Astrattismo e filosofia antica negli scatti di Alexis Vasilikos

Astrattismo e filosofia antica negli scatti di Alexis Vasilikos

Tommaso Berra · 4 settimane fa · Photography

Tra Atene e Leros, dopo gli studi di fotografia che hanno toccato anche Bologna, Alexis Vasilikos realizza scatti che hanno nella calma un potere meditativo per l’artista.
Le foto di Vasilikos ruotano intorno a esperienze spirituali e appaiono in molti casi come composizioni astratte, o in altri rappresentano visivamente metafore e concetti della filosofia peripatetica, quella legata alla Grecia e alla nascita della cultura occidentale.
Alexis Vasilikos riporta nelle sue opere quell’idea di vita lenta che sembra vivere nelle province o solo in estate, con i soggetti fermi immobili al sole meditando verso punti persi nel nulla. Il bianco e nero che uniforma molte delle opere di Alexis favorisce questa sospensione del tempo e il senso di non voler definire il paesaggio, un meccanismo spezzato talvolta dall’inserimento di punte cromatiche o oggetti che sembrano vivere a sorpresa tra rocce e asfalto.
Gli scatti sono un continuo tentativo di rompere l’aspettativa, ma non con l’eccentricità, piuttosto con soggetti che posti in primo piano suggeriscano allo spettatore la necessità di meditare, di andare a fondo rispetto a qualcosa che non conoscono ancora.

Alexis Vasilikos | Collater.al
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Astrattismo e filosofia antica negli scatti di Alexis Vasilikos
Photography
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La fantastica malinconia femminile di Amélie Chopinet

La fantastica malinconia femminile di Amélie Chopinet

Tommaso Berra · 4 settimane fa · Photography

La fotografa Amélie Chopinet nei suoi scatti rappresenta un mondo avvolto di femminilità, che si rispecchia nei soggetti e nella delicatezza delle ambientazioni, che descrivono una quotidianità malinconicamente fantastica. Questa fantasia è intesa proprio come prodotto quasi magico, in cui i soggetti di trovano nudi a contatto con la natura o creano con essa soluzioni e scene surreali, un surrealismo che l’artista definisce “fai da te”.

Gli scatti di Amélie Chopinet dimostrano lo straordinario lavoro e la sensibilità dell’artista soprattutto nell’uso del colore, così come nella scelta delle composizioni. C’è teatralità e un rapporto diretto tra la fotografia e l’osservatore, questa parete in particolare è rotta dalle scelte delle protagoniste delle opere, che fissano in camera in modo talvolta dolce, in altri casi quasi investigando e in altri ancora fisando un vuoto che è persino oltre chi le sta osservando in quel momento.

Le fotografie dell’artista parigina saranno esposte alla mostra collettiva ImageNation a New York, dal 10 al 12 marzo 2023 e curata da Martin Vegas.

La fantastica malinconia femminile di Amélie Chopinet | Collater.al
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Photography
La fantastica malinconia femminile di Amélie Chopinet
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One Shot: la poesia infrarossi di Paolo Pettigiani

One Shot: la poesia infrarossi di Paolo Pettigiani

Laura Tota · 4 settimane fa · Photography

One Shot è la rubrica di Collater.al che approfondisce il lavoro di un fotografo partendo da un singolo scatto, capace di descriverne lo stile e l’immaginario. Ospite di questa puntata è Paolo Pettigiani, fotografo e art director che mira a rendere visibile l’invisibile, espandendo i limiti della percezione attraverso un’esplorazione grafica e visiva del territorio. Le sue immagini, scattate con una fotocamera a infrarossi a spettro completo convertita, offrono un perfetto dialogo tra scienza e creatività, catturando le lunghezze d’onda non visibili all’occhio umano.
Infraland è il suo progetto iniziato nel 2014 che trasforma luoghi ordinari in paesaggi surreali svincolati dalla percezione umana: l’invito è quello a mettere in discussione la realtà così come la si vede, a esplorare la quotidianità con nuovo entusiasmo, con lo scopo di raccontare il processi di percezione contemporanea della natura e la connessione del mezzo fotografico con la stilizzazione del paesaggio.
Le opere di Paolo Pettigiani sono state esposte sia in mostre personali che collettive a New York, Parigi, Milano, Berlino e sono state presentati in importanti magazine come il The Guardian, The Washington Post, Wired, Vanity Fair e Vogue.

