“The Climber”, il gorpcore nei manga

“The Climber”, il gorpcore nei manga

Andrea Tuzio · 2 settimane fa · Style

Ho spesso parlato, per via della mia grande passione per i manga, gli anime e per la cultura giapponese in generale, di come manga e anime appunto abbiano ispirato i creativi di ogni campo e in ogni parte del globo. Oggi continuo su questa falsa riga portando all’attenzione di voi che leggete, una storia che mette insieme manga e gorpcore, una delle tendenze più impattanti nel mondo dello street style degli ultimi anni.

Il gorpcore (la combinazione tra abbigliamento tecnico e capi essenzialmente da tutti i giorni) è entrato a far parte della terminologia fashion contemporanea dal 2017, e il trend da quel momento in avanti non si è mai spento, anzi. Dalle montagne si è spostato sulle passerelle dell’high fashion conquistando adepti tra gli appassionati di moda di tutto il mondo, celebrity comprese. 

La storia è quella raccontata dal manga seinen – termine giapponese che indica genericamente un uomo adulto non ancora indipendente, maturo ma non ancora integrato nel mondo del lavoro – The Climber (Kokou No Hito in giapponese), scritto da Shin’ichi Sakamoto e Yoshirō Nabeda e illustrato dello stesso Sakamoto, che si basa sull’omonimo romanzo del 1973 dello scrittore Jirō Nitta, pseudonimo di Hiroto Fujiwara (1912-1980). 

La trama di The Climber ricalca quella del libro con alcune differenze sostanziali, come il finale ad esempio, e segue le avventure di Buntarō Mori, uno studente liceale con la passione per l’arrampicata che, per vincere il suo essere introverso e solitario, decide di iscriversi al club dell’arrampicata del suo liceo. Da quel momento inizierà a mettersi alla prova con montagne sempre più alte e dure da scalare, fino ad arrivare a sfidare una delle vette più alte e pericolose del mondo, il K2.

The Climber venne pubblicato come una serie a partire dal 2007 sulla rivista settimanale Weekly Young Jump fino al 2012, per un totale di 170 capitoli raccolti successivamente dalla casa editrice giapponese Shūeisha in 17 volumi. In Italia invece la pubblicazione iniziò nel 2011 a cura di J-Pop.

Come detto, il manga riflette la storia del libro omonimo che a sua volta è basato sulla storia di un climber giapponese realmente esistito, Buntarō Katō.

Katō sovvertì tutte le regole del climbing dell’epoca, affrontando in solitaria scalate molto complesse e pericolose, con la particolarità di farlo con indosso le sue inseparabili tabi. Al tempo l’arrampicata era uno sport principalmente destinato alle classi più abbienti della società giapponese, e il fatto che Buntarō fosse un semplice operaio rappresentava un’idiosincrasia abbastanza forte per l’epoca.
Purtroppo la storia e la vita di Buntarō Katō finirono proprio durante un’arrampicata quando, insieme al compagno di cordata, vennero sorpresi da una fortissima bufera di neve che portò entrambi alla morte a soli 30 anni. 

The Climber non è soltanto un manga che parla di outdoor e che racconta la storia di un adolescente, The Climber è molto di più. Temi come la spiritualità, il confronto con se stessi, la difficoltà mentale nell’affrontare lo sforzo fisico in condizioni avverse, la solitudine, la depressione e i demoni che tutti noi combattiamo, chi più chi meno, sono al centro della narrazione di un manga splendido che merita di essere riscoperto.

“The Climber”, il gorpcore nei manga
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Il cibo pixelato di Yuni Yoshida

Il cibo pixelato di Yuni Yoshida

Giulia Pacciardi · 2 giorni fa · Photography

I pixel sono gli elementi più piccoli che costituiscono un’immagine, talmente minuscoli e numerosi da non poter essere visti ad occhio nudo.
Anzi, quando si vedono, non è affatto un buon segno.
In tutti i casi tranne uno, ossia, quando diventano protagonisti di un progetto.

