Red Wing Shoes è al centro del mondo

Red Wing Shoes è al centro del mondo

Andrea Tuzio · 1 anno fa · Style

Ieri vi abbiamo parlato, anche se di striscio, dello show relativo alla prima collezione di Kenzo firmata dal nuovo direttore artistico della maison, Nigo. Precisamente ci siamo concentrati sugli occhiali Chanel indossati da Pharrell Williams – qui potete leggere l’articolo completo. 
Oggi invece partiamo sempre dallo show in questione che, oltre ad essere stato un nuovo e ottimo inizio per Kenzo, ha portato alle Gallerie Vivienne di Parigi, una serie di personaggi tra i più influenti del globo.
Kanye West e la sua nuova fiamma Julia Fox, Tyler The Creator e naturalmente Pharrell Williams erano tutti seduti in prima fila accanto proprio a Nigo.

Ciò che ha colpito la mia attenzione però sono state le scarpe indossate da Nigo, Pharrell, Tyler e Kanye – ma anche da tanti altri presenti alla sfilata – sapete perché? Perché erano tutte dello stesso brand, Red Wing Shoes

Partendo da questo particolare, che inevitabilmente proietta Red Wing nel gotha della moda contemporanea, abbiamo deciso di ripercorrere la lunghissima storia del brand fondato nel 1905 da Charles H. Beckman.

Dobbiamo partire da molto lontano e trasferirci in Minnesota, precisamente nella città di Red Wing. Tra la fine del 1800 e l’inizio del ‘900 la cittadina americana godeva di ottima salute, da un punto di vista industriale era il più importante produttore di grano del paese e i magazzini e le fabbriche ormai obsolete pian piano venivano sostituiti da laboratori e fabbriche, in un’espansione che coinvolse tutta la città anche grazie alla grandissima quantità di immigrati europei che si trasferivano negli Stati Uniti.

Charles Beckman era un commerciante di scarpe, un uomo d’affari intelligente e astuto che ebbe un’idea geniale per quei tempi. Si rese conto che la maggior parte dei lavoratori indossava scarpe non all’altezza, fatte male e che non duravano nel tempo. Il sig. Beckman intuì che sarebbe stata una buona idea che tutti i lavoratori avessero delle scarpe progettate appositamente per ogni tipo di lavoro. Nel 1905 quindi fondò la sua azienda di scarpe, la Red Wing Shoes, iniziando a fabbricare scarpe da lavoro su larga scala. 

I primi ad usufruire delle nuove scarpe Red Wing furono gli agricoltori e i coltivatori di grano – i veri responsabili della crescita economica di quella cittadina del Minnesota – che iniziarono ad indossare i Black & Brown Chief Shoe realizzati in pelle e “a prova di letame” nel 1912. Non abbiamo immagini o fotografie di questa scarpa ma pare che fosse uno stivale a strappo decorato sulla suola con le effige del famoso capo nativo americano, Chief Red Wing.

Lo scoppio della prima guerra mondiale però cambiò le carte in tavola. Gli uomini che lavoravano in fabbrica vennero chiamati a prestare servizio per il loro paese e vennero sostituiti dalle donne della città, che furono le protagoniste della realizzazione del famoso “Pershing Boot” o stivale 1088, la scarpa dell’esercito americano. Non lasciava entrare né acqua né l’umidità e proteggeva dal freddo, rendendola la scarpa perfetta per la trincea. Il loro successo fu talmente grande che gli stivali 1088 continuarono ad essere estremamente popolari anche dopo la fine della guerra.

La progressiva modernizzazione del paese portò l’industria del petrolio a diventare sempre più centrale nell’economia statunitense e tanti operai iniziarono a lavorare in questo campo. Naturalmente servivano delle scarpe ad hoc e Red Wing non si tirò indietro realizzando nel 1920 lo stivale chiamato Oil King, contraddistinto da una pelle molto resistente e un comfort mai provato prima.
Questi furono gli anni più prolifici per la Red Wing Shoes che divenne velocemente un’azienda molto importante, producendo calzature per ogni tipo di attività e persona come ad esempio l’equitazione, il tempo libero, stivali per ragazzi, quelli pensati appositamente per le donne, etc.