Paolo Pettigiani | Collater.al

La fotografia a infrarossi è la tua cifra stilistica, e in questo scatto ne abbiamo uno splendido esempio. Esattamente, come funziona la fotografia a infrarossi? Com’è cambiata con l’avvento del digitale?

Ho iniziato a scattare in infrarosso nel 2014 e posso confermarti che, anno dopo anno, questa tecnica è diventata sempre più centrale nei miei progetti personali. La fotografia a infrarossi è uno sguardo nel mondo dell’invisibile, ma come è possibile mostrare ciò che è invisibile? Per rispondere a questa domanda dobbiamo prima di tutto capire cosa sono i colori e come li vediamo.

Il fenomeno del colore ha origine attraverso radiazioni elettromagnetiche emesse dalla luce solare che si misurano in nanometri. La luce visibile, ovvero quella che il nostro occhio percepisce, è costituita da emissioni con una lunghezza d’onda compresa tra i 400 e i 720 nm, dove si trovano le onde luminose responsabili delle sensazioni visive dei sette colori, ovvero quelli del classico arcobaleno.
L’infrarosso, è una radiazione elettromagnetica che viene riflessa dalla clorofilla con una frequenza maggiore rispetto a quella della luce visibile, tra i 720 e i 1200nm. Al di sotto della luce visibile, invece, troviamo luce ultravioletta. Sia la radiazione a infrarossi che quella ultravioletta riescono a impressionare il sensore delle macchine fotografiche digitali andando però ad alterare i colori che siamo abituati a vedere. Per evitare che queste onde raggiungano il sensore, i costruttori di macchine fotografiche montano un filtro chiamato low-pass o IR CUT (in italiano filtro passa-banda) davanti al sensore in modo da bloccare quasi completamente queste radiazioni e permettere alla fotocamera di catturare solo i colori che  vengono percepiti dai nostri occhi.

La radiazione infrarossa e quella visibile vengono spesso riflesse e trasmesse dagli oggetti in modo completamente diverso: la clorofilla presente nel fogliame assorbe una grande quantità di radiazione visibile mentre assorbe solo una piccola quantità di IR, riflettendone la maggior parte. È per questo motivo che scattando infrarosso vedremo cambiare il colore della maggior parte degli elementi organici come le foglie e l’erba. La pelle è piuttosto trasparente alla radiazione infrarossa e per questo motivo ci apparirà più chiara e ci sono molti altri tipi di materiali che hanno un elevato potere di riflessione dell’infrarosso ed è quindi possibile che in alcuni casi vedremo cambiare le tonalità di altri elementi come: indumenti, legno, rocce o la sabbia.

Oggi con l’avvento del digitale non posso dire che sia diventato più facile scattare o immediato scattare in infrarosso. Se prima, tramite l’utilizzo della Kodak Aerochrome bastava sviluppare la pellicola in uno bagno particolare, ora con il digitale per ottenere risultati con un’alta qualità bisogna effettuare una modifica al sensore della macchina fotografica rendendola full-spectrum, ovvero sensibile a tutti i tipi di luce: UV, visibile e IR. Utilizzando diverse tipologie di filtri esterni, la fotocamera può scattare foto di luce normale, luce infrarossa, luce UV o qualsiasi altra combinazione di queste. L’utilizzo di questi filtri esterni, appositamente progettati per l’infrarosso, permette di decidere il taglio di luce che si vuole catturare.

In commercio si trovano diversi tipi di filtri con vari tagli di luce per la fotografia infrarossa: con i filtri da 720nm a 950nm si ha la possibilità di entrare nel pieno del mondo dell’invisibile con immagini poco sature in cui la vegetazione è leggermente colorata fino a un bianco e nero molto intenso. Esistono anche dei filtri al di sotto della soglia del 720nm che fanno passare anche un po di spettro del visibile restituendo delle immagini in cui sia il cielo che la vegetazione sono più cariche e sature di colori. Da poco è stato progettato anche il filtro IR Chrome: questo filtro è stato progettato per fare simulare nel modo più fedele possibile i colori della celebre pellicola Kodak Aerochrome restituendo direttamente in camera l’immagine con il colore della vegetazione rossa senza quindi aver bisogno di effettuare lo swap channel in photoshop. Quest’ultimo è il filtro che ho utilizzato per realizzare questo scatto.

