Nulla di ciò che appare è come lo vediamo. I nostri occhi mentono. Tutto ciò che ci sembra reale è solo unillusione. Nulla esiste come vorremmo credere. Gregory David Roberts
Un giorno ti svegli che non hai un cazzo da fare, allora decidi di imbracciare la tua reflex e fotografi la prima cosa che ti trovi sotto tiro. Dopo inizi a partorire strani pensieri su come sarebbe la geometria senza le regole della matematica e della fisica e smonti il materiale che hai catturato con la tua sempre cara mi fu reflex. Facilissimo no?
È quello che fa Víctor Enrich, visionario e geniale fotografo di Barcellona che ha tra le sue passioni l’architettura, intesa come scatto geometrico da deformare e distorcerere a proprio piacimento. Infatti, la sua prima serie di scatti, NHDK, rivisita in 88 modi differenti le possibilità geometriche di un palazzo di Monaco di Baviera.
Il risultato? Assolutamente sbalorditivo come del resto gli altri scatti presi tra Tel Aviv, New York e Parigi a dimostrazione che soltanto una mente aperta a 360° è in grado di carpire la malleabilità del mondo in cui viviamo. Un uso dei software ortodosso e preciso per un risultato stupefacente ed enigmatico che ci lascia con una domanda ed un pò di amaro in bocca.
Quello che vediamo è reale? Perchè la nostra vita non è statica, tra errori e cambiamenti è in continuo divenire, perchè ci sono sempre due scelte nella vita: accettare le condizioni in cui viviamo o assumersi la responsabilità di cambiarle.
Il tempismo è tutto. Lo sanno bene i fotografi street che passano ore ad aspettare il momento giusto per realizzare uno scatto sensazionale. Per creare una composizione che agli occhi del pubblico potrebbe sembrare “fortunata” e casuale. In realtà, dietro questi scatti c’è uno straordinario sincronismo tra occhio, mente e macchina fotografica. Oggi abbiamo selezionato cinque scatti per esplorare l’abilità di questi fotografi, testimoniando come abbiano saputo cogliere istanti fugaci che trasformano una semplice immagine in una storia senza tempo.
Fotografare, l’arte di guardare il mondo con occhi diversi
Se andassimo a cercare sul dizionario la definizione della parola “osservazione” troveremmo quanto segue: “La capacità di cogliere cose, ma anche il carattere delle persone, la realtà di una situazione e, in genere, quanto nelle cose, nelle parole, in un’opera, è degno di essere notato”. Una definizione applicabile anche all’atto di fotografare. In fondo, cos’è una fotografia se non la capacità di cogliere, e imprimere per sempre, ciò che è degno di essere notato? Il legame tra osservazione e fotografia è imprescindibile, imperativo, necessario, e a capirlo fin da subito è stato Simone Bramante, in arte Brahmino, che ci ha descritto il saper osservare come l’ingrediente fondamentale per ogni suo lavoro.
Ma partiamo dall’inizio. Simone Bramante, conosciuto per essere il primo fotografo italiano su Instagram, non ha mai pensato di studiare fotografia, anzi, il suo percorso comincia all’interno di agenzie di comunicazione come direttore creativo. È questa esperienza, durata quasi quindici anni, che lo ha portato a sviluppare una sana curiosità per le nuove piattaforme, tra cui Instagram. È il 2011 quando, mentre il resto del mondo cominciava a condividere senza un vero senso immagini della propria quotidianità, Simone inizia a capire che la piattaforma può avere del potenziale se utilizzata con metodo e costanza.
Le sue fotografie caratterizzate da colori pieni, saturi e brillanti bucano fin da subito gli allora piccoli schermi degli smartphone e i suoi soggetti, quotidiani ma avvolti da un’atmosfera surreale, offrono un nuovo sguardo sulla realtà. In pochissimo tempo Simone Bramante, o meglio Brahmino, nome che ha scelto prendendo spunto dal Siddharta di Herman Hesse, raccoglie consensi, like, follower e la sua visione, la sua cifra stilistica, il suo uso del colore diventano la sua firma.
Oggi, dopo oltre dodici anni da quel 2011, Brahmino è sopravvissuto all’arrivo di altre piattaforme, al periodo in cui se facevi una sponsorizzata eri considerato un venduto, a migliaia di giovani fotografi che (forse seguendo proprio lui) hanno trasformato i propri profili in portfoli, continuando a essere un punto di riferimento a livello nazionale e internazionale.
