In un mondo contemporaneo che tende verso il crollo delle censure, dei tabù e, in particolare, del patriarcato, gli artisti sono senza dubbio al primo posto nel concorrere a questo progressivo, ma purtroppo ancora lento, processo di sgretolamento di ideali fortemente radicati nella tradizionalità e nell’immaginario comune. In questo senso, si inserisce la ricerca della fotografa torinese Alessandra Lai (1963) che riflette in particolare sui sentimenti femminili. Attraverso la messa in scena di atti performativi corali, Lai punta a documentare l’energia e l’unione scaturita da un gruppo di donne sconosciute che, in un momento di grande libertà, si spogliano dei loro “veli”. Inserite in una cornice naturale, i corpi vengono assorbiti dal paesaggio, ricongiungendosi alla natura. In questo senso il nudo non è solo una provocazione, ma diventa un simbolo di ripartenza che attinge alle radici, alla terra. È così che la solitudine lascia spazio all’unione e la rigidità alla fluidità. Un urlo di forza femminile grida in faccia allo spettatore, chiedendo di essere ascoltato e non più ignorato o sminuito.

Le composizioni del progetto “Women” di Alessandra Lai, riprendono in un certo senso quel sentimento primordiale ritratto da Paul Cézanne, pittore post-impressionista, nelle sue famose “Bagnanti”. Come in Cézanne, le figure si integrano al paesaggio naturale, in Alessandra Lai roccioso, arido e poco accogliente, invece verde e prosperoso nelle opere del pittore francese. In entrambi gli artisti, emerge la necessità di ritornare a quell’epoca dell’oro in cui uomo e natura erano perfettamente in armonia. A differenza di Cézanne però, che non richiama la femminilità o la sensualità ma piuttosto è interessato ad una spersonalizzazione dei corpi, Lai ritrae la personalità di ogni donna, la loro espressività e dignità, con intenzioni ben più contemporanee.

Interessante è lo scatto che riprende invece le donne statiche, quasi statuarie, senza il dinamismo che contraddistingue gli altri scatti. Si tratta in realtà dello scatto originale, il primo della performance, che vede i volti delle donne coperti da teli che annullano la loro identità, proprio come accade ne “Gli amanti” di Renè Magritte. Il messaggio che Alessandra Lai confluisce inserendo l’elemento del velo, è analogo a quello del pittore surrealista, ovvero l’impossibilità di fusione, un’attesa che tende alla delusione. Una volontà implicita che porta a nascondersi, a celare le emozioni sotto un velo, che viene poi annullato “dal coraggio di essere libere in un mondo farlocco” perché la libertà “deve essere un atto di fede”.



Courtesy by Alessandra Lai