One Shot è la rubrica di Collater.al che approfondisce il lavoro di un fotografo partendo da un singolo scatto, capace di descriverne lo stile e l’immaginario. Ospite di questa puntata è Cai Fox Leplaw, al quale Collater.al ha fatto qualche domanda. Nella ricerca di Cai Fox Leplaw, ciò che muove la creazione artistica è l’urgenza di suscitare emozioni: ciò può avvenire attraverso la fotografia, la musica, il video o qualunque forma espressiva capace di dare forma/voce a uno stato d’animo.
Le visioni spesso perturbanti e distopiche di Cai, sono frutto di un’immersione totale del fotografo nel processo creativo, in cui il luogo e il soggetto fotografato rinegoziano e ridefiniscono uno spazio emotivo simbolico. L’esito del processo è sempre la costruzione di immagini dal fortissimo impatto visivo.
In questo scatto, la ripetizione quasi ossessiva dello stesso corpo, contorto, in tensione, alterato e in dialogo con il contesto quasi lunare, crea un senso di smarrimento e alienazione, acuito dall’intervento digitale in post produzione.

1. Sul tuo account Instagram condividi spesso il processo di produzione e post-produzione dei tuoi scatti, svelando il making of. Puoi parlarci dello scatto scelto, come e dove lo hai realizzato? Quante persone c’erano sul set? Che tipo di attrezzatura usi durante le riprese?
La foto scelta è stata scattata appena fuori Sydney, scoperta per caso durante una nostra gita. Sono sempre stato attratto da luoghi che hanno una bellezza unica e naturale, e questo luogo non ha fatto eccezione. Credo che le location siano un soggetto del lavoro tanto quanto il modello, e mi sforzo sempre di trovare una location che integri il soggetto e si aggiunga all’estetica complessiva dello scatto.
Quando scatto sul posto, preferisco affidarmi a un’assistenza minima e all’illuminazione naturale. Trovo che questo approccio mi permetta di catturare la bellezza e l’essenza del luogo in un modo più autentico e organico. Durante le riprese all’aperto, tendo a mantenere il mio kit lite, portando con me solo una Canon EOSR6 e un versatile obiettivo della serie R. Questo mi permette di rimanere concentrato sullo sviluppo dell’immagine, senza dovermi preoccupare delle scelte di produzione e di come influenzeranno l’immagine complessiva.
Uno degli elementi chiave della mia fotografia è trovare la bellezza nel grottesco. Amo camminare sulla linea sottile tra il reale e il surreale, in questo particolare scatto sono stato in grado di catturare la bellezza naturale del luogo incorporando anche un senso di inquietudine e intrigo, creando un paesaggio un po’ utopico.
In termini di numero di persone sul set, eravamo solo io e il modello. Preferisco lavorare con un piccolo team, perché mi permette di concentrarmi sul processo creativo e di immergermi completamente nel momento. Credo che questo approccio porti a una connessione più autentica e personale con il soggetto e alla fine si traduca in uno scatto migliore.
2. Nei tuoi scatti i volti sono spesso cancellati, deformati, alterati: tutto questo contribuisce a creare situazioni inquietanti e visioni distopiche, proprio come in questo scatto. Da dove viene questa visione? Quale particolare software e strumento usi per modificare forme e corpi?
Questa tendenza a utilizzare soggetti senza volto nel mio lavoro nasce dal desiderio di creare un senso di universalità e relatività nelle immagini. Rimuovendo qualsiasi identità specifica, lo spettatore è in grado di mettersi nei panni del soggetto e connettersi con le emozioni o i sentimenti rappresentati nell’immagine. Inoltre, l’uso di soggetti senza volto crea un inquietante senso di inconsapevolezza, che si aggiunge all’impatto complessivo del lavoro.
In termini di software e strumenti che utilizzo per modificare forme e corpi, utilizzo una varietà di programmi diversi. Tuttavia, Photoshop è il mio punto di riferimento per l’editing e la manipolazione delle immagini. Offre una vasta gamma di strumenti e funzionalità che mi consentono di ottenere i risultati desiderati nel mio lavoro. Ho raggiunto il risultato finale e la mia identità creativa attraverso l’abbinamento di pre-progettazione e post-produzione.
3. L’alterazione digitale dell’immagine potrebbe costituire di per sé un processo teoricamente infinito: quando ti accorgi di aver raggiunto il risultato finale?
Le preferenze personali e la pratica si allineano per creare un sentimento o uno stato d’animo nel lavoro di cui essere soddisfatto. Credo che questo sia davvero il punto in cui si può vedere la mia identità visiva, ovvero ciò che definisce il mio lavoro rispetto a quello degli altri.