Tutto venne però fermato dalla Grande Depressione che colpì gli Stati Uniti nel 1929.
Ma come spesso saccade, è proprio in tempi difficili che arrivano le idee e le soluzioni migliori.
Proprio alla fine degli anni ’20 Red Wing iniziò a sperimentare un nuovo tipo di suola, quella in gomma. Un’innovazione che non solo ridusse in maniera drastica i costi di realizzazione delle scarpe ma diede la possibilità all’azienda di realizzare lo stivale n.99 che costava soltanto 0,99 dollari, in questo modo tutti, anche durante una crisi così forte da un punto di vista economico, potevano permettersi scarpe comode e resistenti per poter lavorare.

La seconda guerra mondiale rimise in sesto le finanze e gli affari dell’azienda grazie ai contratti stipulati con il governo per la produzione degli stivali in dotazione all’esercito, furono però gli anni ’50 ad essere importanti per Red Wing.
Nel 1952 l’azienda lanciò gli Irish Setter Sport Boots, un paio di stivali in pelle color mogano che richiamavano proprio il colore di un setter irlandese, poi arrivarono i Moc-Toe e i Postman Oxford. 
I Moc-Toe – in entrambe le versioni, l’originale 877 più alto e l’875 che arrivava poco sopra la caviglia – fecero il grande salto, passando da scarpe da lavoro a scarpe per il tempo libero, e tuttora sono tra gli stivali più venduti e iconici di Red Wing. Non a caso, i personaggi citati all’inizio di questo articolo, tranne Kanye, indossavano tutti proprio un paio di Moc-Toe.

Gli anni ’50, ’60 e ’70 furono degli ottimi anni per Red Wing, fino ad arrivare al 1987 con l’acquisizione della S.B. Foot Tanning Company. 
Gli anni ’80 però nn furono per nulla facili ma, grazie alla ritrovata passione per le escursioni nel decennio successivo, il brand ritrovò lo smalto degli anni ’50 e ’60. 
Nonostante gli anni ’90 siano stati importanti per Red Wing, la qualità dei prodotti iniziò a calare con la nascita di sub-label legate all’azienda e la loro produzione fuori dagli Stati Uniti. Ad oggi, per quel che ne sappiamo, quasi il 60% dell calzature Red Wing viene prodotto su territorio americano. La svolta decisiva, quella che ha (ri)portato Red Wing al centro del mondo, è stata la fondazione di Red Wing Heritage nel 2008.
La sezione Heritage del brand ha rimesso sul mercato i modelli più famosi e iconici di Red Wing, con una produzione completamente Made in USA che rispettava gli alti standard di un tempo. 

Una scelta che ha rimesso sulla mappa della moda contemporanea un workwear brand storico e importantissimo, proiettandolo – vedi l’incipit di questo articolo – nella stratosfera dell’hype che ad oggi domina le principali dinamiche del mercato.

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Oltre Petra, la Giordania attraverso le foto di Federico Feliciotti

Oltre Petra, la Giordania attraverso le foto di Federico Feliciotti

Giorgia Massari · 4 giorni fa · Photography

Stati come il Perù, la Thailandia, l’India e la Giordania sono spesso sinonimo di vacanza per gli occidentali, Paesi in cui fare viaggi mozzafiato e di cui si conoscono solo due o tre località “da sogno”. Ma ogni nazione conserva la propria identità storica e culturale così come risvolti crudi e drammatici, spesso ignorati. È il caso della Giordania, meta turistica molto in voga negli ultimi anni e associata in primis a Petra, la suggestiva città scavata nella roccia. Ma cos’altro si conosce di questo stato arabo? Come vive il suo popolo? Ce lo racconta in esclusiva il fotografo italiano Federico Feliciotti attraverso una serie di scatti inediti realizzati in Giordania nel febbraio 2023. 

Il viaggio di Feliciotti in Giordania inizia proprio con intenzioni turistiche. Immediatamente però decide di uscire dalle zone più frequentate e scoprire le tradizioni, le abitudini e le condizioni attuali del popolo giordano.
La Giordania è stato il primo paese del medio Oriente che ho visitato. Paesaggi mozzafiato, deserto e città ferme nel tempo. Questo era quello che mi ero sempre immaginato tra una foto e l’altra nel web. Non immaginavo che fosse molto, ma molto di più.” – ci racconta il fotografo – “ad esempio, non sapevo che la Giordania ospitasse rifugiati da circa 20 anni. Parliamo di una popolazione totale composta da dieci milioni di persone, fra cui mezzo milione di siriani rifugiati.

