La bellezza universale negli scatti di Raimondo Rossi

La bellezza universale negli scatti di Raimondo Rossi

Giulia Guido · 3 anni fa · Photography

È difficile trovare una sola parola per definire Raimondo Rossi

Di origini Perugine, Raimondo, conosciuto anche come Ray Morrison, è seguito soprattutto per la sua versatilità artistica. 

Grazie al suo styling personale è stato più volte menzionato come personalità da seguire per la moda uomo, ha collaborato con diversi magazine lavorando sia come Fashion Editor sia come Art Director e, ultimo ma non per importanza, si è distinto come fotografo. 

Noi ci siamo voluti focalizzare su questo ultimo aspetto, catturati dai suoi ritratti che fondono la fotografia di moda con una fotografia più intima e profonda. Infatti, non pensate di trovarvi davanti a scatti classici, in cui il focus è quasi sempre sul prodotto e sullo styling, ma Raimondo Rossi riporta l’attenzione sulla persona, sull’individuo. 

Attraverso le sue fotografie e i suoi ritratti, riscopriamo la bellezza della diversità.

Noi abbiamo avuto l’occasione di fargli qualche domanda per conoscere al meglio il suo lavoro. Non perderti l’intervista qui sotto! 

Raccontaci qual è il tuo background, come ti sei avvicinato alla fotografia e se c’è un momento in particolare che ti ricordi?

Sono cresciuto in Umbria e durante le vacanze estive con la mia famiglia giravamo l’Europa in camper. Proprio in quelle occasioni mia madre si dilettava a scattare fotografie con la mitica Rolleiflex, una film-camera.
Ho sempre assistito al processo di creazione dei ricordi tramite fotografie e proprio alcuni anni fa ho deciso di iscrivermi a corsi specializzati.
Dopo la teoria ho iniziato a fare pratica realizzando reportage nei backstage delle fashion week.
Oggi la mia fotografia si è evoluta tanto che mi dedico di più a ritratti o a editoriali di moda. 

Anche dando una veloce occhiata al tuo lavoro si può subito capire che non ti poni nessun limite. Spazi dalla moda, al mondo del cinema, alla fotografia. Ma quale di questi ambiti senti più tuo?

Sono sincero. Non ho alcuna preferenza perché quando scatto mi concentro sulla persona che intendo ritrarre o sulla situazione che in quel momento voglio raccontare. Pertanto, o che la persona o che la situazione siano riferibili ad un evento di moda o cinematografico, non fa per me differenza perché vado a ritrarre un soggetto o a riscrivere un’atmosfera che mi colpisce in quel momento. Non mi limito a fare una cronistoria ma cerco di entrare in punta di piedi dietro le quinte delle storie, annusandole. Nonostante si tratti di tre settori tutti molto interessanti, ritengo di avere maggiore esperienza nella moda. 

Ultimamente hai realizzato degli scatti che rendono omaggio alla diversità, fotografando i volti di uomini e donne di diverse culture. Cosa vuoi raccontare con queste fotografie?

Discriminazioni e ingiustizie sono ormai all’ordine del giorno e noi artisti abbiamo il dovere di sensibilizzare e di trasmettere messaggi importanti. È quello che cerco di fare io con la mia fotografia. Nei miei scatti, ho raccontato spesso la discriminazione e la diversità per far capire che a prescindere dal colore della pelle siamo tutti uguali. Spero che determinati valori possano essere recepiti in maniera autentica dalla società, dalle istituzioni, dai giovani e dalle loro famiglie. Oggi purtroppo anche alcune riviste tendono a voler accendere dei riflettori su un determinato problema finendo per incorrere nell’errore opposto. 

Secondo te qual è la cosa da considerare più importante mentre si realizzano dei ritratti fotografici?

Ogni fotografo ha un suo stile e un suo modo di vivere la fotografia. Nel mio lavoro non perdo mai di vista il soggetto che ho davanti all’obiettivo. Alla fine del servizio, spiego sempre alla  persona ritratta che quello che vedrà è un’immagine filtrata dal mio sguardo e reinterpretata in una chiave artistica. Sarà la sua figura, ma anche la mia. 

Quali attrezzature utilizzi per scattare? Quali strumenti porti con te quando scatti e perché?

Solitamente uso una 3400, una macchina fotografica minimale e leggera che offre un buon compromesso tra qualità e trasportabilità. Mi sono dotato anche di un paio di luci LED con cui posso divertirmi a creare dei giochi d’ombre e immagini particolari dando risalto a ciò che colpisce il mio sguardo.

Ovviamente ho anche altre attrezzature, come i flash, che però sto man mano abbandonando perché nella ritrattistica non danno risultati soddisfacenti.

A quali artisti ti ispiri e che fotografi hanno influenzano il tuo lavoro?

