100 designer italiani under 35 per un “nuovo paesaggio collettivo”

100 designer italiani under 35 per un “nuovo paesaggio collettivo”

Giorgia Massari · 2 mesi fa · Design

L’ADI Design Museum di Milano inaugura oggi – 4 aprile 2023 – la mostra “A New Collettive Landscape” che ospita i progetti di cento giovani designer under 35, con l’obiettivo di proporre pratiche utili per affrontare le trasformazioni sociali ed ecologiche che il mondo contemporaneo richiede. La mostra-progetto in Piazza Compasso d’Oro è il risultato di un’open call chiusa lo scorso 13 gennaio, che chiedeva ai giovani progettisti italiani di presentare prodotti e nuove pratiche tenendo conto delle sfide a cui l’ambiente è sottoposto. Da una parte, l’uomo ha la responsabilità di arginare il proprio impatto sul pianeta e dall’altra è ormai soggetto alla crisi climatica, che modifica costantemente le condizioni e la struttura del pianeta. 

La mostra-progetto è una straordinaria manifestazione di come la nuova generazione di designer sia necessaria e indispensabile per guardare al futuro in maniera positiva e per iniziare il cambiamento da oggi. Il titolo della mostra stessa, curata da Angela Rui con Elisabetta Donati de Conti e Matilde Losi, è ripreso dalla mostra del 1972 “The New Domestic Landscape” curata da Emilio Ambasz al MoMA di New York, che portò l’attenzione del design italiano in America e in tutto il mondo. È quindi ora che l’Italia stessa mostri il proprio potenziale, proveniente dalla mente brillante dei giovani. 

“A New Collective Landscape” divide il percorso in tre sezioni, ognuna dedicata ad uno specifico tema, creando un percorso itinerante “che mira a trasformare lo spazio espositivo del museo in un cantiere aperto, creando un paesaggio collettivo, mobile e in divenire” – citando gli autori dell’allestimento Eugenio Cosentino, Luca Marullo e Stefano Colombo dello studio Parasite 2.0.

A new collective landscape | Collater.al
Jonathan Bocca – Taurus

La prima parte del percorso è occupata dal progetto sistemico o “Systemic Design”, focalizzato sulla sfera domestica: gli oggetti quotidiani sono esplorati in una varietà di formati e applicazioni sempre in ottica eco-sostenibile. Alcuni esempi sono la lampada da terra “Carpet Matter” di Riccardo Cenedella che ricicla la tipica moquette inglese (che produce 400,000 tonnellate di rifiuti all’anno) o la lampada “I miss you” di Sara Bozzini e Tiago Rorke che regola l’intensità luminosa a seconda del respiro dello spettatore. Strabiliante è anche la seduta gialla “Taurus” di Jonathan Bocca realizzata con il cosiddetto “paper-pulp” (poltiglia di carta) ottenuto dall’unione tra carta riciclata, sabbia e colla. 

A new collective landscape | Collater.al
This is not a DUO – LESS WHO?

La seconda parte – quella centrale – è invece dedicata alla collettività, tradotta in interazione e intrattenimento, coinvolgendo in prima persona gli spettatori, invitati a leggere e a giocare con gli oggetti. L’area lettura ospita infatti progetti editoriali come Mulieris, Lezioni di Anarchia e AWDA mentre l’area gioco mette a disposizione un tavolo e delle sedie su cui i visitatori possono accomodarsi e giocare a giochi come “LESS WHO?” del collettivo This is not a DUO (Giulia Bordonaro e Nicoletta Gomboli) che propone una versione aberrante, noiosa e frustrante del classico “Indovina Chi”, mettendo in discussione le categorie mentali e gli stereotipi con cui osserviamo la diversità nelle persone.
Il principio alla base di quest’area intende il design come pratica sociale volta alla collaborazione. 

