L’infanzia è il momento nel quale conosciamo il mondo non attraverso i suoi concetti esistenziali, un viaggio tipico dell’età adulta, ma bensì attraverso le sue forme. Questo momento in cui iniziano a incrociarsi ricordi, inconscio e esperienze fisiche è il punto di partenza dell’arte di Oliviero Fiorenzi. Tra Le opere più utili a capire la cifra stilistica dell’artista nato a Osimo nel 1992 c’è la serie Otto Cieli, esposta fino al 12 novembre alla galleria The Address di Brescia.
L’elemento scelto da Fiorenzi per sperimentare l’arte come gioco imprevedibile è l’aquilone, un giocattolo ma anche una metafora visiva, realizzata in otto differenti versioni, pensati come soggetti e stati d’animo: il caso, la lotta, il gioco, la passione, la paura, lo stupore, la scoperta, la contemplazione.




Gli otto aquiloni di Oliviero Fiorenzi sono intesi come otto sensazioni, ma anche -come suggerisce il titolo della mostra- come otto cieli, un numero di visioni del mondo che ha precise strutture geometriche, colori e segni che si intrecciano, portando a sempre nuovi modi di volare e reagire al cielo.
“Gli aquiloni mi hanno sempre affascinato. – Afferma l’artista – Penso al vento come un motore poetico, lontano dal controllo dell’uomo, capace di spostare nel tempo anche le montagne, impossibile da imbrigliare, disposto solo a scorrere e a soffiare. Insieme al mare, il vento è uno degli elementi dello spazio aperto con cui mi sono confrontato. Sempre alla ricerca dell’imprevedibile variabilità che finisce con il modificare l’installazione-oggetto-scultura, sfuggendo completamente al mio controllo.”
L’artista ha documentato i mesi passati a sperimentare le tecniche di costruzione degli aquiloni, documentando tutto attraverso materiali fotografici e audiovisivi. Per la progettazione è stato importante il lavoro della fabbrica di tessuti Majocchi.

