È questo il caso di Pixelated, delle fotografie firmate dall’Art Director giapponese Yuni Yoshida in cui cibo e pietanze vengono sezionate in tanti quadrati perfetti che riprendono i colori degli ingredienti, della buccia o della polpa.
Una serie di immagini surrealiste ed attraenti che speriamo diventino molte di più di quante sono ora.

Il cibo pixelato di Yuni Yoshida | Collater.al 1 Il cibo pixelato di Yuni Yoshida | Collater.al 2 Il cibo pixelato di Yuni Yoshida | Collater.al 3

Il cibo pixelato di Yuni Yoshida
Photography
Il cibo pixelato di Yuni Yoshida
Il cibo pixelato di Yuni Yoshida
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La sorellanza ritrovata negli scatti di Irene Trancossi

La sorellanza ritrovata negli scatti di Irene Trancossi

Laura Tota · 4 giorni fa · Photography

Nella mitologia greca, Britomarti è il nome di una ninfa di cui Minosse si innamorò perdutamente e che, pur di sfuggirgli, cambia forma e sembianza fino a trasformarsi in schiuma di mare. Un personaggio tragico nella sua determinazione e consapevolezza che, pur di non cedere alle lusinghe di un amore non voluto, preferisce disperdersi nell’elemento più inafferrabile che si conosca. Britomarti è anche il nome del progetto della giovane fotografa Irene Trancossi che erge la ninfa ellenica ad archetipo della lotta femminile alla rivendicazione di una propria identità avulsa dalla lettura maschile, ma non solo: “Britomarti” è un inno alla sorellanza, alla comunione tra donne, all’unità di una forza generatrice ancestrale che la fotografa celebra attraverso scatti immersi nella natura in cui ninfe contemporanee si muovono liberamente in contesti incontaminati, sottraendosi allo sguardo maschile, godendo della propria libertà.

irene trancossi
Britomarti, Cadaques Spain 2021
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Britomarti, Cadaques Spain 2021

Ed è proprio la familiarità che lega le donne ritratte, parte della famiglia di Irene: dal particolare all’universale, “Britomarti” vuole essere non solo un viaggio verso la scoperta di se stesse, ma soprattutto un invito alla condivisione, all’unione tra donne. L’obiettivo di Irene è serrato, in bilico tra la delicatezza e l’audacia, senza mai violare la fierezza dei corpi: tutto ciò che emerge è una consapevolezza di sé, in un dialogo tra Donne e Natura, quasi in un ideale ricongiungimento quasi inevitabile e atteso a lungo.

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Britomarti, Cadaques Spain 2021

Ci sembra di percepire la salsedine, di sfiorare quella schiuma di mare memore di un’eroina archetipica, di toccare la terra e di inalare la libertà di un’identità ritrovata. La sorellanza diventa il balsamo che leviga le ferite e che consente di superare dolori e traumi legati a una visione distorta e patriarcale della condizione e del corpo femminile: una favola contemporanea in cui il corpo racconta, la Natura ascolta, il cuore ritrova la pace. Attraverso questo progetto ai limiti della sacralità di un rituale ancestrale, Irene trova il suo modo per approfondire la sua ricerca, fondata sulla sorellanza, sul femminismo, sull’inclusività e sull’ascolto.

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Britomarti, Cadaques Spain 2021

Ph. courtesy Irene Trancossi

La sorellanza ritrovata negli scatti di Irene Trancossi
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La sorellanza ritrovata negli scatti di Irene Trancossi
La sorellanza ritrovata negli scatti di Irene Trancossi
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John Yuyi sfida la consumer culture

John Yuyi sfida la consumer culture

Anna Frattini · 5 giorni fa · Art, Photography

Chiang Yu-yi, a.k.a. John Yuyi, è una visual artist taiwanese con una storia decisamente fuori dal comune alle spalle. Le sue opere incarnano lo spirito della post-internet generation mettendo in discussione la consumer culture, uno dei temi più ricorrenti nel corso della carriera di Yuyi.

