Surreale, cupo e fantastico, sono queste le caratteristiche dell’universo di Daniel Serva, giovane fotografo venezuelano che utilizza le immagini per esprimere emozioni e stati d’animo che prova, ma impossibili da descrivere a parole.

Protagonista di questo mondo è lui stesso: il fotografo si immortala in autoritratti in cui, grazie alla fase di editing e attraverso la fotomanipolazione, prendono forma scene straordinarie e irreali che invitano lo spettatore a lasciarsi andare e farsi trasportare in un viaggio che come fine ultimo ha la scoperta del nostro io più nascosto.
E se all’inizio le sue immagini possono intimorire e lasciare scioccati, basterà fare qualche passo in più all’interno del suo immaginario per non riuscire più a farne a meno.
Un viaggio, quello alla scoperta della produzione artistica di Daniel Serva, che parte dal suo profilo Instagram e arriva ad alcuni appuntamenti ed eventi più attesi, come ImageNation Milan.
In attesa dell’inaugurazione della tappa milanese di ImageNation, prevista per il 24 settembre, abbiamo fatto qualche domanda a Daniel Serva e ne abbiamo approfittato per parlare di quello che vedremo alla mostra, ma anche del suo percorso e di cosa significa per lui la fotografia. Non perdetevi l’intervista qui sotto!
Come hai iniziato ad avvicinarti alla fotografia. C’è un momento particolare che ti ricordi?
Ho avuto il mio primo incontro con una macchina fotografica a 12 anni. Mio padre è sempre stato appassionato di fotografia e ne portava una con sé ad ogni riunione e viaggio di famiglia. Ripensandoci oggi, un momento particolare mi viene in mente: stavo studiando all’università all’estero e una sera, da solo nel mio appartamento, volevo esprimere in un disegno quello che provavo, ma il disegno non era affatto buono. Fu allora che pensai di prendere la mia macchina fotografica e cercare di creare quella scena in un’immagine. Ho preso la mia macchina fotografica, ho scattato alcune foto e poi ho iniziato l’editing. Ne venne fuori una foto un po’ cupa, ma ricordo ancora quanto fosse stato liberatorio per me crearla. A quel tempo identificarmi come un ragazzo omosessuale in un paese dell’America Latina era impensabile e riuscire a catturare quello che sentivo e che non potevo esprimere in un’immagine che urlava senza parole è stato liberatorio, da allora non ho potuto smettere di creare.
Descrivi il tuo stile fotografico. Come sei arrivato a questo punto della tua carriera?
Sono attratto dalla creazione dell’impossibile, amo creare immagini con un tocco surreale e a volte un po’ di umorismo. Però, sempre con l’intenzione di immergere lo spettatore in un mondo dove la realtà svanisce e di invitare chi guarda a immergersi dentro loro stessi, per scoprire che siamo molto di più di quello che la mente limitata può capire.
Ho iniziato a imparare la fotografia da autodidatta facendo il progetto 365 (in cui si deve creare una nuova immagine ogni giorno per un anno). A metà del progetto, più persone hanno cominciato a seguirlo, Instagram mi ha intervistato e ha pubblicato il mio lavoro sul loro account ufficiale. Dopo di che, cominciarono ad arrivare le opportunità di lavorare con agenzie e grandi marchi come Adobe e Shutterstock.
Cosa vuoi raccontare attraverso i tuoi scatti?
La risposta a questa domanda cambia di pari passo con ciò che faccio. In questa fase della mia vita i pezzi che creo sono un costante promemoria che il concetto di ciò che chiamiamo “reale” è relativo, che la mente limitata può avere un’idea della realtà e può farci credere che dobbiamo soddisfare certi standard, vivere in un certo modo. Ma no, non ci sono limiti. E c’è tanta bellezza nell’abbracciare l’oscurità, quanta ce n’è nella luce.

Per te e per gli scatti che fai, quanto è importante la fase di editing?
È vitale. Tutto inizia nella mia mente, con un’idea, poi comincio a cercare una location, gli oggetti di scena se necessario e poi arriva lo scatto della foto. Ma questo è solo l’inizio, perché è qui, nella fase di editing, che tutto il resto prende forma. Si può dire che ci sono due fasi. La ricerca e la raccolta dei file di base e poi il processo di assemblaggio o creazione sul computer.

Una domanda più tecnica.
Quale attrezzatura usi per fotografare e quali programmi usi per la post-produzione?
Per editare uso sempre Photoshop e vi sembrerà strano ma attualmente sto per mandare in pensione la mia vecchia Canon t4i. Tutto quello che ho scattato finora è stato con una vecchia macchina fotografica semi-professionale. Mi mancherà perché mi piace vedere la reazione degli altri fotografi quando sanno che tutto quello che ho creato finora è stato fatto con una macchina fotografica molto semplice e con diversi anni di utilizzo. Penso che l’attrezzatura che hai aiuta molto, ma non è la cosa più importante.
Cosa vedranno coloro che decideranno di visitare la mostra ImageNation Milan a settembre?
ImageNation è sempre un invito per l’anima a prendere il volo, è una festa di sensazioni e sono molto felice di poter partecipare per la seconda volta. Ho avuto il piacere di vedere il lavoro di molti degli artisti che esporranno a Milano e sono stupito dalla sensibilità e dalla maestria tecnica che mostrano nei loro pezzi. È un must se si vuole vedere il lavoro di artisti affermati ed emergenti di grande talento.




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