Non ho artisti in particolare da cui posso dire di aver tratto maggiormente ispirazione. Apprezzo i fotografi di alcuni decenni fa, come la Arbus o Bresson, che avevano teorizzato una fotografia senza dubbio più autentica, reale e meno inquinata dalla tecnologia. Per esempio, “L’uomo con i bigodini” di Diane Arbus è per me la foto del secolo. Un vero capolavoro.

Ultima, ma doverosa domanda, soprattutto visto il tuo spaziare tra ambiti in cui l’estetica ha un ruolo fondamentale. Cos’è per te la bellezza?

Credo che la bellezza equivalga a indossare degli occhiali magici che permettono di stringere un rapporto speciale con le cose o le persone che ci circondano, senza invidie e gelosie. La bellezza è libertà. Seguendo quest’ottica potremmo rompere con i canoni estetici stabiliti nel corso degli anni e potremmo parlare di vere e proprie rivoluzioni. È quello che è successo di recente con le modelle curvy.

Un corpo plus size può essere valorizzato e diventare armonioso e lo stesso può succedere con un viso più spigoloso. L’estetica del David non si prospetta più come verità assoluta ma diventa una delle tante forme in cui il corpo si esprime. I canoni estetici hanno subito un’evoluzione da un po’ di tempo a questa parte e non senza polemiche. Basti pensare ad Armine, modella usata da Gucci a fini commerciali e vittima di body shaming attraverso insulti sui social. 

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Cinque foto scattate al momento giusto

Cinque foto scattate al momento giusto

Collater.al Contributors · 4 giorni fa · Photography

Il tempismo è tutto. Lo sanno bene i fotografi street che passano ore ad aspettare il momento giusto per realizzare uno scatto sensazionale. Per creare una composizione che agli occhi del pubblico potrebbe sembrare “fortunata” e casuale. In realtà, dietro questi scatti c’è uno straordinario sincronismo tra occhio, mente e macchina fotografica. Oggi abbiamo selezionato cinque scatti per esplorare l’abilità di questi fotografi, testimoniando come abbiano saputo cogliere istanti fugaci che trasformano una semplice immagine in una storia senza tempo.

#1 Lorenzo Catena

© Lorenzo Catena

#2 Dimpy Bhalotia

© Dimpy Bhalotia

#3 Giuseppe Scianna

© Giuseppe Scianna

#4 Federico Verzi

© Federico Verzi

#5 Andrea Torrei

© Andrea Torrei

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Lorenzo Catena
Dimpy Bhalotia
Giuseppe Scianna
Federico Verzi
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Selezione di Andrés Juan Suarez

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Fotografare, l’arte di guardare il mondo con occhi diversi

Fotografare, l’arte di guardare il mondo con occhi diversi

Giulia Guido · 17 ore fa · Photography

Se andassimo a cercare sul dizionario la definizione della parola “osservazione” troveremmo quanto segue: “La capacità di cogliere cose, ma anche il carattere delle persone, la realtà di una situazione e, in genere, quanto nelle cose, nelle parole, in un’opera, è degno di essere notato”. Una definizione applicabile anche all’atto di fotografare. In fondo, cos’è una fotografia se non la capacità di cogliere, e imprimere per sempre, ciò che è degno di essere notato? Il legame tra osservazione e fotografia è imprescindibile, imperativo, necessario, e a capirlo fin da subito è stato Simone Bramante, in arte Brahmino, che ci ha descritto il saper osservare come l’ingrediente fondamentale per ogni suo lavoro. 

Ma partiamo dall’inizio. Simone Bramante, conosciuto per essere il primo fotografo italiano su Instagram, non ha mai pensato di studiare fotografia, anzi, il suo percorso comincia all’interno di agenzie di comunicazione come direttore creativo. È questa esperienza, durata quasi quindici anni, che lo ha portato a sviluppare una sana curiosità per le nuove piattaforme, tra cui Instagram. È il 2011 quando, mentre il resto del mondo cominciava a condividere senza un vero senso immagini della propria quotidianità, Simone inizia a capire che la piattaforma può avere del potenziale se utilizzata con metodo e costanza. 

Le sue fotografie caratterizzate da colori pieni, saturi e brillanti bucano fin da subito gli allora piccoli schermi degli smartphone e i suoi soggetti, quotidiani ma avvolti da un’atmosfera surreale, offrono un nuovo sguardo sulla realtà. In pochissimo tempo Simone Bramante, o meglio Brahmino, nome che ha scelto prendendo spunto dal Siddharta di Herman Hesse, raccoglie consensi, like, follower e la sua visione, la sua cifra stilistica, il suo uso del colore diventano la sua firma. 

Oggi, dopo oltre dodici anni da quel 2011, Brahmino è sopravvissuto all’arrivo di altre piattaforme, al periodo in cui se facevi una sponsorizzata eri considerato un venduto, a migliaia di giovani fotografi che (forse seguendo proprio lui) hanno trasformato i propri profili in portfoli, continuando a essere un punto di riferimento a livello nazionale e internazionale. 

