Si discute spesso dell’influenza dell’Intelligenza artificiale nel mondo dell’arte, un tema che assume una posizione vacillante e controversa in molti casi. Come noi, tanti altri si stanno chiedendo cosa comporti la presenza dell’AI in campo artistico. Se va a intaccare in modo negativo la creatività umana oppure se può avere la facoltà di diventare un vero e proprio medium. Questa volta è la Villa Reale di Monza ad ospitare una mostra che si pone questi interrogativi. Il progetto genAI, ideato da Francesco Stranieri e curato da Vittoria Mascellaro, ha inaugurato lo scorso primo settembre la mostra dal titolo “The Rights from Future Generations – A perspective on (A)rt and (I)nnovation” che rimarrà aperta fino a fine mese.

Il progetto mette a confronto opere create senza il supporto dell’Ai con altrettante realizzate grazie all’Intelligenza Artificiale. L’intenzione è quella di approfondire e di discutere gli interrogativi etici in merito all’utilizzo di questo mezzo. Il focus è posto in particolare sugli effetti che l’AI sta avendo sulle nuove generazioni di artisti e dunque sul futuro dell’arte contemporanea. In questo senso, la prima parte del percorso è dedicata alle nuovissime generazioni. Un comitato di esperti ha infatti selezionato le opere di giovani artisti provenienti da istituti superiori, creando un dialogo con artisti più affermati, esposti nella seconda parte del percorso.

Francesco D’Isa, Roberto Fassone e Andrea Meregalli sono i protagonisti di questa seconda sezione. Osservando le opere è chiaro come l’AI sia parte integrante della loro ricerca artistica, ma è necessario approfondirle per comprenderne l’utilizzo. Attraverso l’analisi delle opere in mostra e del loro processo creativo, emerge come l’AI diventi un vero e proprio mezzo senza sostituire creatività e genialità.
Nel caso di Francesco D’Isa, il focus è posto sull’errore. La sua produzione artistica si serve di Midjourney e/o di Stable Diffusion, due software text-to-image. Nella serie presentata a Monza – dal titolo “Errori” – D’Isa sottolinea il margine di errore di un mezzo non ancora del tutto affinato e sceglie di rendere protagonista proprio questo aspetto. «I lavori sono frutto di prompt sbagliati, ovvero costruiti in modo tale da dar luogo a immagini impreviste, inaspettate, in zone lontane dello spazio latente dell’AI.» – afferma Francesco – «Per molte persone questi bug sono, per l’appunto, errori. Ma a dimostrazione che nell’atto creativo umano é fondamentalmente una scelta e in esso risiede l’unica condizione necessaria del fare arte, ecco che gli errori diventano il risultato finale.»

Roberto Fassone presenta “And we thought”, un progetto che esplora il concetto di autorialità nell’arte, sfruttando un’intelligenza artificiale chiamata Ai Lai, sviluppata dallo stesso artista e da Sineglossa, capace di descrivere esperienze psichedeliche. Durante i suoi primi mesi di esistenza, ha prodotto numerosi resoconti di visioni sotto l’effetto di funghi allucinogeni, che includono immagini di cervelli frammentati, amici con occhi blu, alieni negli armadi e l’invenzione dell’arcobaleno. L’obiettivo è sfidare le concezioni tradizionali di autorialità nell’arte, chiedendosi “può un’intelligenza artificiale generare arte, attraverso visioni potentissime e poetiche, o è l’essere umano a esserne l’autore, avendo progettato l’intelligenza artificiale? O ancora, si tratta di un processo collettivo, di cui l’artista è soltanto il medium?”

Infine, Andrea Meregalli, artista e architetto solito ad utilizzare medium come acrilici, olio e smalti, propone un progetto su tela frutto della sua ricerca con l’AI. La sua attenzione verso le nuove tecnologie lo ha portato a sperimentare fin da subito il software dell’intelligenza artificiale in un’ottica di collaborazione. Partendo infatti da suoi schizzi, fotografie e disegni, Meregalli scrive i prompt con l’obiettivo di ottenere un risultato più inaspettato possibile, per creare “lavori che oscillano tra la casualità e il controllo maniacale.”