A new collective landscape | Collater.al
Alessandro Tuseo – WolfWall
A new collective landscape | Collater.al
Eugenia Morpurgo e Sophia Guggenberger – Syntropia

La terza parte, in fondo alla stanza, offre diversi interessanti spunti riguardo la ricerca di nuovi materiali con un impatto positivo e rigenerativo. Si tratta del “Regenerative Design” che guarda con occhio attento all’uso di materiali già presenti in natura – i bio materiali – non ancora utilizzati in campo progettuale, per puntare a un design che possa facilitare una transizione ecologica. In una cassettiera-archivio sono contenuti diversi studi interessati e curiosi: elementi naturali come le conchiglie di vongole e cozze sono tritati, pressurizzati e resi solidi dalla designer Domiziana Doronzo o, ancora di più, è sorprendente scoprire come Alessandra Tuseo abbia convertito il pelo del suo cane in una fibra canina, utilizzabile per l’isolamento termico e acustico. Sempre all’interno della “Material Library” c’è anche il nuovo materiale proposto da Keep Life (Pietro Petrillo e Ilaria Spagnuolo) ottenuto dal guscio di arachidi, noci, pistacchi, castagne e nocciole. Tra i diversi progetti interessanti, il designer Tellurico propone invece un vaso realizzato con una combinazione tra la roccia vulcanica e la pasta di porcellana, mentre Eugenia Morpurgo e Sophia Guggenberger presentano il progetto “Syntropia” che offre un materiale alternativo realizzato con i residui agricoli industriali per la creazione di scarpe.

La mostra, visitabile fino al 10 settembre 2023, pone “il design come strumento di transizione e ponte tra i mondi della cultura, della scienza e dell’industria” e propone, durante tutto il periodo di apertura, una serie di incontri, workshop, performance e talk consultabili sul sito di ADI

A new collective landscape | Collater.al
Tellurico
A new collective landscape | Collater.al
Emma Sicher – SCOBY
100 designer italiani under 35 per un “nuovo paesaggio collettivo”
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Frank Ocean ha pubblicato un libro di sue fotografie

Frank Ocean ha pubblicato un libro di sue fotografie

Andrea Tuzio · 1 giorno fa · Photography

Dopo la sua performance al Coachella 2023 non priva di polemiche, si torna a parlare di Frank Ocean ma per questioni completamente diverse.

Homer, il brand indipendente di lusso lanciato due anni fa dallo stesso artista di Long Beach e che si occupa principalmente di realizzare e vendere gioielli come ciondoli, anelli, collane, orecchini diamantati, bracciali in argento riciclato e oro 18 carati, tutti prodotti artigianalmente in Italia e caratterizzati da forme divertenti e colori vivaci, ha pubblicato un libro fotografico.

Da pochi giorni infatti è possibile ordinare sul sito di Homer, al prezzo di 90€, Mutations, un libro fotografico di 48 pagine che rappresenta una retrospettiva di opere realizzate tra il 19 ottobre e il 22 dicembre 2022, per lo più foto scattate dallo stesso Ocean. 
Una serie di scatti che ci mostrano un lato del cantante statunitense nuovo, unico e che mostrano, ancora una volta, quanto sia raffinata e ricercata la sua estetica.

Se volete portarvi a casa una vera chicca da collezione come Mutations, il libro fotografico di Frank Ocean, vi basta cliccare qui.

Frank Ocean ha pubblicato un libro di sue fotografie
Photography
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I paesaggi malinconici di Alana Celii

I paesaggi malinconici di Alana Celii

Anna Frattini · 15 ore fa · Photography

Alana Celii è una fotografa americana che ridefinisce tempo e significati scattando paesaggi e soggetti dall’aura malinconica e senza tempo. Ora photo editor del New York Times, precedentemente ha lavorato sia per il Wall Street Journal che per il TIME parallelamente alla sua carriera nella fotografia. La sua prima monografia, Paradise Falling, è una serie di fotografie che ridefinisce la sensazione di perdita mostrando cosa significa sentirsi persi attraverso metafore che guardano all’astrologia, al mito e al simbolismo.

Per Celii il punto di partenza è la natura, immortalata talvolta scattando senza soluzione di continuità e improvvisando. Dopo Paradise Falling, la fotografa americana ha iniziato un progetto nuovo alla scoperta dei paesaggi della West Coast dopo il suo trasferimento in California. In queste immagini è chiara la matrice californiana nelle textures e nei colori intensi riconoscibilissimi nei paesaggi sconfinati immortalati dalla fotografa.

Per scoprire altri scatti di Alana Celii qui il suo profilo Instagram.

