L’espressione post-internet art può risultare divisiva, a tratti incomprensibile. Facciamo un po’ di chiarezza su questa questione. Il termine nasce all’inizio degli anni 2000 quando Marisa Olson – visual artist e curatrice, al tempo collaboratrice di Rhizome – era alla ricerca di una definizione per descrivere il suo lavoro come visual artist, una combinazione di opere realizzate online e offline. Proprio per questo, l’intenzione di Olson non era quella di coniare un termine che indicasse il futuro dell’arte contemporanea dopo l’invenzione di Internet ma solo trovare un parola che aiutasse lei e il suo collettivo, Nasty Nets, a definire quel filone dell’arte che celebrava – non senza critiche – il mondo di Internet. A causa di molte incomprensioni questo termine e la sua inventrice hanno incontrato moltissime critiche nel corso degli anni.

Ad oggi, per Post-Internet art si intende il filone artistico che si occupa dell’impatto di Internet nel mondo dell’arte e della cultura. Diversamente dalla Net Art che utilizzava Internet come medium verso la fine degli anni ’90, i tempi sono cambiati. Ora artisti come Amalia Ulman, Jon Rafman e Cory Arcangel si avvalgono di contenuti provenienti dal Web per realizzare opere che facciano riflettere sul rapporto che abbiamo non solo con Internet ma anche con i social media.
- L’argentina Amalia Ulman ha utilizzato svariati medium nel corso degli anni partendo dalla pittura fino alle app per smartphone esplorando i collegamenti fra il consumismo e l’identita di genere, le classi sociali e l’estetica.


- Il successo di Jon Rafman arriva con 9 Eyes, una serie dove l’artista “rubava” alcuni scatti da Google Maps grazie alla modalità Street View. La sua critica nei confronti del mondo di Internet è arrivata molto lontano, incorporandone il ricco vocabolario e la cultura visuale per sviluppare narrazioni poetiche in grado di immortalare la tensione fra l’umano e la macchina proprio come è successo durante la sua ultima mostra, Ebrah K’dabri da Sprüth Magers a Berlino lo scorso aprile.

- Cory Arcangel è un altro post-internet artist che gioca con la pop culture attraverso tecniche come il digital hacking e la riconfigurazione. Arcangel utilizza la bot performance e strumenti di machine learning, come nel 2021 quando durante Century 21 – una sua personale a New York – veniva esposta Let’s Play: Hollywoord, un tipo di Deep-Q machine learning super computing system che può giocare a qualsiasi gioco open ended RPG in tempo reale.


Ph. courtesy Marisa Olson, Amalia Ulman, Jon Rafman, Cory Arcangel