Tra i nomi più di spicco che esporranno le proprie opere a Liquida PhotoFestival dal 5 al 29 maggio a Torino c’è certamente Mattia Zoppellaro. Cogliendo l’occasione di scoprire alcuni retroscena della serie che sarà presentata all’ARTiglieria Contemporary Art Center, Collater.al ha fatto alcune domande al fotografo, che analizzano il suo rapporto con la fotografia contemporanea e il legami con i soggetti scattati negli anni.
Da Tony Servillo a Ibrahimovic, passando per Pete Doherty, Iggy Pop e Marina Abramovic, tanti i ritratti di giganteschi personaggi della scena artistica e sportiva degli ultimi decenni. L’imprevedibilità e lo stile delle persone sono il motore della produzione artistica di Mattia Zoppellaro, la ricerca di storie da raccontare è una missione imprescindibile. Conoscere, far parte di un movimento e perdersi in una collettività come individuo. Nascono da qui e da tanto altro alcune delle sue serie più famose, come Dirty Dancing, nata per caso, ad una festa in cui nulla è successo per caso.

Cosa c’è nei soggetti che scegli di fotografare che ti fa capire che sono quelli giusti per il tuo scatto?
Fotografo prevalentemente persone, per la loro imprevedibilità. Alla fine di una sessione scopro sempre immagini impreviste e sorprendenti, impossibili da pianificare. Poiché il brutto e il bello mi annoiano, non scelgo i soggetti in base a qualità estetiche. E’ lo stile delle persone che mi fa venir voglia di approcciarle fotograficamente. Lo stile non è l’eleganza, ma l’attitudine attraverso la quale si esprime la propria personalità. Quella cosa che mi fa venir voglia di conoscere qualcuno.
Hai fotografato un gran numero di sportivi e artisti, c’è qualcuno che ti piacerebbe fotografare in futuro?
Nick Cave, per il suo carisma e l’energia che mi ipnotizza ad ogni suo live. Vorrei sapere che effetto fa relazionarsi con lui Vladimir Putin e Mike Tyson per il timore che mi incutono Se avessi una macchina del tempo Silvio Berlusconi degli anni ’80, per la sua mimica facciale.


Sei uno dei nomi più noti di questa edizione di Liquida, come hai interpretato il tema della mostra “Look Beyond”?
Mi è capitato di scontrarmi per caso con il progetto che presenterò a Liquida. Mi ci sono trovato catapultato dentro, perché invitato da una ragazza che mi piaceva molto ad una festa (il termine rave è per gli outsiders) nel quartiere Mazzini di Bologna.
Una volta entrato in questo capannone decadente, mi sono perso negli odori acri, nel ritmo minimal-tribale della musica e nel look della gente. La sensazione di sbirciare qualcosa di totalmente nuovo seppur già visto in esperienze precedenti (le citazioni provenienti dall’universo di Mad Max, i look punk rivisitati, l’attitudine hip hop) mi ha stimolato a voler entrare a far parte di questo movimento. Per puro caso avevo nel bagagliaio dell’auto del mio amico la reflex e ho iniziato a scattare. Li ho capito che per me il mezzo fotografico sarebbe stata una chiave più utile a conoscere il mondo che non ad informarlo.

Molte serie che hai realizzato ritraggono la scena punk e underground, dove risiede per te il bello in queste espressioni controculturali?
Tutta la mia ricerca fotografica si focalizza nel rapporto tra gruppo e individuo, sia esso per costrizione, come nel libro Appleby (sugli Irish travellers) e La Voce di Rovigo (un ritratto alla città della mia adolescenza, di prossima pubblicazione), o per scelta, come appunto in Dirty Dancing. Mi piace la tensione che si crea quando l’individuo cerca di perdersi nella collettività.




Come cambia il tuo approccio alla fotografia a seconda che si tratti di foto reportage o scatti posati?
Cerco sempre di realizzare progetti di reportage focalizzando l’attenzione sull’essere umano, e all’inverso utilizzo il reportage nelle sessioni di ritratto, cercando di rubare l’attimo. Odio la fotografia che puzza di posa. La mia parola preferita è serendipity che tradotto Vuol dire “coincidenze fortunate”. Ecco credo che il vero talento di un Fotografo sia la sua capacità dì provocare questo tipo di eventi.

Rispetto al passato oggi è più difficile essere fotografi? A causa sia della velocità con la quale si diffondono le immagini sia della censura che oscura ingiustificatamente scatti artistici?
Oggi è diverso. Ci sono moltissime persone che fanno foto, molte poche sono fotografi. Chiunque è capace dì realizzare immagini interessanti, non molti di portare avanti un progetto autoriale. Non penso che la fotografia sia una disciplina in grado dì creare opinioni con le immagini (come diceva Avedon “se vuoi sapere come è andata una guerra non guardi le foto, ma leggi un libro sull’argomento). Quello che un autore può provare a fare è esprimere una propria visione personale.
