Da lunedì alle 9:00 sono disponibili in Italia le puntate 3 e 4 di The Last Dance, il documentario definitivo sulla dinastia dei Chicago Bulls di Michael Jordan.

Se la prima e la seconda si sono concentrate rispettivamente sugli inizi della carriera di Michael e sul peso che Scottie Pippen aveva all’interno di quel gruppo, la terza e parte della quarta puntata sono dedicate a Dennis, detto “il verme”, Rodman.

Nato a Trenton, New Jersey, nel 1961, ha vissuto almeno 3 delle nostre vite.
Controverso, unico, irripetibile.
Ha sposato se stesso vestito da sposa alla presentazione di un suo libro, amico del dittatore Kim Jong-un (è stato suo ospite in diverse occasioni), alla domanda: “quale indumento avresti voluto indossare nella tua vita” (siamo qui proprio per questo), ha risposto, “il preservativo”, vincitore di 5 titoli NBA, miglior rimbalzata della medesima NBA per 7 anni consecutivi, Hall-of-Famer, difensore abbacinante, scienziato del gioco e fashion icon incompreso.

Noi oggi vogliamo celebrare Dennis Rodman come precursore dei tempi, un archetipo di stile, un anticipatore inconsapevole dei trend che, dopo quasi un quarto di secolo, risultano estremamente attuali.
Quello che afferma l’account twitter @cowboybagel è estremamente vero, Rodman ha tracciato una strada.
Ha miscelato stili diversi, ha abbattuto tutti gli stereotipi in modo netto e drastico, promuovendo una fluidità di genere che oggi è uno dei temi centrali della moda contemporanea e ha contribuito a costruire uno stile fondato sull’autenticità e sulla personalità.
In un mondo dominato dall’emulazione, guidato dalla metrica dettata da influencer tutti uguali, Dennis Rodman è un raro esempio di unicità nella nostra contemporaneità.

Un’icona pop, un iconoclasta degli anni ’90 che, in un momento intellettualmente dominato dal disinteresse e che “premia” la cultura del gregge, Rodman spariglia le carte allo stesso modo in cui lo faceva quasi 25 anni fa.
