La nostra intervista a Chassol, ospite a Opera Festival

La nostra intervista a Chassol, ospite a Opera Festival

Giulia Guido · 2 anni fa · Art

Milo, il piccolo paesino alle pendici dell’Etna che ha ispirato il maestro Franco Battiato, sarà il palcoscenico della prima edizione di Opera Festival che si svilupperà in due weekend in cui la musica di artisti italiani e internazionali animeranno il paesaggio siciliano. 

Questa prima edizione, che avrà luogo dal 27 al 29 agosto e dal 3 al 5 settembre, prende il titolo di “Genesi”, ricollegandosi sempre a Battiato e alla sua opera del 1987 in cui il maestro mette in scena la decadenza irreversibile del genere umano che può essere scongiurata solo attraverso la bellezza, la danza, la musica.
Opera Festival ricerca questa bellezza nella natura e negli elementi offerti dal paesaggio che abbraccia Milo che si fonderanno con le sonorità degli artisti protagonisti tra i quali spicca, proprio il primo giorno – venerdì 27 agosto -, Christophe Chassol

Noi di Collater.al abbiamo avuto la fortuna di fare due chiacchiere con il compositore e musicista francese che ci ha raccontato come è cominciata la sua passione per la musica, come nascono i suoi album e i suoi film e ci ha spoilerato qualcosa sulla sua performance a Opera Festival. 

Visitate il sito di Opera Festival per acquistare i biglietti e scoprire la line up completa e continuate a leggere per non perdervi la nostra intervista a Chassol. 

Ciao Christophe, è la prima volta che parliamo di te su Collater.al. Presentati ai nostri lettori. Come ti sei avvicinato alla musica e come è cominciata la tua carriera? 

Il mio nome è Christophe Chassol, sono un musicista, artista francese, nato a Parigi nel 1976 ma i miei genitori erano originari della Martinica. Ho cominciato a fare musica molto presto, verso i 4 anni e ho imparato a suonare il piano quando ne avevo circa 5 anni. Ho iniziato con la musica classica, poi ho scoperto altri generi come il jazz, che amo, e quando ero adolescente avevo una band con cui facevo cover di pezzi jazz.
Dopo l’adolescenza ho intrapreso gli studi di filosofia e sono andato al Berklee College of Music a Boston.
Negli anni ho lavorato realizzando musiche per pubblicità, film, show televisivi e diversi arrangiamenti. Per un periodo ho lavorato anche con un’orchestra di 24 elementi con la quale ho fatto diversi spettacoli e live.
Successivamente mi sono trasferito a Los Angeles dove ho iniziato a sperimentare molto finché nel 2005 con l’avvento di YouTube non ho cominciato a fare musica integrando i suoni de video che realizzavo. Queste tracce le ho cominciate a chiamare Ultrascores.
Qualche anno più tardi, nel 2008, è arrivata la mia prima commissione da parte di un museo di New Orleans per il quale ho realizzato NOLA Chérie, un film e un album, e da quel momento in poi ho cominciato a usare una tecnica che chiamo “harmonizing speech”.
Il mio secondo album l’ho fatto in India dove ho ripreso tantissimi musicisti tradizionali, mentre il mio terzo album “Big Sun”, realizzato sempre con lo stesso concept, l’ho fatto proprio in Martinica.
E poi, beh, ci sono state così tante cose e altri album dopo “Big Sun”…

Sei francese, hai origini della Martinica e hai viaggiato e visitato tantissimi luoghi del mondo. In che modo le tue origini e i posti che hai visto nella tua vita hanno influenzato la tua musica? 

Influenzano la musica nel senso che realizzo la musica con i suoni che registro mentre filmo. Per esempio dalla Martinica per “Big Sun” ho ripreso un uccello mentre cantava e questa melodia e diventata la base per una delle tracce.
Potrei dire che questi luoghi non solo influenzano la mia musica, ma sono il materiale che mi serve per farla. Proprio per questo, la struttura, il suono, la forma della mia musica sono sempre gli stessi, perché alla fine anche io ho le mie ossessioni e le cose che mi piacciono, ma quello che cambia è la melodia, lo strumento principale, che è strettamente legato al luogo in cui filmo e registro. 

