Quante volte capita di entrare in un grande o piccolo museo di arte contemporanea e vedere opere e installazioni realizzate con oggetti di uso comune, scarti o rifiuti che sfuggono alle discariche e diventano opere capaci di trasmettere i più svariati messaggi? Gli artisti spesso si lasciano ispirare da ciò che trovano anche se questi oggetti non hanno all’apparenza una dignità artistica. Altre volte gli artisti vedono nel paesaggio urbano composizioni casuali, create più dal tempo che dall’azione dell’uomo, nelle quali è possibile riconoscere un’armonia e un progetto, come nel caso dei soggetti fotografati da Julie Hrnčířová.
Come dice il suo nome, la serie “Everyday Sculptures” è una raccolta di installazioni accidentali a cielo aperto, circondate da palazzi o realizzate in angoli di città dimenticati persino dai netturbini. Quelle scelte dalla fotografa ceca con sede in Norvegia sono “ready-made” frutto dell’abbandono, nelle quali è sempre individuabile però un piccolo intervento dell’uomo, un senso di lavoro amatoriale e approssimativo, che manifesta ingegno, spirito di iniziativa e una sfumatura seppur impigrita della fantasia.




Julie Hrnčířová con la sua serie vuole far riflettere su un tema più concreto e urgente, che lega l’epoca nella quale viviamo con i bisogno di ripensare alla vita delle città. I dettagli della città diventano un modo per riflettere sulla natura e sulla lunghezza della vita degli oggetti, in particolare sulla reale necessità di accumulare oggetti immateriali che finiscono per diventare un triste arredo urbano.
La città è vista infatti come un continuo cantiere in costruzione, il quale piuttosto che svelarsi nella sua bellezza, finisce per apparire come già in rovina, abbandonata dal continuo accumulo. Oggetti che non hanno fatto in tempo ad avere una vita, o che sono stati creati solo come involucri di altri involucri, vivono come opere decadenti, dei non-finiti che non aiutano a comprendere nessun passato ma piuttosto mostrano tutti i limiti del futuro.




