Trasformare un sogno in un Compasso d’Oro, la storia di Vibram Furoshiki

Trasformare un sogno in un Compasso d’Oro, la storia di Vibram Furoshiki

Tommaso Berra · 5 mesi fa · Design

Il Compasso d’Oro è forse il maggior riconoscimento internazionale per i progetti di design industriale, Vibram è riuscita a vincerlo con la sua Furoshiki, trasformando un sogno in uno dei progetti più rilevanti nella storia dell’innovazione tecnologica e del design.
Collater.al ha incontrato Masaya Hashimoto, il designer che ha partecipato allo sviluppo del progetto dalle sue origini, ascoltando una storia che racconta molto del design e del suo ruolo culturale e sociale; partendo dalle tradizioni del Giappone per creare una wrapping sole, un concetto innovativo che può condurre a un nuovo comportamento, a un nuovo modo di intendere le scarpe.

Come è nato il progetto Vibram Furoshiki?
Nel 2011 lavoravo nello studio di design di Isao Hosoe, che in quel momento stava collaborando con Vibram su un concept innovativi intorno al futuro della suola, una delle idee era quella di ridurre la quantità di stampi per ogni suola. Solitamente per ogni modello ci sono 10/12 stampi a seconda della numerata di suole, un obiettivo dell’azienda era quello di ottimizzare tempi e costi di produzione, creando così un nuovo prodotto più sostenibile sotto vari aspetti. Con il team R&D di Vibram abbiamo iniziato quindi a pensare a come integrare più numeri in un singolo stampo, una ricerca complessa perché la tomaia solitamente non si adatta a diversi numeri. Il prototipo che si è rivelato vincente è stato realizzato con gomma liquida, una lastra trasparente e del tessuto, dall’intuizione di avvolgere il piede in una suola accoppiata al tessuto. Appena calzato, abbiamo capito subito che funzionava. 

Masaya | Collater.al

Com’è stato lavorare ai dettagli più tecnici del progetto, riuscire a creare una scarpa bella e resistente inseguendo però un approccio essenziale negli elementi? C’è qualcosa in particolare che ha ispirato il design di Vibram Furoshiki?
Io lavoro con la metodologia italiana del filone di Gio Ponti o Alberto Rosselli, il mio maestro però è Isao Hosoe, la cultura di furoshiki è connessa a quella giapponese. La forma nasce da un telo porta oggetti, che storicamente serve a contenere un regalo che si porta in dono a qualcuno. Furoshiki è un modo per proteggere e svelare un prodotto con sorpresa. Ogni furoshiki è legato al contenuto e alla stagione, sono personalizzati in base all’occasione o all’abbigliamento, un concetto simile a quello che ci fa scegliere le scarpe in base all’umore, ognuno indossa quelle che lo rappresenta al meglio.

Vibram Furoshiki ha trasformato un oggetto storicamente anonimo, che doveva dare importanza al contenuto, in un meccanismo inverso, con il contenitore che diventa l’oggetto e il contenuto (il piede) che non si svela, quindi è anonimo e, per di più, si adatta ad ogni conformità e tipologia di piede. È stato fondamentale il ruolo di Vibram da un punto di vista di innovazione tecnologia e per lo sviluppo del prodotto da concept a suola che avvolge il piede; è stata importante anche la scelta dei tessuti, alcuni modelli per esempio sono realizzati insieme a un’azienda che produce costumi da bagno, l’elasticità del loro tessuto ci ha aiutato.

Inventare un prodotto per la prima volta è faticoso ma divertente, bisogna pensare a tutto, dal metodo di produzione fino a quello di analisi e vendita. Non è stato difficile perché lavoravamo con tecnici Vibram preparati. Il design è un gioco, bisogna combinare tecnologia e cultura, se il design non diverte diventa noioso, si sente la sofferenza. Il design è creare un nuovo comportamento, condurre a un nuovo comportamento. Le Vibram Furoshiki sono questo, non più un oggetto che va calzato ma un oggetto che va avvolto, già il gesto è differente.

Masaya | Collater.al

“Ho imparato che in occidente cerchiamo di ragionare con la testa, però il momento di decisione importante e più gratificante si fa con la pancia. Il mondo moderno ragiona con la testa ma il corpo ha un’esperienza storica più lunga, e l’esperienza che ha accumulato viene da bisogni più profondi, legati a paura ed emotività. È importante abbassare il livello di emozione e emotività, per non creare problemi.
Nel design e nella creatività la maggior fonte di energia è l’emozione, se neghi l’emozione il design diventa piattissimo. Bisogna quindi regolarsi e canalizzare l’emotività in modo intelligente al consumatore finale. Il rischio è fare una pazzia, l’eccesso di creatività va bene per i fisici come Einstein, ma a lui serviva per uscire dalla logica”.

