This is IGOR

This is IGOR

Claudia Maddaluno · 4 anni fa · Art

Lo scorso venerdì è uscito IGOR, il nuovo album, il nuovo alter-ego, la nuova era di Tyler, The Creator.

A preannunciarla era stato proprio Okonma, in uno dei tweet in cui ci ha avvisati che, no, quello che stavamo per ascoltare non era un album rap e che avremmo dovuto avere un approccio più aperto e meno enciclopedico nei confronti di questo nuovo capitolo.

Insomma, sapevamo a cosa non andavamo incontro, ma non a cosa andavamo incontro.
Nonostante questo e proprio per questo, quando IGOR è uscito abbiamo preso alla lettera il consiglio di Tyler:

“Just go, jump into it”

Così al primo, al secondo, al decimo ascolto di IGOR ci siamo fiondati in ogni traccia con eccitazione, con meraviglia, e poi ancora con la curiosità di scoprire i featuring nascosti in tracklist.
I brani, la storia, le storie di Instagram, il concetto, i video teaser, i tweet, la nuova immagine di Tyler, The Creator: ad ogni ascolto e ad ogni news ci siamo accorti di quanto quest’album fosse denso e meritasse, al di là di tutto, un’analisi un bel po’ dettagliata.

Perciò, dopo una catena di ascolti più o meno ingenui, siamo inevitabilmente caduti nella trappola dell’analisi, spinti, più che altro, dalla voglia di trovare una risposta positiva e “definitiva” alla domanda “Che cos’è IGOR?”.

Chi è IGOR?

IGOR si legge EEgor e non Aigor ed è ben più del nuovo album di Tyler, The Creator.
Con questo nuovo progetto, Tyler si è creato una nuova identità che prende in prestito il nome all’aiutante gobbo di Frankenstein Junior ma rappresenta un uomo vulnerabile, spezzato in due dalla fine della sua relazione con un uomo che l’ha lasciato per tornare dalla sua ex.

Il suo identikit esce preciso come da uno scanner, nel brano e nel video di “EARFQUAKE”: quell’uomo in parrucca bionda, occhiali scuri e abito sartoriale è ospite in uno show televisivo e continua a cantare “Don’t leave, It’s my fault” anche se lo studio sta andando in fiamme e il suo volto si sta carbonizzando. Incendio, per altro, che lui stesso ha causato gettando incautamente una sigaretta al di là del piano.
IGOR è, almeno nella prima parte del disco, una persona che ha perso totalmente il controllo, un burattino in preda alla sua stessa disperazione.

Quello che ci viene raccontato in quest’album è un amore tossico almeno quanto il fumo che viene da un incendio, ma prima che IGOR se ne accorga e si riappropri di un approccio sano alla realtà, passa per stati confusionali, ammissioni di colpe, strategie d’innamoramento.

Ci sono brani come “I THINK” e “RUNNING OUT OF TIME” in cui, oltre a chiedersi come fare per esprimere i suoi sentimenti (citando anche “Call Me By Your Name” di Luca Guadagnino), Tyler confessa “I been runnin’ out of spells to make you love me” . Ma in amore, si sa, non c’è magia che tenga e non c’è lo strumento bacchetta magica che in un clic ti cancella tutti gli ostacoli e ti rende il campo libero.
E non è una soluzione neppure l’omicidio (“She’s gonna be dead, I just got a magic wand (Don’t leave) / We can finally be together” canta e ci inquieta in “NEW MAGIC WAND”).

E allora come si esce vivi da una non-relazione?
Riappropriandosi di se stessi.

“A BOY IS A GUN”, un ragazzo è una pistola, un’arma potentissima e forse la più distruttiva di tutte. Una volta capita questa cosa qui, IGOR può guardare la sua vecchia relazione ponendosi a debita distanza, a una distanza di sicurezza che non lo bruci e che, finalmente, non gli faccia più male.
Così, negli ultimi brani dell’album, IGOR dialoga con la sua coscienza e accetta l’impossibilità di questo amore e, anche se non sa se riavrà mai più il suo cuore indietro, quel che conta è esser giunti a questo punto: “I don’t love you anymore (You wasted my time and I know that these things are not hard)“.

Cosa ascoltiamo quando ascoltiamo IGOR

La musica che scrive Tyler, The Creator è il riflesso pieno della sua unicità e dell’evoluzione che, negli anni, ha interessato la sua stessa immagine (a questo proposito vi consiglio un interessantissimo articolo scritto da Francesco Abazia su Esquire)
Abbiamo già detto che IGOR non è un album rap e questo perché Tyler non è più semplicemente un rapper. Può sembrare tautologico, ma serve a rendere più cristallina e semplice la cosa.