John Yuyi

La carriera di Yuyi inzia come fashion influencer ma qualcosa cambia quando si trasferisce a New York nel 2015. Inizia a vendere temporary tattoos per promuovere la sua swimwear collection e col tempo, vi incorporerà illustrazioni, fotografie e simboli provenienti dal mondo dei social media. Un mezzo interessante, quello dei tatuaggi temporanei, che coinvolge la sfera della corporalità come medium ma anche come oggetto di indagine. Questi – insieme alle sue fotografie – hanno reso Yuyi molto popolare non solo sui social ma anche nel mondo dell’arte.

Il processo di documentazione operato da John Yuyi parla della sua esperienza come influencer, del nostro rapporto con i social media e con il nostro corpo. Soprattutto con il viso, la parte del nostro corpo in cui gli altri si riconoscono e che può offrire un senso di rappresentazione reale per lo spettatore. Anche la salute mentale è un tema molto caro a Yuyi che, soffrendo di un disturbo bipolare, ha raccontato il suo malessere attraverso una serie di fotografie, Cell for Young Plant.

Ma non solo arte e fotografia, Yuyi è al lavoro anche su progetti commerciali che l’hanno portata a collaborare con brand e magazine molto importanti. Indimenticabile, la collaborazione dell’anno scorso con MIUMIU dove Yuyi ha immortalato Lee Youm e Ever Anderson per la campagna pubblicitaria della SS22.

 
 
 
 
 
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Il percorso di John Yuyi dimostra come sia possibile reinventarsi e scoprire il proprio talento artistico partendo da un mondo lontano da quello dell’arte per come lo conosciamo.

Scopri altri progetti di John Yuyi sul suo profilo Instagram.

Ph. courtesy John Yuyi

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Luca Marino e la ricerca dell’assurdo

Luca Marino e la ricerca dell’assurdo

Giorgia Massari · 5 giorni fa · Photography

Con un approccio foto-giornalistico, il fotografo Luca Marino ricerca l’assurdo delle situazioni. Nato a Londra da padre italiano e da madre colombiana, Marino è attratto da quei dettagli che spesso passano inosservati, “guardo dove nessun altro guarda” dice lui stesso. Tra le strade della grande metropoli londinese, Luca Marino realizza due progetti: “Oxford Street Paradox” e “Transport for London”.

Luca Marino | Collater.al

Nel primo progetto – “Oxford Street Paradox” – è evidente quell’assurdo tanto ricercato dal fotografo, che, a tratti, inganna lo spettatore. Le fotografie catturano i passanti della via dello shopping più frequentata della città – Oxford Street – che appaiono totalmente deformati. Questo effetto non è realizzato in post produzione, Marino infatti scatta la superficie riflettente di un chiostro che crea buffe immagini alterate. Con ironia e leggerezza, il fotografo sfrutta questa “alterazione” naturale per sottolineare come le nostre abitudini di acquisto siano ormai diventate folli, al limite del compulsivo.

Anche nel secondo progetto – “Transport for London” – Luca Marino mostra ciò che spesso non viene guardato ma anzi, ignorato. In questo caso i protagonisti sono i dipendenti dei trasporti di Londra, dagli autobus alla metropolitana. Persone a cui non prestiamo attenzione ma che sono responsabili della viabilità cittadina. Ci permettono di spostarci da un lato all’altro della città, ma rimangono in penombra. Luca Marino, in collaborazione con l’azienda, entra a contatto con il lato nascosto della famosa Underground, fotografando i dipendenti nei loro uffici e nelle loro stanze adibite al riposo. Cattura momenti di pulizia, tra cui la santificazione delle carrozze durante il periodo di emergenza sanitaria dettata dal covid-19. 

Luca Marino | Collater.al
Luca Marino | Collater.al
Luca Marino | Collater.al

Ph Credits Luca Marino
Courtesy Luca Marino

Luca Marino e la ricerca dell’assurdo
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Luca Marino e la ricerca dell’assurdo
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