Alla figura di stilista si è sostituito negli ultimi anni il concetto di designer, cosa pensa di questo cambiamento del modo di definire chi crea una collezione, può far perdere il senso della progettazione, dello studio tecnico dei materiali e delle forme?

Nella storia ci sono stilisti che avrebbero potuto vincere il Compasso D’Oro, come Giorgio Armani o Coco Chanel, perché hanno creato con un’innovazione. Chanel ha creato l’idea di una donna moderna che entrava nella società del lavoro, Armani ha portato la qualità della sartoria nel mondo industriale. Ci sono prodotti di moda che potrebbero vincere grandi riconoscimenti di design ma ora il mondo della moda un po’ si è appiattito, perché progettare prevede anche molti rischi.
Oggi il mercato è saturo, prima si guardava il mondo del design in relazione alle innovazioni che proponeva, ora si guarda alla filosofia del brand e ai sui concetti, cose sulle quali non hai troppo rischio imprenditoriale ma che ti aiutano a reggere l’ondata di prodotti che sei chiamato a produrre. Il design è cambiato dal punto di vista imprenditoriale e questo ha cambiato anche l’approccio alla produzione, non è facile presentare innovazioni.

Masaya | Collater.al

Quando guardi Vibram Furoshiki ti senti più design di moda o di prodotto?
Di prodotto, perché il prodotto è appunto “prodotto”, ovvero qualcosa di creato e venduto. Se faccio il cuoco sono un designer di prodotto, cucino e vendo, prima di tutto però lo penso in base alle esigenze dei miei ospiti. Il designer deve accogliere richieste e coccolare in qualche maniera i clienti, con gli strumenti che ho a disposizione. 

Si aspettava il successo delle Vibram Furoshiki quando è stata progettata? Il Compasso D’Oro del 2018 ha aiutato ad aprire il modello al grande pubblico?
Ogni progetto che faccio provo a portarlo allo stesso livello, poi per me è importante il giudizio del mondo esterno, capire cosa la gente pensa per sapere se quell’idea può avere potenziale. Prima non riesco a capirlo.
Con Furoshiki abbiamo vinto anche due importanti premi, DFA Design For Asia dell’Hong Kong Design Center e il DIA Design Intelligence Award. In quest’ultimo Vibram è stata invitata come progetto europeo, è stato un riconoscimento molto faticoso da ottenere. Questi due premi sono stati importanti perché è la prima volta che una scarpa europea approccia a tutte le diversità di piedi, la forma dei piedi asiatica è diversa da quella occidentale e le scarpe non si adattano bene. Sono sicuro che nei prossimi anni cambierà la cultura della scarpa e della suola.

Trasformare un sogno in un Compasso d’Oro, la storia di Vibram Furoshiki
Design
Trasformare un sogno in un Compasso d’Oro, la storia di Vibram Furoshiki
Trasformare un sogno in un Compasso d’Oro, la storia di Vibram Furoshiki
1 · 4
2 · 4
3 · 4
4 · 4
Oltre Petra, la Giordania attraverso le foto di Federico Feliciotti

Oltre Petra, la Giordania attraverso le foto di Federico Feliciotti

Giorgia Massari · 6 giorni fa · Photography

Stati come il Perù, la Thailandia, l’India e la Giordania sono spesso sinonimo di vacanza per gli occidentali, Paesi in cui fare viaggi mozzafiato e di cui si conoscono solo due o tre località “da sogno”. Ma ogni nazione conserva la propria identità storica e culturale così come risvolti crudi e drammatici, spesso ignorati. È il caso della Giordania, meta turistica molto in voga negli ultimi anni e associata in primis a Petra, la suggestiva città scavata nella roccia. Ma cos’altro si conosce di questo stato arabo? Come vive il suo popolo? Ce lo racconta in esclusiva il fotografo italiano Federico Feliciotti attraverso una serie di scatti inediti realizzati in Giordania nel febbraio 2023. 

Il viaggio di Feliciotti in Giordania inizia proprio con intenzioni turistiche. Immediatamente però decide di uscire dalle zone più frequentate e scoprire le tradizioni, le abitudini e le condizioni attuali del popolo giordano.
La Giordania è stato il primo paese del medio Oriente che ho visitato. Paesaggi mozzafiato, deserto e città ferme nel tempo. Questo era quello che mi ero sempre immaginato tra una foto e l’altra nel web. Non immaginavo che fosse molto, ma molto di più.” – ci racconta il fotografo – “ad esempio, non sapevo che la Giordania ospitasse rifugiati da circa 20 anni. Parliamo di una popolazione totale composta da dieci milioni di persone, fra cui mezzo milione di siriani rifugiati.