Tyler è un designer, un’icona di stile nel paradiso dello streetwear che ha lanciato un suo brand fatto di abiti sartoriali e tinte pastello e, anche in musica, ha trovato un’originalità artistica ormai lontana dal regno dei rapper. Tyler gioca un altro campionato e questo ultimo disco, che in qualche modo continua nel sound ciò che aveva iniziato con “Flower Boy”, porta avanti una linea che, come nel suo brand, accosta blocchi di tinte differenti: in IGOR troviamo principalmente le melodie morbide dell’R&B ma accostate certe volte a synth durissimi e a incursioni rap (per lo più per mano di qualche collaboratore che Tyler ha voluto nel suo disco: Kanye West, Playboi Carti, Slowthai, Lil Uzi Vert).
Potremmo dire, per quanto serva, che la sua musica è più vicina a quella di .Paak o di Frank Ocean ma è un paragone che ha bisogno di troppe puntualizzazioni per essere accolto pienamente.
La prima di queste è che il suo è un modo di fare musica che va oltre la musica e si incontra con l’arte. E l’arte lo rende liberissimo di uscire dagli schemi, dalle etichette precise, di oltrepassare il rap, essere IGOR ma farsi riconoscere sempre come Tyler, The Creator.

This is IGOR
Art
This is IGOR
This is IGOR
1 · 1
Derrick Boateng e la fotografia che racconta una cultura 

Derrick Boateng e la fotografia che racconta una cultura 

Giulia Guido · 2 giorni fa · Photography

Quando fotografi americani o europei si spingono nel cuore dell’Africa tornano a casa con scatti bellissimi, ma che spesso non rispecchiano la realtà. Così ci siamo abituati a un volto del continente africano che certamente esiste, ma non è l’unico: pensando a paesi come il Ghana, la Nigeria, il Benin e molti altri ci vengono in mente immagini caratterizzate da colori cupi, poco saturi e legate a storie dall’accezione negativa. Forse è proprio per questo che le fotografie di Derrick Ofosu Boateng ci sorprendono talmente tanto da farci venire il dubbio che siano finte, che siano scattate su un set preparato ad hoc, da un’altra parte del mondo. Invece no. Classe 1999, Derrick Ofosu Boateng è nato in Ghana e oggi vive nella sua capitale, Accra, che qualche anno fa si è trasformata nel suo set personale, sempre pronto per la prossima fotografia. 

Al contrario di molti, che hanno iniziato con corsi in accademie o università, Boateng ha cominciato a scattare solo quando il padre, per supportare la sua passione, gli ha regalato un iPhone, che è diventato immediatamente il mezzo attraverso il quale restituire una visione personale del Ghana. Allontanandosi dall’immaginario comune, le fotografie di Derrick Boateng immortalano la vera anima del suo Paese formata dalle persone che lo vivono. 

Dimenticatevi i grigi perché i suoi scatti sono una vera e propria esplosione di colori, vibranti e iper-saturi, la migliore dimostrazione di quanto la fotografia possa essere pop. 
Quello di Boateng è un punto di vista diverso, e forse il punto di vista di cui avevamo bisogno, su una cultura e una terra troppo legate a una narrazione negativa creata da chi quella terra non la vive tutti i giorni e non la chiama casa.

ph. courtesy Derrick Boateng

Derrick Boateng e la fotografia che racconta una cultura 
Photography
Derrick Boateng e la fotografia che racconta una cultura 
Derrick Boateng e la fotografia che racconta una cultura 
1 · 5
2 · 5
3 · 5
4 · 5
5 · 5
Ciò che viene nascosto

Ciò che viene nascosto

Giorgia Massari · 1 giorno fa · Photography

Le parole chiave di questo testo, ricorrenti e fondamentali per osservare le fotografie qui di seguito, si possono ritrovare nella fisicità, nell’orientamento sessuale, nel patriarcato e nella nudità. Ciò che questi termini, o meglio, questi macro-argomenti, hanno in comune è la penombra e, in alcuni casi, la totale assenza di luce. Con questi scatti e con questa riflessione, si ha l’intenzione di condurli fuori dal buio al quale spesso sono condannati. Illuminarli dunque, con la speranza che essi possano diventare temi condivisi e assorbiti nel tessuto sociale. Ciò che è vero e facilmente riscontrabile, è la difficoltà di affrontare determinati temi, soprattutto in relazione alla sfera femminile. Il corpo di una donna e come lei stessa si sente a riguardo, così come il suo orientamento sessuale, la sua posizione nella società o il suo stesso corpo nudo, sembrano essere ancora oggi temi disdicevoli o addirittura, in particolar modo in alcune società, proibiti e condannabili. Seppur una fetta della popolazione mondiale si stia muovendo in un’ottica di consapevolezza, accettazione e inclusione, questi temi non vengono mai del tutto sviscerati e trattati con la giusta attenzione. Attraverso la fotografia – e più in generale con l’arte – molte donne si sono espresse a riguardo. Qui sono le fotografe Giulia Frump, Leah DeVun, Rachel Feinstein e Despina Mikonati a parlarci di tutto ciò, con il loro sguardo femminile e intimo. 

