È disponibile da venerdì 24 settembre “Non Esiste Amore A Napoli”, il nuovo album di Tropico, targato Island Records.
Partenopeo e classe ’85, Davide Petrella ci ha regalato un album delicato, sensibile e colorato come il mare di Napoli; si scompone in 14 tracce tutte legate da un unico filo rosso che, “come un incrocio irripetibile di cose”, diventa un vero e proprio inno all’amore. L’artista nel suo nuovo album, accompagnato da alcuni featuring (pochi ma buoni), ci ha raccontato il mondo con gli occhi di chi vede l’amore come unico motore del pianeta, il tutto ambientato in una romantica Napoli.
Presi dal suo lavoro quindi, sembrava doveroso fargli qualche domanda a riguardo.
“Non Esiste Amore A Napoli” è un lavoro molto intimo. Quanto della tua vita privata è nell’album?
Allora, io dico sempre che la musica è della gente. E ci credo davvero.
Credo che una canzone per essere compiuta deve provare a parlare a tutti.
Per me partire da fatti personali, specifici della mia vita è solo una scintilla per scrivere una canzone… c’è la mia vita nelle mie canzoni, ma c’è anche ogni persona che tiene le antenne dritte. Credo che chi scrive canzoni, abbia una sensibilità più spiccata verso le cose preziose della vita, che magari le altre persone non sanno spiegare o raccontare, ma sono loro come mie, sono già lì. Chi scrive canzoni le va solo a cercare, per tutti, perché è nella sua indole.
Napoli è sicuramente una città romantica, dal doppio volto. La tua città natale quanto ha pesato nella fase di scrittura dell’album?
Napoli per me è il centro del mondo.
Amo molto viaggiare e scoprire posti nuovi nel mondo e fino ad ora, per me non esiste niente di paragonabile a Napoli. È un incrocio irripetibile di cose, di contaminazioni, di capitale umano, ombre e luci, assolutamente irripetibile. Napoli viene vista e raccontata in tanti modi, io ne sono profondamente innamorato. Ciclicamente Napoli perde il filo del racconto, poi, le sue persone, le sue anime, i suoi pianeti si riallineano e il racconto ritorna incredibile. Napoli è sempre sveglia, anche quando sembra che dorme, è sempre viva.
La sensazione è che sta per succedere qualcosa di potentissimo. Non so cos’è, ma sono qui.
Nell’album sono presenti dei featuring interessantissimi, tra cui Elisa Toffoli. Com’è stato lavorare con lei?
Quando ho scritto “C’eravamo tanto amati” ho capito subito che per rendere il racconto più compiuto, certe cose era giusto che le cantasse una voce femminile. Ho pensato subito ad Elisa, perché sentivo che il pezzo era speciale, era sincero, intimo, era proprio vivo. Eli mi conosce bene, abbastanza per riuscire ad entrare con sincerità nel racconto della canzone. Che chiedeva solo di essere capita. Elisa l’ha capita subito, quando ho ascoltato le sue take di voce mi ha spaccato in due, era un gioiello. La ringrazierò sempre per tutti i consigli e per essere così com’è, un gioiello.

Per il futuro invece con quale artista ti piacerebbe avere modo di collaborare?
Non riuscirei a pensarci adesso, non sono un amante del featuring fine a sé stesso, deve esserci una stima sincera e la possibilità di fare realmente una collaborazione che arricchisca il pezzo, sennò non serve a nulla collaborare.
Vista l’emergenza sanitaria che stiamo vivendo, sicuramente non è stata una release “normale”. Come hai vissuto/stai vivendo questo periodo?
Stiamo andando a tremila, sempre. C’abbiamo voglia di vita, di musica, di arte, di cose belle. Io lavoro con un team che provo a scegliere sempre in maniera accurata.
Voglio gente libera, che vuole salire più in alto, che va per la musica e per l’arte, quando la trovo, gli presto pure l’anima. Sento che con questa squadra posso fare davvero la differenza. Ho lavorato tantissimo per potermi permettere il privilegio di affermare una cosa del genere: qui siamo liberi e siamo pazzi di sta roba. L’installazione della barca nel golfo di Napoli è solo una delle cose che stiamo facendo, facendoci un cuore così, per provare a cercare una strada nuova. La release, come i video, le grafiche, le canzoni, il suono, i testi, la voce… sono tutti modi per provare a rendersi più visibili, per provare a dire alla musica che siamo qui. E che non capita tutti i giorni di avere una mina vagante innamorato pazzo di lei come me. Accendi la luce.

Adesso parliamo un po’ di live show. Ultimamente ci sono stati moltissimi problemi legati a quest’aspetto visto che i locali ancora non hanno il 100% della capienza, eppure si spera di star andando incontro ad una soluzione definitiva. A breve vedremo Tropico sul palco?
Prima di trovare il progetto Tropico sono passato per almeno 3 o 4 vite artistiche, chi mi conosce da prima lo sa. Abbiamo suonato ovunque in Italia, in qualunque condizione, in qualunque posto… sono stato in una band, sono stato da solo, non mi sono mai fatto molte domande, anche quando suonare non era facile come oggi. L’importante era suonare.
I concerti sono la prima cosa, perché c’è la gente che ti crede davvero. Sinceramente non mi pare che sia ancora arrivato il momento dei concerti come prima, c’è molta confusione e per il governo di idioti che ci ritroviamo la cultura in generale non esiste. Non vedo l’ora di poter tirare su il delirio che vorrei portare come show ai live… è cambiato tutto per me e voglio che anche i live siano un’esperienza. Ma non ci sono ancora i presupposti in giro purtroppo e io non voglio mezze libertà per i miei prossimi concerti, credo che mi inventerò tanti deliri in questo periodo per coinvolgere le persone, farò uscire tanti progetti e canzoni e spero di annunciare le date dei live così come li sto sognando il prima possibile.

PH Enrico Rassu, Vittoria Piscitelli, Biagio Munciguerra