La chiave di tutto? Sempre l’osservazione

Simone Bramante non si è mai limitato a guardare ciò che stava davanti all’obiettivo, ma ha sempre osservato anche cosa c’era intorno, in che direzione stava andando il mondo, cosa avevano bisogno di vedere le persone. Per farlo Brahmino si è spinto in qualsiasi posto del mondo, nel deserto che circonda Abu Dhabi, nelle fredde foreste svedesi, sulle coste dell’Australia e nel cuore dell’Africa, ma con il suo ultimo progetto, What Italy Is, ci ha (di)mostrato che non serve andare lontano per scoprire qualcosa di nuovo. 

Infatti, come ha raccontato ai microfoni di Spigola, podcast di Collater.al, «il viaggiare per me non è mai stato dover andare lontano, anzi il viaggiare parte dal momento in cui sai osservare fuori dalla porta qualcosa di diverso, o con occhi diversi». What Italy Is è un viaggio attraverso il nostro Paese con gli occhi di Simone Bramante che hanno la capacità non solo di osservare, ma anche di catturare lo straordinario che si cela dietro a quelle città, quelle strade, quei monumenti che conosciamo bene, o credevamo di conoscere. La fotografia di Brahmino ci avvisa, è come se ci dicesse “fate attenzione, tenete gli occhi aperti sempre, perché la bellezza si nasconde in quel tragitto casa-lavoro che fate tutti i giorni”. Voi siete in grado di osservarla? 

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Derrick Boateng e la fotografia che racconta una cultura 

Derrick Boateng e la fotografia che racconta una cultura 

Giulia Guido · 10 ore fa · Photography

Quando fotografi americani o europei si spingono nel cuore dell’Africa tornano a casa con scatti bellissimi, ma che spesso non rispecchiano la realtà. Così ci siamo abituati a un volto del continente africano che certamente esiste, ma non è l’unico: pensando a paesi come il Ghana, la Nigeria, il Benin e molti altri ci vengono in mente immagini caratterizzate da colori cupi, poco saturi e legate a storie dall’accezione negativa. Forse è proprio per questo che le fotografie di Derrick Ofosu Boateng ci sorprendono talmente tanto da farci venire il dubbio che siano finte, che siano scattate su un set preparato ad hoc, da un’altra parte del mondo. Invece no. Classe 1999, Derrick Ofosu Boateng è nato in Ghana e oggi vive nella sua capitale, Accra, che qualche anno fa si è trasformata nel suo set personale, sempre pronto per la prossima fotografia. 

Al contrario di molti, che hanno iniziato con corsi in accademie o università, Boateng ha cominciato a scattare solo quando il padre, per supportare la sua passione, gli ha regalato un iPhone, che è diventato immediatamente il mezzo attraverso il quale restituire una visione personale del Ghana. Allontanandosi dall’immaginario comune, le fotografie di Derrick Boateng immortalano la vera anima del suo Paese formata dalle persone che lo vivono. 

Dimenticatevi i grigi perché i suoi scatti sono una vera e propria esplosione di colori, vibranti e iper-saturi, la migliore dimostrazione di quanto la fotografia possa essere pop. 
Quello di Boateng è un punto di vista diverso, e forse il punto di vista di cui avevamo bisogno, su una cultura e una terra troppo legate a una narrazione negativa creata da chi quella terra non la vive tutti i giorni e non la chiama casa.

ph. courtesy Derrick Boateng

Derrick Boateng e la fotografia che racconta una cultura 
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Derrick Boateng e la fotografia che racconta una cultura 
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Disponibile online il catalogo di “Collater.al Photography 2023”

Disponibile online il catalogo di “Collater.al Photography 2023”

Giulia Guido · 5 giorni fa · Photography

Domenica 24 settembre si è conclusa la nostra mostraCollater.al Photography 2023” che per il secondo anno di fila ha portato all’interno della Fondazione Luciana Matalon in Foro Buonaparte 67 oltre 150 scatti di altrettanti fotografi nazionali e internazionali. 

Durante tutto il periodo della mostra è stato possibile acquistare il catalogo che, vista l’esperienza decennale di Collater.al, fin da subito voleva essere più di un semplice catalogo, ma un vero e proprio magazine. Al suo interno, infatti, si potevano trovare 144 pagine di interviste ad alcuni dei fotografi in mostra, ma anche approfondimenti su svariati temi legati alla fotografia, da come approcciarsi al ritratto, alla fotografia di moda, fino alla sottile linea che divide fotografia e immagini realizzare con l’intelligenza artificiale. Inoltre, sapendo bene che anche l’occhio ha bisogno della sua parte, quest’anno abbiamo deciso di realizzarlo con tre copertine differenti, dando spazio ai lavori di più fotografi: Simone Bramante, Yosigo e Derrick Boateng. 

Sebbene ormai la mostra abbia chiuso le sue porte, abbiamo deciso di continuare a dare la possibilità a chi non è riuscito a esserci lo scorso weekend di acquistare il magazine.

Disponibile online il catalogo di “Collater.al Photography 2023”
Photography
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