Conosciuto in tutto il mondo come l’Uomo Invisibile, Liu Bolin è un artista cinese che ha conquistato la fama internazionale grazie alle sue straordinarie performance artistiche. La sua abilità di scomparire e fondersi perfettamente con i paesaggi urbani e gli ambienti asettici che lo circondano è unica nel suo genere. La sua ultima mostra, intitolata “(IN)VISIBLE: The Art of Liu Bolin“, è stata inaugurata con una performance live dell’artista il 30 settembre ed è aperta al pubblico presso Villa Ciani a Lugano fino al 15 ottobre 2023. Questa mostra segna l’inizio di una collaborazione significativa tra l’artista e la Galleria Deodato Arte, che rappresenterà esclusivamente Liu Bolin in Svizzera e Belgio. Tutte le opere esposte presso Villa Ciani sono limited edition e fanno parte della celebre collezione Hiding in the city, che affronta temi universali come il rapporto tra l’uomo e la natura, oltre al rapporto tra il pensiero individuale e il potere politico. Questa collezione ha consacrato Liu Bolin a livello mondiale come uno degli artisti più significativi della sua generazione. Per l’occasione, siamo andati a Lugano e abbiamo incontrato Liu Bolin per scoprire qualcosa di più sulla sua ricerca.

La magia dell’arte di Liu Bolin risiede nel total body painting, un processo che richiede una precisione straordinaria nell’applicazione della vernice. Attraverso questa tecnica, l’artista riesce a fondersi completamente con l’ambiente circostante, diventando parte integrante della scena che lo circonda. I risultati sono impressionanti, fotografie che sembrano sfidare la percezione umana. Tuttavia, dietro questa tecnica incredibile si cela un messaggio profondo. Liu Bolin utilizza la sua abilità mimetica per denunciare la condizione dell’uomo moderno, un individuo che rischia di perdere la sua identità in una società sempre più materialista e tecnologica. Le sue opere non sono solo espressione di abilità artistica, ma anche una forma di protesta contro il dilagare della tecnologia e la conseguente alienazione dell’individuo.

Le tue performance, che consistono nello scomparire nel paesaggio in cui ti trovi attraverso il body painting, hanno una forte componente scenica ma anche concettuale. È possibile affermare che siano dei veri e propri atti di denuncia nei confronti dell’identità del singolo, che sta via via scomparendo nel suo stesso habitat?
«Sono passato attraverso quattro fasi dal 2005. La prima fase è stata quella della domanda e della ribellione. Dovevo usare questo lavoro per esprimere la mia protesta e far sì che più persone prestassero attenzione ai nostri artisti come gruppo. Nella seconda fase, ho pensato che molti artisti, non solo cinesi, avessero la stessa esperienza che ho avuto io, ho preso molte slogan pubblicitari. In questa fase sono emersi molti problemi legati allo sviluppo della Cina, come i problemi legati all’urbanizzazione e a una serie di questioni legate allo sviluppo economico. La terza fase è avvenuta quasi contemporaneamente alla seconda. Ho avuto l’opportunità di andare all’estero per realizzare alcune opere e le mie mostre. Ho capito che il problema non era solo cinese. Ogni nazione, ogni cultura ha i propri problemi. A causa del desiderio umano, emergono nuovi problemi sociali, come la crisi economica, la guerra, le povertà e una serie di altre questioni. La quarta fase è stata quella in cui ho cominciato a riflettere lentamente sul mio corpo e su come mi sento riguardo a questo mondo. Ora invito lentamente le persone del luogo, decine di individui, a partecipare alle mie opere. Questo fa sì che il mio lavoro attiri l’attenzione della società su una scala più ampia, coinvolgendo anche più persone. Inoltre, questo processo è arricchito dalla cultura locale. Per esempio, ho realizzato alcune opere nel Regno Unito e in India e ho scoperto dei conflitti legati alle culture locali. La loro preoccupazione per questa questione ci fa riflettere su noi stessi, sul futuro e su come gli esseri umani pensano e vedono le cose. Sto cercando di esprimere alcuni dei problemi che affrontiamo oggi nel mondo in cui viviamo. Dobbiamo affrontare i problemi che ostacolano lo sviluppo umano, e io cerco di esprimere le mie perplessità e le mie preoccupazioni.»

In base a cosa scegli i luoghi in cui operare? Per una rilevanza simbolica? Come nello scatto davanti al Duomo di Milano, per esempio?
«Nella scelta dei luoghi, di solito seleziono scenari comuni che appaiono costantemente nel processo di sviluppo della società umana come sfondo. Attraverso le mie opere, metto in discussione la reciproca restrizione e la relazione contraddittoria tra la civiltà che creiamo e lo sviluppo umano. In Italia, scelgo alcuni classici dell’arte o luoghi a me cari, come la città di Venezia e il Duomo di Milano, che sono lo sfondo della mia ossessione per la cultura italiana.»

Il camouflage è il tuo tratto distintivo. È sorprendentemente difficile distinguere la tua figura tra le architetture, le merci sugli scaffali e gli scenari che scegli come sfondo. A questo proposito ci chiediamo, qual è stata l’impresa artistica più impegnativa per te?
«La sfida più grande per me fin dall’inizio della creazione è stata come registrare il processo di coinvolgimento dell’intero corpo nel lavoro. All’inizio, ho usato il metodo del video e la fotografia in time-lapse per registrare, ma dopo numerosi tentativi ho definito il metodo finale per registrare e realizzare la foto finale. Inoltre, ho studiato scultura prima e non sono bravo in fotografia, quindi ho dovuto imparare come scattare foto correttamente mentre facevo il lavoro. L’intero processo ha richiesto molti sforzi e apprendimento. Quello che mi ha colpito di più è stato un errore nella ripresa del Nido d’Uccello, in Cina. In primo luogo, a causa delle condizioni meteorologiche invernali, il misuratore di luce non funzionava a causa delle temperature troppo basse, quindi non potevo consultare amici nelle vicinanze per determinare l’apertura corretta da utilizzare. In secondo luogo, dopo aver completato lo scatto finale, ho notato che la distanza tra le persone e il Nido d’Uccello nello sfondo era troppo grande, quindi il fuoco non era abbastanza nitido. Quindi, ho dovuto tornare sul posto per fare nuovamente lo scatto il terzo giorno.»

Liu Bolin è un artista che ci invita a riflettere sulla nostra relazione con il mondo che ci circonda e sull’importanza di mantenere la nostra identità in un’era dominata dalla tecnologia e dal consumismo. La sua abilità di scomparire davanti ai nostri occhi è un richiamo a guardare più da vicino il mondo che ci circonda e a riflettere su come possiamo preservare la nostra umanità in un mondo sempre più impersonale.






Ph Credits Andrés Juan Suarez