Ora una domanda più tecnica. Durante i tuoi viaggi, quale attrezzatura usi per registrare suoni e rumori?

Oh, è molto semplice, spesso e volentieri basta una macchina fotografica e un microfono. Solitamente quando viaggio oltre a me ci sono un addetto alle riprese e un tecnico del suono, ma quando sono da solo e registro tutto io mi basta mettere un microfono sopra la telecamera. È più che sufficiente. 

Torniamo sul concetto di Ultrascore, cosa sono e come è nato questo nome?

Ho iniziato a dare questo nome alle mie sperimentazione nel 2005 perché avevo bisogno di classificare il mio lavoro e ho semplicemente cominciato a nominare i file in questo modo. Sai, con “score” mi riferisco al film score, quindi alla musica, invece “ultra” è una cosa molto oggettiva, quasi scherzosa, come se avessi utilizzato “super!”.

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Il 27 agosto all’Opera Festival suonerai “Big Sun”. Parlaci di questo album e cosa lo rende così speciale? 

“Big Sun” è stato pubblicato nel 2015, ma non tutto quello che lo compone è di quel periodo lì, perché è come se lo suonassi da tutta la vita e credo che continuerò a farlo ancora per i prossimi anni.
È un lavoro, un film, che ho girato nella Martinica e l’obiettivo era quello di filmare il Carnevale perché il Carnevale è un momento speciale in cui ogni cosa si capovolge, durante il quale anche la persona più omofoba si può vedere vestita da donna.

Inoltre, essendo i miei genitori originari della Martinica, oltre alla bellezza del Carnevale volevo catturare la bellezza dell’isola in generale. La Martinica è davvero piccola ma ha una ricchezza ineguagliabile, sia in per quanto riguarda la natura, sia se parliamo di tradizioni, di cultura, di lingua e ovviamente di musica. Lì hanno una cultura musicale molto più profonda e radicata di quella che c’è ad esempio in Francia, eppure qui non è vista molto bene e la gente si prende gioco di generi come lo zouk. Così ho voluto mostrare come ricca e profonda la cultura della Martinica, filmando cantanti, musicisti, persone al mercato, la natura, gli uccelli, il Carnevale e armonizzando tutto questo creandone un film e uno show. 

Infine, continuando a parlare di spettacoli dal vivo e della tua partecipazione a Opera Festival, cosa hai in mente per l’occasione? A che tipo di live assisteranno gli spettatori? 

Beh, vedrete dei fantastici batteristi e sullo schermo ci saranno decine e decine di personaggi differenti. Sarà una specie di trittico formato dai batteristi, da me alle tastiere o al piano e dallo schermo. Lo schermo è il vero protagonista e noi che ci stiamo davanti in realtà e come se fossimo dentro. Sarà un dialogo tra la musica e le immagini sullo schermo.

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Oltre Petra, la Giordania attraverso le foto di Federico Feliciotti

Oltre Petra, la Giordania attraverso le foto di Federico Feliciotti

Giorgia Massari · 6 giorni fa · Photography

Stati come il Perù, la Thailandia, l’India e la Giordania sono spesso sinonimo di vacanza per gli occidentali, Paesi in cui fare viaggi mozzafiato e di cui si conoscono solo due o tre località “da sogno”. Ma ogni nazione conserva la propria identità storica e culturale così come risvolti crudi e drammatici, spesso ignorati. È il caso della Giordania, meta turistica molto in voga negli ultimi anni e associata in primis a Petra, la suggestiva città scavata nella roccia. Ma cos’altro si conosce di questo stato arabo? Come vive il suo popolo? Ce lo racconta in esclusiva il fotografo italiano Federico Feliciotti attraverso una serie di scatti inediti realizzati in Giordania nel febbraio 2023. 

Il viaggio di Feliciotti in Giordania inizia proprio con intenzioni turistiche. Immediatamente però decide di uscire dalle zone più frequentate e scoprire le tradizioni, le abitudini e le condizioni attuali del popolo giordano.
La Giordania è stato il primo paese del medio Oriente che ho visitato. Paesaggi mozzafiato, deserto e città ferme nel tempo. Questo era quello che mi ero sempre immaginato tra una foto e l’altra nel web. Non immaginavo che fosse molto, ma molto di più.” – ci racconta il fotografo – “ad esempio, non sapevo che la Giordania ospitasse rifugiati da circa 20 anni. Parliamo di una popolazione totale composta da dieci milioni di persone, fra cui mezzo milione di siriani rifugiati.

