Era il 10 ottobre quando Marracash rompeva finalmente un silenzio durato 3 anni con un istrionico “il disco è chiuso”.
Sì, quasi 3 anni, perché se anche Persona ha richiesto solo 3 mesi della vita di Fabio per essere portato in vita, gli anni che ci sono voluti perché tornasse a parlare sono stati tanti e, nonostante questo, nessuno ha mai temuto che l’attesa potesse rivelarsi vana, che il risultato potesse non raggiungere le alte aspettative che da sempre ruotano attorno al King del nostro Rap.
Persona è un album pieno, è fatto di carne, di ossa, di sangue, di anima e di ego.
Persona è l’incontro tra Fabio e Marra, le due facce di una stessa medaglia, è frutto di un processo personale che ha richiesto solitudine, isolamento, in cui sentimenti negativi e momenti di disperazione sono serviti per scrivere un album che, al contrario di ciò che potrebbe sembrare, non è soltanto specchio di emozioni cupe ma il quadro completo dei due io di una sola persona.
Fabio e Marra diventano dei Frankenstein, dove c’è uno c’è anche l’altro ma:
Forse è la prima volta in cui a vincere è Fabio, Fabio ha ucciso il Marracash che gli è stato imposto.
Questo è un disco di Fabio, mi sono liberato del personaggio.

Perché in Persona non c’è solo quel riferimento evidente all’anatomia umana che da tempo desiderava di sezionare e indagare, ma anche l’esplorazione del concetto di personaggio, inteso come maschera, e per farlo è andato a scomodare, non solo nel significato ma anche dal punto di vista iconografico, l’omonimo film di Ingmar Bergman del 1966, non proprio cosa da tutti i giorni nel panorama rap, soprattutto se è il risultato di un confronto con il cantante di San Siro Venerus.
Un disco pieno, dicevamo, in cui il rapper si racconta senza paura, si parla allo specchio mentre parla con noi.
Lo fa quando, un po’ alla volta, svela i nomi e le storie che lo legano ai 9 artisti a cui ha affidato il racconto di una parte del suo corpo.
Gué Pequeno, Coez, Massimo Pericolo, Mahmood, tha Supreme e Sfera Ebbasta, Luchè, Madame e Cosmo.
Gli eletti, quelli che, dal suo punto di vista, hanno dei talenti che lui non ha, primo fra tutti quello di riuscire ad aggiungere qualcosa alla traccia in cui sono ospiti.
A ognuno di loro è stato affidato un piccolo pezzo del suo corpo e tutti sono riusciti nella complessa missione di definirlo.
A Guè Pequeno è toccato lo scheletro in “Qualcosa in cui credere”, un pezzo che racconta parte di quel periodo buio vissuto da Marra durante gli anni di silenzio. A Coez il cervello e “Quelli che non pensano”, uno dei brani che ha richiesto più lavoro, fosse solo per la pietra miliare a cui si ispira, “Quelli che benpensano” pubblicata dal rapper Frankie hi-nrg mc nel 1997. A Massimo Pericolo, rapper che dice essere simile a lui per umanità, empatia ma anche aggressività e passato, il sangue e “Appartengo”. Un testo crudo che parla di un background condiviso di cui entrambi rifiutano la mediocrità. Il pezzo con Mamhmood, “Non sono Marra” ossia la pelle, gioca con la somiglianza, superficiale, tra i due. “Se mi chiami Marra non mi chiedere se posso fare un’altra foto con te”, chiedigliela perché, secondo Fabio, l’Alessandro a cui si dà poca fiducia, è l’unico interprete italiano a fare musica Urban Pop, una sorta di Rosalia in grado di dare un altro volto alla nostra musica. A tha Supreme e Sfera Ebbasta è toccato l’ego smisurato con “Supreme”.
Quell’ego a cui Marra ci ha abituati e che gli permette di convivere con la consapevolezza di essere la voce più autorevole del rap italiano.Sfera Ebbasta Il re indiscusso della scena partenopea Luché canta “Sport” e di conseguenza parla di muscoli, il campionato che giocano è lo stesso ma a cambiare è il terreno. Uno lo fa sul ring, l’altro ha il Napoli che si allena in giardino ma entrambi hanno le qualità per segnare il gol decisivo. L’anima di Persona è di Madame, unica donna presente all’appello, che all’interno del disco ha una canzone che si chiama esattamente come lei. La giovanissima vicentina di 17 anni si è riuscita a ritagliare uno spazio, che ha riempito molto bene, fra i grandi. Poco conta se Marra ha pensato di averle chiesto troppo, poco conta se l’emozione le ha giocato un brutto scherzo all’inizio di questa esperienza. Madame è nel disco e nessun altro poteva essere al suo posto.
L’ultimo featuring è quello con Cosmo, a cui, a parer mio, ha dedicato alcune delle parole più belle. Con lui canta il brano che chiude il disco “Greta Thunberg” che del corpo è lo stomaco. 9 diverse anime musicali che si sono mischiate a quelle di Fabio e Marracash che, da solo, ha tirato fuori dal cilindro altri pezzi da 90 come “Body Parts”, i denti, “Poco di Buono”, il fegato, “Bravi a Cadere”, i polmoni, “Da buttare”, il cazzo, “Crudelia”, i nervi, “G.O.A.T”, il cuore e “Tutto questo niente”, gli occhi.
Un album colmo, stra colmo, di simboli e significati.
Dove dinamiche contemporanee di importante rilevanza sociale vengono affrontate con un linguaggio diretto, d’impatto e senza mezze misure.
Due fra tutte l’ansia e la salute mentale, tema ancora tabù nella cultura italiana ma mai per Marra che, non solo ne parla, ma lo fa con condizione di causa e con l’obiettivo di sdoganare certi pensieri fermi al Medioevo.
Poi l’utilizzo dei social media, la politica con rimandi diretti a Salvini, ai soldi e al sesso.
Un album che abbiamo aspettato per 3 anni, che ho cominciato ad ascoltare con forse fin troppa attenzione, come se cercassi qualcosa in particolare che sapevo avrei trovato.
Sì, perché quando conosci un artista, sai sempre cosa vorresti trovare nei suoi lavori e l’idea che qualcosa possa cambiare, almeno all’inizio, ti lascia sempre un po’ perplessa.
E quando tra un album e l’altro passa così tanto un po’ di paura ti viene.
Ma Fabio Rizzo aka Marracash ha una grande capacità che deriva da una grossa consapevolezza, quella di saper fare il suo riuscendo, ogni volta, a portarlo ad un livello superiore.
Se non si fosse capito il disco è una bomba ed è finalmente qui.