Sono venuta a conoscenza di questo progetto di Jon Rafman più o meno un anno fa.
Riassuntivamente sentii parlare di un artista che aveva incontrato la fama grazie a degli scatti da lui “rubati” su Google Maps grazie alla modalità Street View. Impossibile negare che la notizia mi bloccò e mi rifiutai di visionare il lavoro senza prima essermi posta determinate domande. Si può dar vita a quello che nei secoli abbiamo chiamato arte grazie al semplice salvataggio di alcune immagini su un sito internet?
Alla vista di uno di quei singoli scatti, dimenticai la domanda di partenza.
Jon Rafman è un artista canadese. Prima di 9 Eyes ha lavorato per anni ai suoi progetti passati pur essendo anagraficamente giovane (anno di nascita 1981). E nelle numerose interviste in cui presenta il concetto che si cela dietro questo ultimo progetto di new media art sembra essersi posto le stesse domande dando risposte decisamente interessanti.
“Prendete i ready made di Duchamp: hanno cambiato l’arte. Se tutto può essere arte, allora cosa è arte? credo che lo stato salutare dell’arte per essere arte sia mettere in discussione la sua stessa natura“.
Gli scatti che diffonde Jon Rafman grazie a Google Street View sono mozzafiato. Così d’impatto da sembrare costruiti nei minimi dettagli. Girando virtualmente il mondo e le sue vie, ha trovato i suoi soggetti, a volte consapevoli di essere ripresi in altri casi totalmente assorbiti nelle loro vite. Ha dato spazio ai panorami e alla natura, girovagando su strade sterrate in mezzo al deserto, scrutando tra i pascoli e avventurandosi tra i ghiacciai del nord dando vita a immagini che nulla hanno da invidiare a quelle di una buona rivista naturalistica. Ma gli scatti più sorprendenti sono quelli che mostrano scene inaspettate. Uomini mascherati su strade desolate, incidenti stradali con vittime ancora al suolo, poliziotti e criminali, tigri in spazi artificiali, gabbiani che si appropriano di luoghi umani, prostitute in mostra, alci che corrono sull’asfalto. momenti involontariamente epici per cui ci si dimentica della provenienza degli scatti e si rimane a bocca aperta.
Abituati a vedere la fotografia come riflesso della realtà, ora il mondo ci appare, senza filtri, nella sua casualità. Impossibile quindi dividere questo obiettivo artistico dal suo mezzo: internet.