Giulia Frump

Quattro fotografe distanti tra loro, in termini stilistici e contenutistici. Lontane geograficamente e anagraficamente, ma che trovano un loro punto di incontro nella volontà di urlare il loro desiderio di libertà al mondo. Osservando i loro scatti, emergono i quattro macro temi sopracitati, accomunati da un senso di liberazione e dalla volontà di rappresentare ciò che per secoli è stato nascosto. In Giulia Frump lo stereotipo del corpo femminile, l’ideale di perfezione del nostro secolo, viene superato da una danza di curve, linee morbide che si «adagiano in un abbraccio di pacificazione», come afferma la stessa fotografa. Lo stesso ricongiungimento con l’essenza del sé trova una particolare forma aurea negli scatti di Despina Mikoniati, che nel suo progetto Epilithic amalgama il corpo femminile con Madre Natura. «Madre Natura è colei che ci fa nascere e ci porta via. È la casa dei nostri corpi. Un luogo sicuro in cui esistere così come siamo», afferma Despina.

Despina Mikoniati

Se da un lato, Frump e Mikoniati indagano l’aspetto corporeo in relazione all’ambiente e al sé, le due fotografe Rachel Feinstein e Leah DeVun pongono la donna in stretto contatto con la sfera sociale che oggi abita. Feinstein affronta il tema universalmente, ragionando sul patriarcato e sullo spazio che le donne occupano nella società odierna. Ancora di più, la fotografa riflette sul modo in cui le donne vengono viste e rappresentate dallo sguardo maschile, facendo un particolare riferimento alla cinematografia degli anni Quaranta e Cinquanta, nel quale la condizione casalinga era particolarmente evidente. In questo senso, Rachel gioca su questi elementi, inserendo nei suoi scatti oggetti legati alla sfera femminile – quali il ferro da stiro, i tacchi, il tacchino arrosto su una tavola imbandita – ed esalta la condizione di reclusione domestica. La sua intenzione è quella di creare un disagio negli occhi di chi guarda, con l’obiettivo «di portare l’attenzione sui piccoli momenti che costituiscono l’esperienza femminile più ampia e di incoraggiare conversazioni che ispirino il cambiamento.»

Rachel Feinstein

Leah DeVun, invece, sceglie di rappresentare un gruppo specifico di donne che da questo tipo di società ha scelto di evadere. Sono i gruppi di donne lesbiche che, in particolare negli anni Settanta e Ottanta, ma anche oggi, hanno deciso di formare comunità utopiche e rivoluzionarie per portare avanti la liberazione del genere femminile. La ricerca di DeVun è volta a riscoprire queste comunità, taciute e nascoste, che costituiscono luoghi di grande creatività e cultura. «La visibilità è fondamentale per qualsiasi comunità, ma le lesbiche hanno subìto molte cancellazioni storiche e mancanza di rappresentazione» – afferma Leah DeVun, aggiungendo – «non vediamo abbastanza immagini di lesbiche o non conosciamo la storia delle lesbiche. Nelle comuni, le donne fotografe cercavano di contrastare questa invisibilità creando le loro immagini della vita lesbica, e anch’io sto cercando di farlo con il mio lavoro.»

Leah DeVun

Seguendo il fil rouge che unisce le quattro protagoniste di questo testo, si scoprono altrettanti artisti che oggi scelgono di affrontare discorsi considerati ostici e complessi, con l’intenzione di svicerarli fino a ridurli all’osso. Per cucirli, dunque, all’interno del tessuto della normalità, per non considerarli più temi altri, ma parte dell’ordinario flusso sociale.