Federico Feliciotti mette il luce gli effetti che la crisi economica e il cambiamento climatico hanno avuto sulla vita del popolo giordano. I suoi scatti racchiudono l’essenza delle persone che ogni giorno si sforzano di sopravvivere, in mancanza di acqua, di cibo e di una casa confortevole in cui abitare. Il velo di nebbia che avvolge alcune fotografie concorre nel creare un’atmosfera drammatica, in altre invece il cielo azzurro e la luce gialla del sole illuminano la composizione, evidenziando la capacità delle persone di apprezzare la vita nonostante le difficoltà. La felicità e la spensieratezza si vede sui volti dei bambini ritratti da Federico: alcuni giocano a pallone in strada, altri lo guardano divertiti.
L’alternanza emotiva che i suoi scatti propongono crea una sensazione pesante, che stringe il cuore dello spettatore, ora perso con la mente nelle lande aride e desolate della Giordania.
Federico Feliciotti è stato ospite della mostra collettiva ImageNation a New York, dal 10 al 12 marzo 2023 a cura di Martin Vegas

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La quotidianità autentica delle foto di Tom Johnson

La quotidianità autentica delle foto di Tom Johnson

Tommaso Berra · 3 giorni fa · Photography

C’è qualcosa nelle foto di Tom Johnson che porta i soggetti ad essere sempre protagonisti fieri del momento immortalato. Che si tratti di progetti commerciali o di produzioni personali, il soggetti rappresentati dall’artista inglese sono sempre celebrati nella loro quotidianità e unicità.
Partito come fotografo per l’agenzia Magnum, ora Tom Johnson è un apprezzato fotografo con pubblicazioni e progetti internazionali, nei quali porta la sua predilezione per ambienti isolati come nuclei unici per i quali vale la pena raccontare storie al singolare.
Questa ricerca di imprimere storie autentiche si trasmette anche attraverso la narrazione dei momenti davanti ai quali si trova l’autore. Sul suo profilo Instagram con qualche riga ti testo è spiegato il momento in cui si è trovato davanti un buffo ragazzino con una cuffia da nuoto in testa, lo sguardo in camera di un signore che tiene in braccio un’oca finta o i passatempi di due gemelle vestite interamente di rosa.
Il movimento è senza dubbio un altro degli aspetti che non manca mai nelle fotografie di Johnson. Di questo prende l’espressività imprevista che crea nei soggetti e il momento, ancora una volta, unico, che non si ripeterà con la stessa esattezza o inesattezza, ma resterà una storia autentica.

La quotidianità autentica delle foto di Tom Johnson
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Le migliori fotografie dell’anno secondo Sony 

Le migliori fotografie dell’anno secondo Sony 

Giorgia Massari · 1 secondo fa · Photography

Tra meno di un mese, il 14 aprile 2023, a Londra inaugurerà l’annuale mostra di fotografia Sony World Photography Awards, giunta alla sua 16° edizione. Il progetto nasce da una collaborazione tra Sony e World Photography Organisation con l’obiettivo di celebrare i migliori fotografi provenienti da tutto il mondo, dagli emergenti ai professionisti. In attesa dell’inaugurazione che si terrà da Somerset House, SWPA annuncia i vincitori della categoria Open Competition, che concorreranno per aggiudicarsi il premio di Open Photographer of the Year 2023 e i cinque mila dollari in palio.
I giudici del concorso Open hanno ricevuto più di 200 mila immagini, il più alto numero di iscrizioni ricevute in sedici anni. Tra i numerosi scatti ne sono stati selezionati dieci, uno per ogni categoria stabilita. Natura e fauna selvatica, Ritrattistica, Street photography, Travel, Architettura, Lifestyle, Motion, Object, Natura morta, Paesaggio e Creatività sono i temi affrontati quest’anno.
Non dev’essere stata una scelta facile per i giudici e in particolare per Eric Scholsser, direttore artistica della Tbilisi Art Fair, giudice della competizione Open. Il risultato delle difficili scelte prese è la presenza di una varietà di stili, di luoghi e di colori che caratterizza ogni fotografia.

