Negli ultimi anni l’Intelligenza Artificiale ha rivoluzionato in modo intenso moltissimi settori, non ultimo quello della fotografia. L’integrazione dell’AI nella fotografia ha aperto un mondo di possibilità, consentendo ai fotografi di disporre di strumenti potenti non solo per migliorare la loro creatività e produrre immagini straordinarie, argomento più spinoso e dibattuto, ma anche per semplificare i flussi di lavoro. Dai processi di modifica automatizzati al riconoscimento intelligente delle immagini, l’AI sta rimodellando il modo in cui si creano, modificano e condividono le fotografie. I puristi delle immagini diranno che attraverso l’AI ogni immagine, anche la più surreale e svincolata dalla realtà, diventa fattibile, contrariamente a quanto succede con la fotografia che ha bisogno di uno strumento ottico per essere realizzata. Il potenziale di questa nuova tecnologia sta, a mio avviso, nel modo in cui la si percepisce: come un mezzo o come un fine. Una cosa è certa, l’AI sta trasformando il paesaggio fotografico e il futuro della narrazione visiva e ognuno dovrà imparare a conviverci.


Se si guarda al passato, abbiamo già vissuto altri passaggi epocali molto simili. Con l’ingresso della fotografia, per esempio, la pittura ha potuto svincolarsi dalla sua funzione documentaristica passando il testimone alla nuova pratica. La stessa cosa, è successa con l’introduzione della fotografia digitale e con i software di post-produzione: una minaccia iniziale che ha aperto nuove possibilità per la fotografia (generando anche nuove professionalità) e che ha restituito alla fotografia analogica un’aura di autenticità che rischiava di andare persa (sebbene gli interventi di post produzione fossero possibili anche in camera oscura). L’automatizzazione dei processi di editing, il riconoscimento di pattern negli stili di editing e la loro replica su più immagini attraverso l’AI garantiscono coerenza in una serie di fotografie, consentendo un notevole risparmio di tempo per i fotografi. Inoltre, l’intelligenza artificiale ha dimostrato un grande potenziale nel restauro e nell’upscaling delle immagini. Con l’aiuto di modelli di deep learning, vecchie fotografie danneggiate possono essere preservate consegnando ricordi preziosi per le generazioni a venire.


Inoltre, molti autori si avvalgono dell’AI durante il processo di realizzazione di proprie immagini. L’intelligenza artificiale può infatti analizzare lo stile di un singolo fotografo (a partire dalle sue foto) e suggerire nuovi approcci o composizioni che si allineano con le loro preferenze creative, spingendoli a sperimentare ed evolvere la loro visione artistica. A mio avviso, riservando all’AI una funzione meramente strumentale, si possono aprire scenari produttivi per fotografi che possono semplificare il workflow e migliorare le immagini, senza perdere la peculiarità della propria ricerca. Quello che si rimprovera alle immagini generate tramite AI (quindi tramite un prompt) è una sorta di appiattimento estetico, un’uniformità formale che le rende fin troppo facilmente identificabili, sebbene questa tecnologia stia imparando sempre più velocemente a simulare la realtà (ricordo che quando muoveva i primi passi, l’AI non era assolutamente in grado di ricreare le mani, cosa che adesso le riesce abbastanza bene).

Bisognerebbe educare lo sguardo alla lettura delle immagini, permettere a ognuno di noi di riconoscere un’immagine AI da una scattata. Questo passaggio diventa fondamentale soprattutto nella costruzione della realtà, nella ricerca delle informazioni necessarie a decodificare il Mondo che è sempre più legata alle immagini. Quello che va stabilito, è dunque l’utilizzo e la pratica dello sguardo legato alle AI, tema che andrebbe introdotto addirittura nelle scuole, visto che sempre più viviamo in una società costruita sulle immagini.


A sostegno di ciò, ad accompagnare il testo trovate dei lavori realizzati attraverso Intelligenza Artificiale da Andrea Baioni, fotografo italiano specializzato in fashion e backstage photography, che da qualche tempo sperimenta sia con Midjourney sia con Stable Diffusion, due dei principali software utilizzati per generare immagini. Il vostro sguardo si perderà cercando di capire se le immagini sono possibili o no, se delle modelle si sono davvero immerse nell’acqua con dei vestiti di Valentino, o addirittura se hanno davvero sfilato in passerella o è stato tutto creato grazie a un codice.
ph. courtesy Andrea Baioni