Despina Mikoniati

Clicca qui per acquistare il catalogo della mostra Collater.al Photography con tutti gli articoli

Ciò che viene nascosto
Photography
Ciò che viene nascosto
Ciò che viene nascosto
1 · 12
2 · 12
3 · 12
4 · 12
5 · 12
6 · 12
7 · 12
8 · 12
9 · 12
10 · 12
11 · 12
12 · 12
Come le fotografie di Celine Van Heel intercettano la fotografia di moda

Come le fotografie di Celine Van Heel intercettano la fotografia di moda

Anna Frattini · 10 ore fa · Photography

Nel mondo della fotografia di moda, dove la perfezione e la giovinezza vengono spesso messe al primo posto, Celine van Heel si distingue come una fotografa che abbraccia l’autenticità e l’unicità. Nata ad Atene e di origine spagnola e olandese, il viaggio di Celine nella fotografia è iniziato solo tre anni fa, ispirata da suo nonno che a 91 anni è anche diventato uno dei suoi soggetti. La sua bravura nel catturare momenti estremi ed esagerati l’ha portata a realizzare immagini che sfidano le norme convenzionali della fotografia di moda per come la conosciamo. Ma come si intrecciano le fotografie di Celine Van Heel con la fotografia di moda?

La magia degli scatti di Celine van Heel sta sicuramente nella sua visione distintiva che celebra individualità e inclusività. Il percorso di Celine nel mondo della fotografia ha preso una svolta a partire dalla sua avventura con “The Spanish King”, un account Instagram dove decide di condividere fotografie che ritraggono suo nonno come modello. Attraverso questo approccio, la fotografa ha iniziato un viaggio alla scoperta della bellezza delle rughe e dell’invecchiamento, dimostrando come l’età non dovrebbe mai essere un fattore limitante, neanche nella fotografia

Gli scatti di Celine non potevano che essere notati da prestigiose riviste come Vogue, GQ e L’Officiel. Queste collaborazioni dimostrano che modelli non convenzionali possono lanciare messaggi altrettanto potenti e ispirare cambiamenti all’interno di un settore così complesso come quello della moda. Celine crede nell’uso della fotografia di moda come strumento utile al cambiamento, incoraggiando l’industria a ridefinire i suoi standard e ad abbracciare la diversità, indipendentemente dall’età o dall’aspetto dei modelli. 

Il processo creativo di Celine Van Heel si intreccia con la fotografia di moda in modo autentico, liberatorio e d’impatto. La sua decisione di presentare suo nonno come modello sfida le nozioni di bellezza ed età all’interno del settore. Attraverso il suo lavoro, incoraggia la moda ad abbracciare diversità e unicità, fornendo agli individui tutti gli strumenti per sentirsi a proprio agio nella propria pelle. Con il suo audace uso del colore e dell’estro creativo, le immagini di Celine vanno oltre la fotografia di moda convenzionale, trasformandola in una forma d’arte vera e propria.

Clicca qui per acquistare il catalogo della mostra Collater.al Photography con tutti gli articoli

Courtesy Celine Van Heel

Come le fotografie di Celine Van Heel intercettano la fotografia di moda
Photography
Come le fotografie di Celine Van Heel intercettano la fotografia di moda
Come le fotografie di Celine Van Heel intercettano la fotografia di moda
1 · 9
2 · 9
3 · 9
4 · 9
5 · 9
6 · 9
7 · 9
8 · 9
9 · 9
Cinque foto scattate al momento giusto

Cinque foto scattate al momento giusto

Collater.al Contributors · 6 giorni fa · Photography

Il tempismo è tutto. Lo sanno bene i fotografi street che passano ore ad aspettare il momento giusto per realizzare uno scatto sensazionale. Per creare una composizione che agli occhi del pubblico potrebbe sembrare “fortunata” e casuale. In realtà, dietro questi scatti c’è uno straordinario sincronismo tra occhio, mente e macchina fotografica. Oggi abbiamo selezionato cinque scatti per esplorare l’abilità di questi fotografi, testimoniando come abbiano saputo cogliere istanti fugaci che trasformano una semplice immagine in una storia senza tempo.

#1 Lorenzo Catena

© Lorenzo Catena

#2 Dimpy Bhalotia

© Dimpy Bhalotia

#3 Giuseppe Scianna

© Giuseppe Scianna

#4 Federico Verzi

© Federico Verzi

#5 Andrea Torrei

© Andrea Torrei

Segui i fotografi su Instagram

Lorenzo Catena
Dimpy Bhalotia
Giuseppe Scianna
Federico Verzi
Andrea Torrei

Selezione di Andrés Juan Suarez

Cinque foto scattate al momento giusto
Photography
Cinque foto scattate al momento giusto
Cinque foto scattate al momento giusto
1 · 5
2 · 5
3 · 5
4 · 5
5 · 5