Tra i nomi internazionali in concorso c’è Giorgos Rousopoulous, che vince il premio per il miglior paesaggio, trasportando lo spettatore in Grecia, più esattamente nel Parco Nazionale di Pindus. Il miglior scatto Lifestyle di Azim Khan Ronnie mostra invece dei bambini di un villaggio in Bangladesh, ritratti in un momento di spensieratezza. Il premio per la categoria Architettura è vinto invece dal fotografo inglese Mark Benham con lo scatto The Silos, dai colori caldi e l’atmosfera metafisica.
Sono quattro gli scatti in bianco e nero che si aggiudicano i premi di categoria: Max Vere-Hodge con Ghosts (Viaggi), Dinorah Graue Obscura con Mighty Pair (Natura e fauna selvatica), Boris Eldagsen con Pseudomnesia (Creatività) e Andreas Mikonauschke con lo scatto Exhausted per la categoria Street Photography. Il bianco e nero si riconferma autentico e ribadisce che “una buona immagine non ha bisogno di colore”.
Sono invece preponderanti e brillanti i colori dello scatto vincitore della categoria Motion, aggiudicatosi da Zhenhuan Zhou, in cui il fotografo ritrae una cowgirl in sella a un cavallo in corsa, intento a frenare bruscamente per affrontare la curva. Dall’armonia cromatica sulla scala dei marroni è il ritratto di Charlie realizzato da Sughi Hullait (Ritratti) che racconta la storia di un gruppo di ragazzi inglesi che durante la pandemia costruirono uno skate park fai da te.
Il tema del riciclo e del rispetto ambientale è affrontato da Mieke Douglas nello scatto Recycled, vincitore della categoria Oggetto. Il suo scatto fluttuante ed etereo raffigura dei fiori fatti di carta e nastri che probabilmente galleggiano negli abissi, mettendo in luce una tematica delicata e attuale.
Il vincitore assoluto di questo concorso verrà annunciato il 13 aprile 2023 e darà il via alla mostra fotografica dell’anno, visitabile fino al primo maggio. 

Le migliori fotografie dell’anno secondo Sony 
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10 foto da vedere in attesa del Fotografia Calabria Festival

10 foto da vedere in attesa del Fotografia Calabria Festival

Giorgia Massari · 6 giorni fa · Photography

Sta tornando Fiumefreddo Photo Festival, che per il 2023 propone il tema del cambiamento, così come a cambiare è anche il Festival stesso, che sceglie come nuovo nome Fotografia Calabria Festival. Dal 21 luglio al 20 agosto 2023 infatti non sarà solo il comune di Fiumefreddo Bruzio (CS) ad ospitare le mostre fotografiche, ma anche il comune di San Lucido (CS) si unirà all’iniziativa.
I due borghi del basso Tirreno accoglieranno mostre, eventi, talk e workshop dedicati alla fotografia, ospitando fotografi italiani e internazionali che affronteranno il tema osservando l’epoca contemporanea e le sue trasformazioni. Ogni fotografo coinvolto proporrà la propria visione di cambiamento, secondo sfumature differenti. Per scoprire meglio il primo festival dedicato alla fotografia in Calabria Collater.al ha selezionato 10 fotografie che saranno presenti all’evento.

Il cambiamento viene inteso dalla fotografa argentina Gabo Caruso come trasformazione del corpo, affrontando il tema dell’identità di genere attraverso la storia di transizione della piccola Cora. Anche Arianne Clément, fotografa inglese, approfondisce il concetto di cambiamento legato al corpo, fotografando corpi nudi femminili di diverse generazioni, concentrandosi in particolare sulle figure anziane.

Calabria Photo Festival | Collater.al
Gabo Caruso – Cora’s Courage
Calabria Photo Festival | Collater.al
Arienne Clément – The Art of Aging (2)

Klaus Pichler mette in luce gli effetti devastanti che gli interessi economici e gli interventi di ingegneria genetica stanno provocando alla biodiversità. Sulla stessa scia, il collettivo Climate Visuals evidenzia le conseguenze del cambiamento climatico attraverso il progetto Ocean Visuals, una raccolta di immagini su oceani e coste.
Dal punto di vista sociale, il cambiamento è evidenziato dalle nuove generazioni e dalle tecnologie che ne modificano le strutture. Ne parlano il fotografo tibetano Xiangyu Long, concentrato sulla globalizzazione provocata dai social media, e la fotografa inglese Laura Pammack che invece evidenzia i parallelismi tra i giovani che vivono in luoghi opposti del mondo.

Legato al territorio è invece il progetto Far South di Michele Martinelli, così come il progetto site-specific del collettivo Vaste Programme di Giulia Vigna e Leonardo Magrelli.
In questa seconda edizione del Fotografia Calabria Festival parteciperà anche l’Archivio Luce – Cinecittà, con la sua prima mostra in Calabria dal titolo Anni Interessanti, per raccontare gli anni di cambiamento sociale, economico e culturale del nostro paese dal 1960 al 1975.

Calabria Photo Festival | Collater.al
Xiangyu Long – TikTok in Kham
Calabria Photo Festival | Collater.al
Laura Pannack – Island symmetries
10 foto da vedere in attesa del Fotografia Calabria Festival
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