Behind The Artwork – Un approfondimento su Ryan McGinley

Claudia Fuggetti · 5 anni fa

Ryan McGinley è uno di quei fotografi che conquistano, che fanno innamorare a prima vista, così tanto da farci pensare: perché non ero lì? Nato nel 1977, ha iniziato a fare fotografie nel 1998: la sua passione è iniziata quando era ancora uno studente, infatti alcuni suoi compagni di scuola hanno continuato a collaborare con lui anche come soggetti; tra questi ritroviamo Dan Colen e Dash Snow, per il quale l’artista in un’intervista affermò di aver maturato “una vera ossessione”. Tra le sue muse troviamo anche Petra Collins.

Dopo essersi diplomato alla Parsons Design School, a soli 25 anni tenne una mostra personale presso il prestigioso Whitney Museum of American Art con il suo lavoro “The Kids Were All Right”, che raggruppava le fotografie scattate ai suoi amici di New York. Le immagini rappresentano in maniera autentica ciò che gravita attorno alle tematiche dell’abbandono, del sesso e dell’uso di droghe. Nello stesso anno McGinley è stato nominato Fotografo dell’anno da American Photo Magazine e nel 2007 ha ricevuto il Young Photographer Infinity Award dall’International Center of Photography.

Le fotografie del primo periodo dell’artista si possono ammirare nell’omonimo volume “The Kids Were All Right”, una raccolta di 1600 scatti realizzati tra il 1998 e il 2003.  Il titolo ricorda la canzone dei The Who “The kids are allright”, tratta dal mitico album “My Generation”.

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I suoi soggetti sono giovani e adolescenti che trasmettono un grande senso di libertà dall’attitudine “wild”, data dell’elemento ricorrente del nudo, potenziato grazie all’uso di una Yashica T4s e di una Leica R8s a pellicola. Il lavoro di McGinley è cinematografico ed è stato influenzato dal film di Terrence Malick, Days of Heaven. L’artista ha riscritto l’immaginario delle campagne pubblicitarie per marchi come Levi’s e Wrangler, sua è anche la cover iconica dell’album Með suð í eyrum við spilum endalaust dei Sigur Rós. I suoi temi prediletti sono l’edonismo e la liberazione, la vita che viene celebrata nella sua intensità, dove anche le scene di sesso e di droga sono immortalate senza censura e pregiudizio e descrivono una gioventù in un ambiente underground senza regole.

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Quello che fa McGinley è molto di più: sulla scia di fotografi come Larry Clark, Nan Goldin e Wolfgang Tillmans, rende il suo diario un documento generazionale di grande valore sociologico, fatto di libertà sessuale, eccessi e subculture. Nel 2004 il suo approccio fotografico cambia, venendo meno al discorso sulla tranche de vie portato avanti da artisti come Nan Goldin Wolfgang Tillmans: perché aspettare che quel momento accada nella realtà quando lo si può riprodurre? Ed è così che decide di non documentare più uomini e donne in spazi e situazioni reali, lavorando anche su set. Come lui stesso dichiarò:

“Sono arrivato al punto in cui non potevo aspettare che le immagini accadessero più. Stavo perdendo tempo e così ho iniziato a fare foto. Confina tra la creazione o il successo. C’è quella linea sottile”. 

Ogni estate si ritrova a passare intere giornate con i suoi modelli per ricreare gli scatti con la luce e la location immaginate; il risultato è l’esuberante immaginario che descrive una gioventù fatta di corpi nudi, eterei, perfetti, liberi da ogni preoccupazione, se non quella di non perdersi nemmeno un instante della vita. Questa visione si contrappone a quello che potrebbe essere uno sguardo meno idealizzato come quello di Nan Goldin, che metteva in luce le conseguenze della vita di eccessi dei suoi amici e le cicatrici emotive che ne conseguono.

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Il progetto Moonmilk è un viaggio poetico che celebra il rapporto più intimo e selvaggio tra l’uomo e a natura, dove i soggetti si fondono con l’elemento naturale dando vita ad una sorta di panismo visivo dallo scenario preistorico, fatto di grotte e luoghi misteriosamente affascinanti. Nel libro Way Far di Rizzoli sono raccolti i lavori più recenti, dalle atmosfere incredibili, che sembrano far parte di un sogno.

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Sempre di Rizzoli sono i libri Whistle for the wind e il recentissimo Mirror Mirror. Il primo è una vera e propria monografia sull’artista che racconta l’intera carriera di McGinley, col contributo di tre figure straordinarie: Chris Kraus, romanziere e critico; John Kelsey, scrittore, artista e attivista; e Gus Van Sant. Ciascuno di loro partecipa al processo creativo, offrendo prospettive approfondite e uniche sul lavoro e sull’importanza di McGinley per la cultura visiva.

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Mirror Mirror invece è il suo recente progetto: seguendo le istruzioni impartite loro dall’artista, un gruppo di individui esplora la propria immagine. Ed è così che ha voluto sfidare le sue abitudini creative, chiedendo a più di cento amici di fare autoritratti nudi, usando gli specchi e altri oggetti di scena. Puoi vedere il contenuto del libro nel video qui sotto.

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