Il profumo del mare, le spiagge gremite in estate e deserte d’inverno. Questa è l’essenza della fotografia di Mònica Figueras, giovane fotografa spagnola di cui avevamo già parlato in precedenza qui.
Mònica è nata a Palamós, una piccola e bellissima località della Costa Brava, uno di quei classici paesini che in estate si riempiono di gente e in inverno si svuotano completamente, diventando quasi irriconoscibili.
Questa doppia personalità del luogo in cui ha vissuto finché non si è trasferita a Barcellona e il suo amore per il mare sono cose tangibili nelle sue fotografie. Guardando le sue immagini si respira la nostalgia per l’estate, ma anche la calma e tranquillità delle spiagge vuote che perdono i colori caldi tipici dei mesi estivi e si coprono di un filtro meno saturo.
Dato che i luoghi e i soggetti che Mònica Figueras fotografa fanno parte della sua vita da sempre, sfogliare i suoi scatti è come entrare nel suo diario personale. Guardiamo ciò che lei ha guardato, siamo circondati da ciò che circondava lei nel momento in cui scattava.
Dopo poco, il suo stile ha iniziato a interessare diversi clienti, così per i lavori commissionati propende per la fotografia digitale, mentre per i suoi progetti personali opta spesso per l’analogico, che le permette di ottenere delle texture e dei colori migliori senza dover ritoccare successivamente l’immagine.
Qui sotto trovi una selezione delle sue immagini, per scoprirne di più vai sul suo sito, sul suo profilo Instagram e Tumblr.
Quella del Mar Morto è sicuramente una delle aree della Terra più interessanti e misteriose. Essendo da sempre il bacino idrografico più basso e salato al mondo, fin dall’antichità prede il nome di mare. I luoghi che si affacciano sulle sue sponde sono protagonisti di leggende e racconti biblici, basti pensare alle antiche città di Sodoma e Gomorra, che plausibilmente sorgevano dove ora si trova il Monte Sodoma, all’interno della Riserva Naturale del Deserto della Giudea e poco lontano dalla spiaggia di Ein Bokek.
Oltre a rappresentare un importante sito archeologico, dove per esempio sono stati ritrovati i resti di una fabbrica di cosmetici e di fanghi terapeutici risalente al tempo di Erode, oggi Ein Bokek rappresenta una meta frequentata soprattutto da turisti provenienti da Paesi differenti.
È proprio in questa località posizionata sulla riva occidentale del bacino inferiore del Mar Morto e dove la profondità dell’acqua non supera mai i 2 metri che il fotografo Alexander Bronfer è tornato quasi ogni settimana per circa due anni, catturandone l’anima più vera e profonda.
Alexander Bronfer è nato in Ucraina e ha studiato in Russia, a San Pietroburgo. Una volta finiti gli studi si è trasferito in Israele, prima a Tel Aviv e poi ha vissuto in diversi Kibutz nel sud del paese.
Questa esperienza lo ha portato a frequentare spesso l’area del Mar Morto, della quale si è innamorato immediatamente.
Tutti gli scatti che ha realizzato in questa zona sono racchiusi nella serie fotografica The Dead Sea, che negli anni si è trasformata in una collezione di immagini che restituiscono esattamente l’atmosfera quasi surreale che si può vivere in questo luogo.
Ciò che si può toccare con mano guardando le sue foto è la tranquillità del posto, una tranquillità che a volte può essere scambiata per abbandono, come se il mondo si fosse dimenticato della sua esistenza.
Poi, però, soprattutto durante la stagione estiva, alcune decine di turisti riescono a raggiungere Ein Bokek e riempire lo spazio vuoto, appropriandosene giusto per il tempo di una giornata.
Persone di diverse culture e religioni si incontrano sulla spiaggia per godere dei benefici naturali offerti dal Mar Morto, abbandonarsi alle sue acque e spesso e volentieri trascorrere ore a galleggiare tenuti a galla dalla massiccia quantità di sale.
Visti gli studi più recenti secondo i quali il bacino inferiore del Mar Morto è destinato a scomparire ed evaporare del tutto, le fotografie di Alexander Bronfer non sono solo uno studio su uno dei luoghi più antichi del mondo, ma rappresentano anche la testimonianza di qualcosa che tra qualche anno potrebbe non esserci più.
Micheal Aboya è un giovane fotografo basato in Ghana, nella parte occidentale del continente africano. Si occupa di fotografia di moda e di progetti creativi legati al mondo dell’arte. Un tempo studente di software programming, dal 2016 la sua vita cambia con la morte del padre. Decide di diventare fotografo a tempo pieno scattando con le sue Canon T3 e Canon EF 70mm – 300 mm. Oggi è un visual artist col l’obiettivo di raccontare storie in grado di ispirare e arricchire lo spettatore, Le sue immagini riflettono una gioia contagiosa, amore e forza. Il tutto attraverso luce, composizione e soggetti.
