Mesi fa vi parlavamo di come il deserto sia diventato la nuova meta dell’arte, dai Paesi del Medio Oriente come il Qatar al deserto della California, fino a coinvolgere anche l’Egitto e le sue meravigliose piramidi. Stiamo parlando della ormai celebre mostra Forever is Now, giunta alla sua terza edizione. Proprio negli scorsi giorni, l’area delle Piramidi di Giza ha accolto le opere dei quattordici artisti selezionati quest’anno dal team di CulturVator – Art of Egypte, fondato da Nadine Abdel Ghaffar e organizzatore dell’intero evento. Tra gli artisti ritroviamo ancora una volta il francese JR, quest’anno insieme a Stéphane Breuer, e altri nomi importanti come l’artista belga Arne Quinze, il brasiliano Artur Lescher e l’argentino Pilar Zeta, al fianco di altrettanti talentuosi artisti come Azza Al Qubaisi (UAE), Carole A. Feureman (USA), Dionysios (Grecia), Costas Varotsos (Grecia), Mohamed Banawy (Egitto), Rashid Al Khalifa (Bahrain), Rashed Al Shaishai (Arabia Saudita), Sabine Marcelis (Paesi Bassi) e Sam Shendi (Egitto). Le installazioni saranno visitabili fino al 18 novembre. Ma ora scopriamo meglio di cosa si tratta.

Il tema di quest’anno è il gioco
L’edizione di quest’anno di Forever is Now punta all’interazione con il pubblico. Il gioco diventa centrale e, in questo senso, la parola d’ordine è senza dubbio la “sperimentazione“. Le opere scultoree progettate dagli artisti sono interattive, pensate per invitare il pubblico a interagire attivamente con ogni installazione. L’area di Giza si trasforma così in un luogo di serendipità e casualità, in cui il confine tra artista e spettatore si fa labile, facendo spazio a un campo di possibilità. La stessa fondatrice ha dichiarato: «L’edizione imminente, come le precedenti, si proporrà di creare dialoghi inaspettati ed energizzanti tra il passato antico dell’umanità e il suo presente contemporaneo, dimostrando in definitiva l’influenza duratura del patrimonio culturale dell’antico Egitto e la sua capacità continua di ispirare l’immaginazione artistica e pubblica in modi nuovi. Sia gli egiziani che i visitatori internazionali avranno l’opportunità di interagire ed esperire l’arte contemporanea nel contesto di questo leggendario e antico monumento.»

Il percorso: dall’osservatorio all’orizzonte in otto cerchi
Seguendo la locandina dell’evento, che riporta la mappa del sito con la posizione delle opere, scopriamo il percorso espositivo. La prima opera segnalata sulla mappa è quella di Arthur Lescher, un osservatorio “per guardare il magnifico panorama delle piramidi da un punto di vista diverso e considerare la scala umana da un nuovo quadro, utilizzando come riferimento l’interno delle piramidi.” così si legge nella caption Instagram dell’artista. Proseguendo il percorso, si rimane estasiati dal Mirror Gate di Pilar Zeta, che afferma di essere stato ispirato dall’antico misticismo egiziano. Questo portale collega idealmente il passato con il presente e invita gli spettatori a riflettere sul loro infinito potenziale.

Altri momenti salienti sono senza dubbio l’opera Ra – ispirata al dio Sole – realizzata dall’olandese Sabine Marcelis; l’installazione Treasures dell’artista visiva Azza Al Qubaisi, che ha catturato i segreti, le forme e i modelli del deserto poste in dialogo con riferimenti culturali e storici; la scultura iperrealistica di Carole Feureman che evoca Hathor, l’antica dea egizia dell’amore e della fertilità. Il percorso si conclude con gli otto cerchi che formano l’opera Horizon, realizzata da Costas Varotsos. L’artista riflette sulla forma geometrica del cerchio che da un lato rimanda al ciclo della vita, dall’altro all’ingegneria delle piramidi. «Per me l’orizzonte è sempre stato una previsione del futuro, verso qualcosa che arriva, definendo il concetto di orizzonte nello spazio, ma allo stesso tempo determinando la posizione nei confronti della vita.» afferma lo stesso Varotsos.