Federico Feliciotti mette il luce gli effetti che la crisi economica e il cambiamento climatico hanno avuto sulla vita del popolo giordano. I suoi scatti racchiudono l’essenza delle persone che ogni giorno si sforzano di sopravvivere, in mancanza di acqua, di cibo e di una casa confortevole in cui abitare. Il velo di nebbia che avvolge alcune fotografie concorre nel creare un’atmosfera drammatica, in altre invece il cielo azzurro e la luce gialla del sole illuminano la composizione, evidenziando la capacità delle persone di apprezzare la vita nonostante le difficoltà. La felicità e la spensieratezza si vede sui volti dei bambini ritratti da Federico: alcuni giocano a pallone in strada, altri lo guardano divertiti.
L’alternanza emotiva che i suoi scatti propongono crea una sensazione pesante, che stringe il cuore dello spettatore, ora perso con la mente nelle lande aride e desolate della Giordania.
Federico Feliciotti è stato ospite della mostra collettiva ImageNation a New York, dal 10 al 12 marzo 2023 a cura di Martin Vegas

Oltre Petra, la Giordania attraverso le foto di Federico Feliciotti
Photography
Oltre Petra, la Giordania attraverso le foto di Federico Feliciotti
Oltre Petra, la Giordania attraverso le foto di Federico Feliciotti
1 · 20
2 · 20
3 · 20
4 · 20
5 · 20
6 · 20
7 · 20
8 · 20
9 · 20
10 · 20
11 · 20
12 · 20
13 · 20
14 · 20
15 · 20
16 · 20
17 · 20
18 · 20
19 · 20
20 · 20
La quotidianità autentica delle foto di Tom Johnson

La quotidianità autentica delle foto di Tom Johnson

Tommaso Berra · 5 giorni fa · Photography

C’è qualcosa nelle foto di Tom Johnson che porta i soggetti ad essere sempre protagonisti fieri del momento immortalato. Che si tratti di progetti commerciali o di produzioni personali, il soggetti rappresentati dall’artista inglese sono sempre celebrati nella loro quotidianità e unicità.
Partito come fotografo per l’agenzia Magnum, ora Tom Johnson è un apprezzato fotografo con pubblicazioni e progetti internazionali, nei quali porta la sua predilezione per ambienti isolati come nuclei unici per i quali vale la pena raccontare storie al singolare.
Questa ricerca di imprimere storie autentiche si trasmette anche attraverso la narrazione dei momenti davanti ai quali si trova l’autore. Sul suo profilo Instagram con qualche riga ti testo è spiegato il momento in cui si è trovato davanti un buffo ragazzino con una cuffia da nuoto in testa, lo sguardo in camera di un signore che tiene in braccio un’oca finta o i passatempi di due gemelle vestite interamente di rosa.
Il movimento è senza dubbio un altro degli aspetti che non manca mai nelle fotografie di Johnson. Di questo prende l’espressività imprevista che crea nei soggetti e il momento, ancora una volta, unico, che non si ripeterà con la stessa esattezza o inesattezza, ma resterà una storia autentica.

La quotidianità autentica delle foto di Tom Johnson
Photography
La quotidianità autentica delle foto di Tom Johnson
La quotidianità autentica delle foto di Tom Johnson
1 · 11
2 · 11
3 · 11
4 · 11
5 · 11
6 · 11
7 · 11
8 · 11
9 · 11
10 · 11
11 · 11
Le migliori fotografie dell’anno secondo Sony 

Le migliori fotografie dell’anno secondo Sony 

Giorgia Massari · 2 giorni fa · Photography

Tra meno di un mese, il 14 aprile 2023, a Londra inaugurerà l’annuale mostra di fotografia Sony World Photography Awards, giunta alla sua 16° edizione. Il progetto nasce da una collaborazione tra Sony e World Photography Organisation con l’obiettivo di celebrare i migliori fotografi provenienti da tutto il mondo, dagli emergenti ai professionisti. In attesa dell’inaugurazione che si terrà da Somerset House, SWPA annuncia i vincitori della categoria Open Competition, che concorreranno per aggiudicarsi il premio di Open Photographer of the Year 2023 e i cinque mila dollari in palio.
I giudici del concorso Open hanno ricevuto più di 200 mila immagini, il più alto numero di iscrizioni ricevute in sedici anni. Tra i numerosi scatti ne sono stati selezionati dieci, uno per ogni categoria stabilita. Natura e fauna selvatica, Ritrattistica, Street photography, Travel, Architettura, Lifestyle, Motion, Object, Natura morta, Paesaggio e Creatività sono i temi affrontati quest’anno.
Non dev’essere stata una scelta facile per i giudici e in particolare per Eric Scholsser, direttore artistica della Tbilisi Art Fair, giudice della competizione Open. Il risultato delle difficili scelte prese è la presenza di una varietà di stili, di luoghi e di colori che caratterizza ogni fotografia.