L’obbiettivo di Aboya è quello di continuare l’esplorazione della sua visione di umanità. La gioia che traspare dai suoi scatti è palpabile, e comunica una grande passione anche da dietro alla fotocamera. I soggetti immortalati dal fotografo comprendono donne, bambini, uomini e oggetti e simboli semplici che permettono allo spettatore di concentrarsi sul lato emozionale di questi scatti. Pettinature afro, acqua o qualche danza tradizionale rendono queste fotografie ancora più speciali. Nel corso degli anni Micheal ha collaborato con tantissime realtà fra cui CNN, BBC, Forbes e Gulf News diventando un fotografo affermato.
Per altri progetti di Micheal Aboya qui il suo profilo Instagram.
Melissa Schriek, quando il corpo è parte stessa dell’ambiente
Melissa Schriek è una fotografa olandese che si serve della potenza visiva del corpo e della sua gestualità per renderlo parte integrante dell’ambiente in cui è collocato. Le figure eteree sembrano fluttuare liberamente all’interno degli spazi che esse stesse marcano con la loro presenza estranea ed allo stesso tempo indispensabile.
“Il corpo sembra essere una contraddizione in sé e io sono affascinata da queste contraddizioni: sono drammatiche ma anche ironiche”.
Le relazioni umane diventano parte di un disegno globale, dove il corpo viene usato come strumento di connessione fisica ed emotiva. L’artista ha dichiarato che la sua ricerca si è da subito rivelata come un bisogno spontaneo:
“Fin da giovane sono stata affascinata dal mio corpo. Il modo in cui può assumere forme, come lo posso scolpire e come può muoversi. È il motivo per cui ballavo quando ero più piccola e mi ci è voluto un po’ di tempo per capire che potevo mescolare questo interesse con il mio interesse per la fotografia, unendo le discipline”.
Servendosi della sua esperienza con il ballo e della sua sensibilità artistica, Melissa Schriek è riuscita a dare voce all’immagine che per lei rappresenta l’essenza più pura del corpo.
Melissa Schriek, quando il corpo è parte stessa dell’ambiente
Photography
Melissa Schriek, quando il corpo è parte stessa dell’ambiente
Melissa Schriek, quando il corpo è parte stessa dell’ambiente
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Le chiacchiere dal parrucchiere scattate da Tom Sebastiano
Nel regno della fotografia esiste un potere unico di congelare momenti nel tempo, catturando emozioni, storie e persino un’essenza del passato. Tom Sebastiano, un fotografo esperto con un’inclinazione per la nostalgia, è riuscito a sfruttare questo potere attraverso la sua serie accattivante intitolata “Salon Stories“. Con un affetto per l’estetica retrò, in particolare per le vibranti epoche degli anni ’70 e ’80, Sebastiano è stato in grado di creare una narrazione visiva che trasporta gli spettatori in un’epoca passata.
Londra, una città che trabocca di modernità e tendenza, ospita numerosi saloni di parrucchieri che riflettono gli stili contemporanei di oggi. Tuttavia, in mezzo al vivace paesaggio urbano, Sebastiano si è imbattuto in una gemma nascosta in periferia: un caratteristico salone da parrucchiere che sembrava essere un portale per il passato. Nel momento in cui guardò attraverso la finestra, il tempo sembrò incresparsi e piegarsi, mentre veniva trasportato indietro a un periodo caro della sua infanzia.
Il salone era un quadro di ricordi. Il profumo dei prodotti per capelli, il calore del vapore e il mormorio delle conversazioni si intrecciavano per formare un arazzo di nostalgia impossibile da ignorare. Era come se il passato fosse risorto tra quelle quattro mura e Sebastiano era determinato a catturare e condividere questa sensazione con il mondo.
Due giorni prima di Natale, con la sua macchina fotografica al seguito, Sebastiano entrò nel salone, pronto a incapsulare la magia che si svolgeva all’interno dei suoi confini. L’atmosfera era animata da un’intensa attività: i clienti abituali del salone si stavano preparando per le festività che li attendevano. In mezzo al turbinio di conversazioni sulle cene di Natale e sui racconti dei nipoti, Sebastiano si è mosso sullo sfondo, quasi invisibile agli avventori. Con un’abilità che può derivare solo da anni di pratica, Tom ha documentato i momenti intimi che definiscono la storia unica del salone.
Attraverso il suo obiettivo, Tom Sebastiano è riuscito a catturare non solo l’ambiente fisico, ma anche le emozioni e le esperienze che erano impresse nelle pareti. Ogni fotografia della serie “Salon Stories” è diventata una finestra sul passato, invitando gli spettatori a partecipare ai ricordi condivisi dai visitatori del salone. L’autenticità di queste immagini è palpabile: non sono semplici fotografie, ma capsule del tempo che trasportano gli spettatori in un’epoca caratterizzata da semplicità, comunità e legami genuini.
La serie “Salon Stories” di Tom Sebastiano è una testimonianza del potere della fotografia come mezzo di narrazione. Con un profondo apprezzamento per l’estetica retrò degli anni ’70 e ’80, è riuscito a tessere una narrazione visiva che cattura l’essenza di un’epoca passata. In un mondo che spesso si sente scollegato dalla propria storia, il lavoro di Sebastiano ci ricorda che il passato non è perduto, ma vive nei ricordi e nelle esperienze impresse nei luoghi e nei volti che incontriamo.