustrazioni sono riconducibili a un universo artistico quasi “puro”, scevro dalla modernità o dai suoi effetti.
Di particolare interesse è anche la scelta dell’artista di utilizzare l’acquerello come medium principale delle sue opere perché “è molto giocoso, con i suoi giochi di trasparenza, sovrapposizione e ombreggiatura.”
In un mondo così accogliente e limpido, dove non esistono sovrastrutture concettuali o altro, è affascinante la grande presenza di figure femminili. Come lei stessa afferma, “il tema della donna mi è venuto naturale, senza che mi ponessi troppe domande. Le ho sempre disegnate. È un elemento ricorrente nella storia della pittura; le donne mi ispirano grande delicatezza e mi piace rappresentarle in modo contemplativo.”
Guardando i suoi lavori non possiamo non notare un grande influsso della pittura post-impressionista di fine Ottocento: Gauguin, Rousseau sono solo alcuni autori che hanno influenzato il suo tratto. Gauguin lo rintracciamo nella delicatezza con cui tratta e ammira la figura femminile, mentre il Doganiere Rosseau è sicuramente una fonte di ispirazione per muovere la fantasia e per darle modo di mostrare la giungla che lei vede e che vuole rappresentare.
Pauline Bachel, dall’Isola di Reunion dipinge i suoi sogni
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Pauline Bachel, dall’Isola di Reunion dipinge i suoi sogni
Pauline Bachel, dall’Isola di Reunion dipinge i suoi sogni
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L’installazione floreale di Azuma Makoto in Giappone
Mai come in questo periodo abbiamo bisogno di simboli di bellezza, solidarietà e pace. È con questi valori in mente che negli scorsi giorni Azuma Makoto si è messo al lavoro in una delle location più spettacolari del Giappone.
All’interno della “hill of lavander” nei pressi di Sapporo, proprio dove qualche anno fa l’architetto Tadao Ando realizzò un’enorme statua di un Buddha, l’artista floreale ha dato vita all’installazione dal titolo “Atamadaibutsu to hana”, ovvero “la collina del Buddha e dei fiori”.
Proprio tra le mani dell’enorme statua, Azuma Makoto ha posizionato un gigantesco bouquet di fiori. In questo periodo dell’anno, i colori dei diversi fiori creano un contrasto con il bianco della neve che ricopre sia la collina sia la statua. È la rappresentazione della speranza, di qualcosa che riesce a fiorire nonostante le intemperie.
Come fece già un anno fa, l’artista ha sfruttato le temperature bassissime per congelare i fiori spruzzandoci sopra dell’acqua e riuscire in questo modo a mantenere la loro bellezza intatta.