La chiave di tutto? Sempre l’osservazione
Simone Bramante non si è mai limitato a guardare ciò che stava davanti all’obiettivo, ma ha sempre osservato anche cosa c’era intorno, in che direzione stava andando il mondo, cosa avevano bisogno di vedere le persone. Per farlo Brahmino si è spinto in qualsiasi posto del mondo, nel deserto che circonda Abu Dhabi, nelle fredde foreste svedesi, sulle coste dell’Australia e nel cuore dell’Africa, ma con il suo ultimo progetto, What Italy Is, ci ha (di)mostrato che non serve andare lontano per scoprire qualcosa di nuovo.
Infatti, come ha raccontato ai microfoni di Spigola, podcast di Collater.al, «il viaggiare per me non è mai stato dover andare lontano, anzi il viaggiare parte dal momento in cui sai osservare fuori dalla porta qualcosa di diverso, o con occhi diversi». What Italy Is è un viaggio attraverso il nostro Paese con gli occhi di Simone Bramante che hanno la capacità non solo di osservare, ma anche di catturare lo straordinario che si cela dietro a quelle città, quelle strade, quei monumenti che conosciamo bene, o credevamo di conoscere. La fotografia di Brahmino ci avvisa, è come se ci dicesse “fate attenzione, tenete gli occhi aperti sempre, perché la bellezza si nasconde in quel tragitto casa-lavoro che fate tutti i giorni”. Voi siete in grado di osservarla?
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Fotografare, l’arte di guardare il mondo con occhi diversi
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Fotografare, l’arte di guardare il mondo con occhi diversi
Fotografare, l’arte di guardare il mondo con occhi diversi
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Derrick Boateng e la fotografia che racconta una cultura
Quando fotografi americani o europei si spingono nel cuore dell’Africa tornano a casa con scatti bellissimi, ma che spesso non rispecchiano la realtà. Così ci siamo abituati a un volto del continente africano che certamente esiste, ma non è l’unico: pensando a paesi come il Ghana, la Nigeria, il Benin e molti altri ci vengono in mente immagini caratterizzate da colori cupi, poco saturi e legate a storie dall’accezione negativa. Forse è proprio per questo che le fotografie di Derrick Ofosu Boateng ci sorprendono talmente tanto da farci venire il dubbio che siano finte, che siano scattate su un set preparato ad hoc, da un’altra parte del mondo. Invece no. Classe 1999, Derrick Ofosu Boateng è nato in Ghana e oggi vive nella sua capitale, Accra, che qualche anno fa si è trasformata nel suo set personale, sempre pronto per la prossima fotografia.
Al contrario di molti, che hanno iniziato con corsi in accademie o università, Boateng ha cominciato a scattare solo quando il padre, per supportare la sua passione, gli ha regalato un iPhone, che è diventato immediatamente il mezzo attraverso il quale restituire una visione personale del Ghana. Allontanandosi dall’immaginario comune, le fotografie di Derrick Boateng immortalano la vera anima del suo Paese formata dalle persone che lo vivono.
Dimenticatevi i grigi perché i suoi scatti sono una vera e propria esplosione di colori, vibranti e iper-saturi, la migliore dimostrazione di quanto la fotografia possa essere pop. Quello di Boateng è un punto di vista diverso, e forse il punto di vista di cui avevamo bisogno, su una cultura e una terra troppo legate a una narrazione negativa creata da chi quella terra non la vive tutti i giorni e non la chiama casa.
Derrick Boateng e la fotografia che racconta una cultura
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Derrick Boateng e la fotografia che racconta una cultura
Derrick Boateng e la fotografia che racconta una cultura
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Disponibile online il catalogo di “Collater.al Photography 2023”
Domenica 24 settembre si è conclusa la nostra mostra “Collater.al Photography 2023” che per il secondo anno di fila ha portato all’interno della Fondazione Luciana Matalon in Foro Buonaparte 67 oltre 150 scatti di altrettanti fotografi nazionali e internazionali.
Durante tutto il periodo della mostra è stato possibile acquistare il catalogo che, vista l’esperienza decennale di Collater.al, fin da subito voleva essere più di un semplice catalogo, ma un vero e proprio magazine. Al suo interno, infatti, si potevano trovare 144 pagine di interviste ad alcuni dei fotografi in mostra, ma anche approfondimenti su svariati temi legati alla fotografia, da come approcciarsi al ritratto, alla fotografia di moda, fino alla sottile linea che divide fotografia e immagini realizzare con l’intelligenza artificiale. Inoltre, sapendo bene che anche l’occhio ha bisogno della sua parte, quest’anno abbiamo deciso di realizzarlo con tre copertine differenti, dando spazio ai lavori di più fotografi: Simone Bramante, Yosigo e Derrick Boateng.
Sebbene ormai la mostra abbia chiuso le sue porte, abbiamo deciso di continuare a dare la possibilità a chi non è riuscito a esserci lo scorso weekend di acquistare il magazine.