One Shot è la rubrica di Collater.al che approfondisce il lavoro di un fotografo partendo da un singolo scatto, capace di descriverne lo stile e l’immaginario. Ospite di questa puntata è Paolo Pettigiani, fotografo e art director che mira a rendere visibile l’invisibile, espandendo i limiti della percezione attraverso un’esplorazione grafica e visiva del territorio. Le sue immagini, scattate con una fotocamera a infrarossi a spettro completo convertita, offrono un perfetto dialogo tra scienza e creatività, catturando le lunghezze d’onda non visibili all’occhio umano.
Infraland è il suo progetto iniziato nel 2014 che trasforma luoghi ordinari in paesaggi surreali svincolati dalla percezione umana: l’invito è quello a mettere in discussione la realtà così come la si vede, a esplorare la quotidianità con nuovo entusiasmo, con lo scopo di raccontare il processi di percezione contemporanea della natura e la connessione del mezzo fotografico con la stilizzazione del paesaggio.
Le opere di Paolo Pettigiani sono state esposte sia in mostre personali che collettive a New York, Parigi, Milano, Berlino e sono state presentati in importanti magazine come il The Guardian, The Washington Post, Wired, Vanity Fair e Vogue.

La fotografia a infrarossi è la tua cifra stilistica, e in questo scatto ne abbiamo uno splendido esempio. Esattamente, come funziona la fotografia a infrarossi? Com’è cambiata con l’avvento del digitale?
Ho iniziato a scattare in infrarosso nel 2014 e posso confermarti che, anno dopo anno, questa tecnica è diventata sempre più centrale nei miei progetti personali. La fotografia a infrarossi è uno sguardo nel mondo dell’invisibile, ma come è possibile mostrare ciò che è invisibile? Per rispondere a questa domanda dobbiamo prima di tutto capire cosa sono i colori e come li vediamo.
Il fenomeno del colore ha origine attraverso radiazioni elettromagnetiche emesse dalla luce solare che si misurano in nanometri. La luce visibile, ovvero quella che il nostro occhio percepisce, è costituita da emissioni con una lunghezza d’onda compresa tra i 400 e i 720 nm, dove si trovano le onde luminose responsabili delle sensazioni visive dei sette colori, ovvero quelli del classico arcobaleno.
L’infrarosso, è una radiazione elettromagnetica che viene riflessa dalla clorofilla con una frequenza maggiore rispetto a quella della luce visibile, tra i 720 e i 1200nm. Al di sotto della luce visibile, invece, troviamo luce ultravioletta. Sia la radiazione a infrarossi che quella ultravioletta riescono a impressionare il sensore delle macchine fotografiche digitali andando però ad alterare i colori che siamo abituati a vedere. Per evitare che queste onde raggiungano il sensore, i costruttori di macchine fotografiche montano un filtro chiamato low-pass o IR CUT (in italiano filtro passa-banda) davanti al sensore in modo da bloccare quasi completamente queste radiazioni e permettere alla fotocamera di catturare solo i colori che vengono percepiti dai nostri occhi.
La radiazione infrarossa e quella visibile vengono spesso riflesse e trasmesse dagli oggetti in modo completamente diverso: la clorofilla presente nel fogliame assorbe una grande quantità di radiazione visibile mentre assorbe solo una piccola quantità di IR, riflettendone la maggior parte. È per questo motivo che scattando infrarosso vedremo cambiare il colore della maggior parte degli elementi organici come le foglie e l’erba. La pelle è piuttosto trasparente alla radiazione infrarossa e per questo motivo ci apparirà più chiara e ci sono molti altri tipi di materiali che hanno un elevato potere di riflessione dell’infrarosso ed è quindi possibile che in alcuni casi vedremo cambiare le tonalità di altri elementi come: indumenti, legno, rocce o la sabbia.
Oggi con l’avvento del digitale non posso dire che sia diventato più facile scattare o immediato scattare in infrarosso. Se prima, tramite l’utilizzo della Kodak Aerochrome bastava sviluppare la pellicola in uno bagno particolare, ora con il digitale per ottenere risultati con un’alta qualità bisogna effettuare una modifica al sensore della macchina fotografica rendendola full-spectrum, ovvero sensibile a tutti i tipi di luce: UV, visibile e IR. Utilizzando diverse tipologie di filtri esterni, la fotocamera può scattare foto di luce normale, luce infrarossa, luce UV o qualsiasi altra combinazione di queste. L’utilizzo di questi filtri esterni, appositamente progettati per l’infrarosso, permette di decidere il taglio di luce che si vuole catturare.
In commercio si trovano diversi tipi di filtri con vari tagli di luce per la fotografia infrarossa: con i filtri da 720nm a 950nm si ha la possibilità di entrare nel pieno del mondo dell’invisibile con immagini poco sature in cui la vegetazione è leggermente colorata fino a un bianco e nero molto intenso. Esistono anche dei filtri al di sotto della soglia del 720nm che fanno passare anche un po di spettro del visibile restituendo delle immagini in cui sia il cielo che la vegetazione sono più cariche e sature di colori. Da poco è stato progettato anche il filtro IR Chrome: questo filtro è stato progettato per fare simulare nel modo più fedele possibile i colori della celebre pellicola Kodak Aerochrome restituendo direttamente in camera l’immagine con il colore della vegetazione rossa senza quindi aver bisogno di effettuare lo swap channel in photoshop. Quest’ultimo è il filtro che ho utilizzato per realizzare questo scatto.
Non tutte le tue foto sono realizzate con questa tecnica. In quella che racconti a One Shot, per esempio, cosa ha determinato la scelta di modificarla in un’immagine a infrarossi? La tua visione, ancor prima dello scatto, è già settata sulla possibilità di un’alterazione a infrarossi?
In questo caso, inoltre, siamo di fronte a uno scatto aereo: come l’hai realizzato?
In realtà anche questa foto è stata realizzata utilizzando la tecnica in infrarosso perché, oltre alla Canon EOS R, ho effettuato la modifica full spectrum anche sulla camera di un drone DJI e tramite l’utilizzo di un set di suoi piccoli filtri posso utilizzarlo per scattare in infrarosso. In questo caso ho utilizzato il filtro IR Chrome.
Posso dire che con gli anni di esperienza ho sviluppato una tale sensibilità ai colori invisibili dell’infrarosso che riesco nella mia mente a pre visualizzare lo scatto che voglio fare. Osservando i materiali che caratterizzano il paesaggio riesco a farmi un’idea di quale composizione utilizzare par valorizzare al meglio questa tecnica e, in questo caso, mi trovavo nelle Dolomiti. Era parecchio tempo che mi saprebbe piaciuto scattare una visuale aerea di una bella strada di montagna immersa nel bosco ed ero sicuro che in questo caso il contrasto tra il colore dell’asfalto ed il rosso delle chiome degli alberi avrebbero restituito un forte carattere estetico all’immagine. È bastato aspettare un attimo per fare in modo che passasse anche una macchina che ci aiuta a capire la reale estensione di questa magnifica strada soprannominata appunto “Snake Road”.