Anche se il 2019 di Blade Runner e di tutto l’immaginario cinematografico cyberpunk, non sembra poi così vicino, la rivoluzione del nuovo millennio è comunque rappresentata dall’intelligenza artificiale. Non abbiamo ancora auto e skateboard volanti per le strade, ne corse e sfide all’ultimo sangue a bordo di motociclette, ma le realtà imprenditoriali più importanti del pianeta sono già da tempo impegnate nello sviluppo del settore. Dallo studio dei meccanismi e le tecniche di riconoscimento vocale alle reti neurali, e gli algoritmi per il riconoscimento delle immagini.
Le macchine possono imparare, come l’interfaccia Netflix che usate ogni giorno, come Facebook. Il machine learning, appunto, è la categoria della scienza informatica che dà ai computer l’abilità di imparare senza che siano stati esplicitamente programmati. Si estraggono i “pattern”, cioè degli schemi, che vengono utilizzati per fare delle previsioni.
E Machine Learning è anche il nome della seconda parte di Hype Cycle, una serie di brevi film che esplorano l’interazione tra l’uomo e la macchina a partire dalle nuove tecnologie.
Ambientati in uno studio di danza, i tre corti mostrano un ballerino che insegna ai robot Hizzy, Polly e Harmony, come muoversi. Man mano che le abilità dei robot si sviluppano da una mimica traballante a una padronanza composta, emerge un dialogo fisico tra l’uomo e la macchina: mimare, equilibrare, sfidare, competere, superare.
Da questo scaturiscono subito una serie di domande: i robot possono o potranno tenere il passo con il ballerino? Un robot potrebbe mai esibirsi solo per piacere? Dare a una macchina un nome e una capacità, corrisponde a dargli un’anima? Gli androidi sognano pecore elettriche?
Divertitevi.