Viviamo in un tempo in cui è difficile immaginare il “per sempre”. Cresciamo cambiando continuamente telefoni, macchine, persino città. Siamo abituati a contratti e rapporti temporanei, in una sorta di cultura dell’abbandono che ci porta a scartare o buttare oggetti senza pensare alle conseguenze o al futuro che questi rifiuti avranno. È una lezione che stiamo imparando a nostre spese quando riguarda l’ambiente, e artisti come Nazareno Biondo stanno provando a rendere tangibile questa idea di immobilità dei rifiuti, rispetto al ciclo continuo e vorticoso della natura.
I suoi progetti partono dai simboli della filosofia usa e getta: una sigaretta spenta, tappi di bottiglie e packaging che possiamo trovare sul marciapiede di qualsiasi area urbana. Nel suo laboratorio i rifiuti di una società frettolosa diventano opere eterne. Come sculture antiche, i soggetti scelti sono testimonianze senza tempo di un pensiero e di un vivere contemporaneo. Rappresentati con un iperrealismo critico, pacchetti di cartine, condom e linguette di lattine vengono nobilitati e si impongono allo spettatore in tutta la loro ironia.
Abbiamo a che fare tutti i giorni con rifiuti del genere, ma è come se vedessimo questi oggetti per la prima volta. Ogni minuzioso dettaglio emerge dai blocchi di Marmo di Carrara che l’artista riutilizza: “Nulla nel mio lavoro, come nel mondo in cui viviamo, dovrebbe esser sprecato”. Guardandoli sentiamo una strana vicinanza e connessione, capita anche a noi di sentirci usati per precisi scopi, per poi essere abbandonati senza motivo. Le opere di Nazareno Biondo scendono a un livello più profondo, gli scarti del quotidiano diventano metafore di un sentimento collettivo. Si tratta di una decisa presa di posizione contro il costume della cultura di massa, una protesta silenziosa e densa di significato.