Federico Feliciotti mette il luce gli effetti che la crisi economica e il cambiamento climatico hanno avuto sulla vita del popolo giordano. I suoi scatti racchiudono l’essenza delle persone che ogni giorno si sforzano di sopravvivere, in mancanza di acqua, di cibo e di una casa confortevole in cui abitare. Il velo di nebbia che avvolge alcune fotografie concorre nel creare un’atmosfera drammatica, in altre invece il cielo azzurro e la luce gialla del sole illuminano la composizione, evidenziando la capacità delle persone di apprezzare la vita nonostante le difficoltà. La felicità e la spensieratezza si vede sui volti dei bambini ritratti da Federico: alcuni giocano a pallone in strada, altri lo guardano divertiti.
L’alternanza emotiva che i suoi scatti propongono crea una sensazione pesante, che stringe il cuore dello spettatore, ora perso con la mente nelle lande aride e desolate della Giordania.
Federico Feliciotti è stato ospite della mostra collettiva ImageNation a New York, dal 10 al 12 marzo 2023 a cura di Martin Vegas

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La quotidianità autentica delle foto di Tom Johnson

La quotidianità autentica delle foto di Tom Johnson

Tommaso Berra · 5 giorni fa · Photography

C’è qualcosa nelle foto di Tom Johnson che porta i soggetti ad essere sempre protagonisti fieri del momento immortalato. Che si tratti di progetti commerciali o di produzioni personali, il soggetti rappresentati dall’artista inglese sono sempre celebrati nella loro quotidianità e unicità.
Partito come fotografo per l’agenzia Magnum, ora Tom Johnson è un apprezzato fotografo con pubblicazioni e progetti internazionali, nei quali porta la sua predilezione per ambienti isolati come nuclei unici per i quali vale la pena raccontare storie al singolare.
Questa ricerca di imprimere storie autentiche si trasmette anche attraverso la narrazione dei momenti davanti ai quali si trova l’autore. Sul suo profilo Instagram con qualche riga ti testo è spiegato il momento in cui si è trovato davanti un buffo ragazzino con una cuffia da nuoto in testa, lo sguardo in camera di un signore che tiene in braccio un’oca finta o i passatempi di due gemelle vestite interamente di rosa.
Il movimento è senza dubbio un altro degli aspetti che non manca mai nelle fotografie di Johnson. Di questo prende l’espressività imprevista che crea nei soggetti e il momento, ancora una volta, unico, che non si ripeterà con la stessa esattezza o inesattezza, ma resterà una storia autentica.

La quotidianità autentica delle foto di Tom Johnson
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Le migliori fotografie dell’anno secondo Sony 

Le migliori fotografie dell’anno secondo Sony 

Giorgia Massari · 2 giorni fa · Photography

Tra meno di un mese, il 14 aprile 2023, a Londra inaugurerà l’annuale mostra di fotografia Sony World Photography Awards, giunta alla sua 16° edizione. Il progetto nasce da una collaborazione tra Sony e World Photography Organisation con l’obiettivo di celebrare i migliori fotografi provenienti da tutto il mondo, dagli emergenti ai professionisti. In attesa dell’inaugurazione che si terrà da Somerset House, SWPA annuncia i vincitori della categoria Open Competition, che concorreranno per aggiudicarsi il premio di Open Photographer of the Year 2023 e i cinque mila dollari in palio.
I giudici del concorso Open hanno ricevuto più di 200 mila immagini, il più alto numero di iscrizioni ricevute in sedici anni. Tra i numerosi scatti ne sono stati selezionati dieci, uno per ogni categoria stabilita. Natura e fauna selvatica, Ritrattistica, Street photography, Travel, Architettura, Lifestyle, Motion, Object, Natura morta, Paesaggio e Creatività sono i temi affrontati quest’anno.
Non dev’essere stata una scelta facile per i giudici e in particolare per Eric Scholsser, direttore artistica della Tbilisi Art Fair, giudice della competizione Open. Il risultato delle difficili scelte prese è la presenza di una varietà di stili, di luoghi e di colori che caratterizza ogni fotografia.