Ph. courtesy Alana Celii

I paesaggi malinconici di Alana Celii
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I paesaggi malinconici di Alana Celii
I paesaggi malinconici di Alana Celii
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La fotografia eterea di Matteo Zanin

La fotografia eterea di Matteo Zanin

Giorgia Massari · 5 giorni fa · Photography

“Ci sono ipotesi diverse su come siamo venuti al mondo, c’è chi dice dagli animali come conseguenza dell’evoluzione della specie e c’è chi dice per mano di Dio, ma di certo sappiamo che quando lasceremo questo pianeta, ciò che resterà di noi sarà solo polvere.” con queste parole il fotografo italiano Matteo Zanin (1986) riflette sul nostro destino attraverso una serie di scatti di nudo artistico. La polvere, le briciole, i detriti, le ceneri sono il punto di partenza del suo progetto fotografico POLVERE in cui la materia naturale e il corpo umano diventano una cosa sola.

Matteo Zanin Polvere | Collater.al
Matteo Zanin Polvere | Collater.al

In un’ambiente arido, privo di vegetazione, una donna nuda, dall’aspetto candido e leggero vaga nel desertico paesaggio, mimetizzandosi e amalgamandosi ad esso. “La donna è l’essere vivente che più si avvicina alla natura, perché come lei è l’unica che può creare un’altra vita.” riflette Zanin.

Gli scatti appartengono ad una sfera eterea, che rimanda lo spettatore ad uno scenario quasi apocalittico. L’ultima donna sul pianeta, una ninfa solitaria, in cerca di acqua, di una fonte di vita. Con il tempo il suo corpo si congiunge alla natura, fino a diventare parte della stessa. Contorcendosi imita le sue forme, abbracciandola le dimostra il suo amore.

La passione per la Street photography e il suo approccio cinematografico, oltre alla sua esperienza nel campo della moda, emergono particolarmente nella serie POLVERE, capace di riassumere l’identità artistica di Matteo Zanin e di restituire una serie di sentimenti contrastanti. La natura può dare ma può anche togliere.

Matteo Zanin Polvere | Collater.al
Matteo Zanin Polvere | Collater.al
Matteo Zanin Polvere | Collater.al
Matteo Zanin Polvere | Collater.al
Matteo Zanin Polvere | Collater.al

Courtesy and credits Matteo Zanin

La fotografia eterea di Matteo Zanin
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La fotografia eterea di Matteo Zanin
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Le fotografie di J. Jason Chambers raccontano l’America

Le fotografie di J. Jason Chambers raccontano l’America

Anna Frattini · 7 giorni fa · Photography

Classe 1980, J. Jason Chambers è un fotografo americano che racconta l’America attraverso i suoi scatti, viaggiando di stato in stato e ispirandosi al New Topographics Movement. Scorrendo fra gli scatti del fotografo sembra di vedere un’America molto diversa da quella che ci immaginiamo. Insegne al neon luminose, stazioni di servizio e vecchie automobili sospese in un’atmosfera quasi cinematografica. Chambers sembra essere in continuo movimento, dalla California fino a Wall Street passando per il deserto. Le fotografie scattate a New York fanno da contraltare alle suggestioni desertiche del New Mexico e ai panorami texani di Marfa.

La riflessione di J. Jason Chambers su una nuova topografia influenzata dall’uomo si ispira a una mostra risalente al 1975 a Rochester, New Topographics. In questa occasione furono esposti 10 fotografi alle prese con l’arrivo del Concettualismo e del Minimalismo nella fotografia degli anni ’70. Il SFMoMA, nel 2010, ha deciso di riportare in vita questa mostra rivelando il ponte pre-esistente fra il mondo dell’arte contemporanea e quello della fotografia.

Il punto di incontro fra la fotografia di J. Jason Chambers e New Topographics sta nel rapporto fra l’uomo e l’ambiente. Stazioni di servizio, motel o parcheggi fanno ormai parte del nostro immaginario quando si parla di paesaggistica così oggi come negli anni ’70.

J. Jason Chambers

Per scoprire altri scatti di J. Jason Chambers qui il suo profilo Instagram.

Le fotografie di J. Jason Chambers raccontano l’America
Photography
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