Tra i nomi internazionali in concorso c’è Giorgos Rousopoulous, che vince il premio per il miglior paesaggio, trasportando lo spettatore in Grecia, più esattamente nel Parco Nazionale di Pindus. Il miglior scatto Lifestyle di Azim Khan Ronnie mostra invece dei bambini di un villaggio in Bangladesh, ritratti in un momento di spensieratezza. Il premio per la categoria Architettura è vinto invece dal fotografo inglese Mark Benham con lo scatto The Silos, dai colori caldi e l’atmosfera metafisica.
Sono quattro gli scatti in bianco e nero che si aggiudicano i premi di categoria: Max Vere-Hodge con Ghosts (Viaggi), Dinorah Graue Obscura con Mighty Pair (Natura e fauna selvatica), Boris Eldagsen con Pseudomnesia (Creatività) e Andreas Mikonauschke con lo scatto Exhausted per la categoria Street Photography. Il bianco e nero si riconferma autentico e ribadisce che “una buona immagine non ha bisogno di colore”.
Sono invece preponderanti e brillanti i colori dello scatto vincitore della categoria Motion, aggiudicatosi da Zhenhuan Zhou, in cui il fotografo ritrae una cowgirl in sella a un cavallo in corsa, intento a frenare bruscamente per affrontare la curva. Dall’armonia cromatica sulla scala dei marroni è il ritratto di Charlie realizzato da Sughi Hullait (Ritratti) che racconta la storia di un gruppo di ragazzi inglesi che durante la pandemia costruirono uno skate park fai da te.
Il tema del riciclo e del rispetto ambientale è affrontato da Mieke Douglas nello scatto Recycled, vincitore della categoria Oggetto. Il suo scatto fluttuante ed etereo raffigura dei fiori fatti di carta e nastri che probabilmente galleggiano negli abissi, mettendo in luce una tematica delicata e attuale.
Il vincitore assoluto di questo concorso verrà annunciato il 13 aprile 2023 e darà il via alla mostra fotografica dell’anno, visitabile fino al primo maggio. 

Le migliori fotografie dell’anno secondo Sony 
Photography
Le migliori fotografie dell’anno secondo Sony 
Le migliori fotografie dell’anno secondo Sony 
1 · 10
2 · 10
3 · 10
4 · 10
5 · 10
6 · 10
7 · 10
8 · 10
9 · 10
10 · 10
Il fotografo Miloš Nejezchleb invita a stare immobili

Il fotografo Miloš Nejezchleb invita a stare immobili

Giorgia Massari · 1 giorno fa · Photography

Nelle fotografie di Miloš Nejezchleb (1978) nulla si muove, tutto è immobile e statuario. Il fotografo ceco, vincitore di numerosi premi tra cui il Fine art Photographer of the year 2021, ha un approccio  fotografico concettuale e narrativo. I protagonisti sono spesso gruppi di persone, ritratti come manichini e tutti nella stessa posa rigida, come se fossero parte di una coreografia sincronizzata. Nella maggior parte dei casi i volti non sono visibili, privando i soggetti di una personalità e di caratteristiche specifiche. Questa scelta trasforma i corpi in sola materia, con l’unica funzione di comunicare attraverso le pose che Miloš decide di fargli assumere. Miloš Nejezchleb realizza infatti diversi scatti degli stessi soggetti, facendo loro cambiare posizione e creando così una narrazione in serie. Attraverso le fotografie, Miloš affronta argomenti sociali attuali e racconta storie personali ed emotive. Ne è un esempio la serie Stronger in cui Miloš mostra la rinascita della protagonista, a seguito di un momento di intenso dolore: le due versioni della stessa persona sono ritratte nell’atto di guardarsi negli occhi, scoprendosi e ricordandosi.  

Se da una parte la staticità degli scatti risulti asettica, dall’altra accentua la drammaticità del silenzio e colloca lo spettatore in un preciso momento sospeso nel tempo. I colori brillanti bilanciano la sensazione di inquietudine, donando un aspetto pop alle opere. L’estetica e l’armonia è ricercata quasi maniacalmente da Miloš, che cura ogni dettaglio in prima persona: dalla scenografia allo styling, dalla scelta dei luoghi alla post produzione.

Miloš Nejezchleb è stato recentemente ospite della mostra collettiva ImageNation a New York, dal 10 al 12 marzo 2023 a cura di Martin Vegas.

Il fotografo Miloš Nejezchleb invita a stare immobili
Photography
Il fotografo Miloš Nejezchleb invita a stare immobili
Il fotografo Miloš Nejezchleb invita a stare immobili
1 · 11
2 · 11
3 · 11
4 · 11
5 · 11
6 · 11
7 · 11
8 · 11
9 · 11
10 · 11
11 · 11