Tra i nomi internazionali in concorso c’è Giorgos Rousopoulous, che vince il premio per il miglior paesaggio, trasportando lo spettatore in Grecia, più esattamente nel Parco Nazionale di Pindus. Il miglior scatto Lifestyle di Azim Khan Ronnie mostra invece dei bambini di un villaggio in Bangladesh, ritratti in un momento di spensieratezza. Il premio per la categoria Architettura è vinto invece dal fotografo inglese Mark Benham con lo scatto The Silos, dai colori caldi e l’atmosfera metafisica.
Sono quattro gli scatti in bianco e nero che si aggiudicano i premi di categoria: Max Vere-Hodge con Ghosts (Viaggi), Dinorah Graue Obscura con Mighty Pair (Natura e fauna selvatica), Boris Eldagsen con Pseudomnesia (Creatività) e Andreas Mikonauschke con lo scatto Exhausted per la categoria Street Photography. Il bianco e nero si riconferma autentico e ribadisce che “una buona immagine non ha bisogno di colore”.
Sono invece preponderanti e brillanti i colori dello scatto vincitore della categoria Motion, aggiudicatosi da Zhenhuan Zhou, in cui il fotografo ritrae una cowgirl in sella a un cavallo in corsa, intento a frenare bruscamente per affrontare la curva. Dall’armonia cromatica sulla scala dei marroni è il ritratto di Charlie realizzato da Sughi Hullait (Ritratti) che racconta la storia di un gruppo di ragazzi inglesi che durante la pandemia costruirono uno skate park fai da te.
Il tema del riciclo e del rispetto ambientale è affrontato da Mieke Douglas nello scatto Recycled, vincitore della categoria Oggetto. Il suo scatto fluttuante ed etereo raffigura dei fiori fatti di carta e nastri che probabilmente galleggiano negli abissi, mettendo in luce una tematica delicata e attuale.
Il vincitore assoluto di questo concorso verrà annunciato il 13 aprile 2023 e darà il via alla mostra fotografica dell’anno, visitabile fino al primo maggio. 

Le migliori fotografie dell’anno secondo Sony 
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Il fotografo Miloš Nejezchleb invita a stare immobili

Il fotografo Miloš Nejezchleb invita a stare immobili

Giorgia Massari · 1 giorno fa · Photography

Nelle fotografie di Miloš Nejezchleb (1978) nulla si muove, tutto è immobile e statuario. Il fotografo ceco, vincitore di numerosi premi tra cui il Fine art Photographer of the year 2021, ha un approccio  fotografico concettuale e narrativo. I protagonisti sono spesso gruppi di persone, ritratti come manichini e tutti nella stessa posa rigida, come se fossero parte di una coreografia sincronizzata. Nella maggior parte dei casi i volti non sono visibili, privando i soggetti di una personalità e di caratteristiche specifiche. Questa scelta trasforma i corpi in sola materia, con l’unica funzione di comunicare attraverso le pose che Miloš decide di fargli assumere. Miloš Nejezchleb realizza infatti diversi scatti degli stessi soggetti, facendo loro cambiare posizione e creando così una narrazione in serie. Attraverso le fotografie, Miloš affronta argomenti sociali attuali e racconta storie personali ed emotive. Ne è un esempio la serie Stronger in cui Miloš mostra la rinascita della protagonista, a seguito di un momento di intenso dolore: le due versioni della stessa persona sono ritratte nell’atto di guardarsi negli occhi, scoprendosi e ricordandosi.  

Se da una parte la staticità degli scatti risulti asettica, dall’altra accentua la drammaticità del silenzio e colloca lo spettatore in un preciso momento sospeso nel tempo. I colori brillanti bilanciano la sensazione di inquietudine, donando un aspetto pop alle opere. L’estetica e l’armonia è ricercata quasi maniacalmente da Miloš, che cura ogni dettaglio in prima persona: dalla scenografia allo styling, dalla scelta dei luoghi alla post produzione.

Miloš Nejezchleb è stato recentemente ospite della mostra collettiva ImageNation a New York, dal 10 al 12 marzo 2023 a cura di Martin Vegas.

Il fotografo Miloš Nejezchleb invita a stare immobili
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