Non tutte le tue foto sono realizzate con questa tecnica. In quella che racconti a One Shot, per esempio, cosa ha determinato la scelta di modificarla in un’immagine a infrarossi? La tua visione, ancor prima dello scatto, è già settata sulla possibilità di un’alterazione a infrarossi?
In questo caso, inoltre, siamo di fronte a uno scatto aereo: come l’hai realizzato?

In realtà anche questa foto è stata realizzata utilizzando la tecnica in infrarosso perché, oltre alla Canon EOS R, ho effettuato la modifica full spectrum anche sulla camera di un drone DJI e tramite l’utilizzo di un set di suoi piccoli filtri posso utilizzarlo per scattare in infrarosso. In questo caso ho utilizzato il filtro IR Chrome.

Posso dire che con gli anni di esperienza ho sviluppato una tale sensibilità ai colori invisibili dell’infrarosso che riesco nella mia mente a pre visualizzare lo scatto che voglio fare. Osservando i materiali che caratterizzano il paesaggio riesco a farmi un’idea di quale composizione utilizzare par valorizzare al meglio questa tecnica e, in questo caso, mi trovavo nelle Dolomiti. Era parecchio tempo che mi saprebbe piaciuto scattare una visuale aerea di una bella strada di montagna immersa nel bosco ed ero sicuro che in questo caso il contrasto tra il colore dell’asfalto ed il rosso delle chiome degli alberi avrebbero restituito un forte carattere estetico all’immagine. È bastato aspettare un attimo per fare in modo che passasse anche una macchina che ci aiuta a capire la reale estensione di questa magnifica strada soprannominata appunto “Snake Road”.

One Shot: la poesia infrarossi di Paolo Pettigiani
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One Shot: la poesia infrarossi di Paolo Pettigiani
One Shot: la poesia infrarossi di Paolo Pettigiani
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Francesco Saverio Lopazio fotografa essenze e cose normali

Francesco Saverio Lopazio fotografa essenze e cose normali

Giorgia Massari · 3 settimane fa · Photography

I viaggi in Europa che il fotografo Francesco Saverio Lopazio (Ascoli Piceno, 1993) fa negli ultimi anni lo stimolano a lavorare su un linguaggio focalizzato sulla fotografia street e urban, con un risvolto concettuale. Gli scatti di Lopazio si concentrano sulla documentazione della vita di un luogo e sulle emozioni umane, come uno dei suoi primi lavori dal taglio fotogiornalistico intitolato Estrangement (2017) in cui documenta la condizione dei migranti nei centri di accoglienza marchigiani. LA sua ricerca poi si è concentrata sempre di più sull’analisi del rapporto tra l’uomo e il territorio. 

Le sue fotografie presentano una composizione armoniosa, in cui è evidente la ricerca organizzata e la cura per i dettagli. Nelle opere di Francesco Saverio Lopazio il soggetto è facilmente riconoscibile ma allo stesso tempo non domina la composizione, dialogando in accordo con l’ambiente circostante. Ne è un esempio la fotografia mise-en-scene in cui le protagoniste sono due gambe nude che spuntano da una serie di poltrone di velluto rosso. La situazione atipica rende l’opera quasi surreale ma l’equilibrio dello scatto crea una normalizzazione visiva.

Un elemento caratterizzante delle fotografie di Francesco Saverio Lopazio è la ricerca dell’essenza, evidente soprattutto nei suoi scatti più dinamici, che presuppongono un movimento del soggetto, dell’ambiente o dell’artista stesso. Le oche che prendono il volo al tramonto, il pastore Giorgio è al lavoro con le sue pecore, le montagne spuntano dal finestrino di un auto.

In ogni foto, essenzialmente, ci sono due parti diverse, la realtà e la verità, l’essenza. La realtà è data dagli elementi che compongono una fotografia come strade, soggetti, elementi urbani o naturali, ma l’essenza è ciò che mi coinvolge e mi colpisce in un’immagine. E questa sensazione è diversa per ognuno di noi, ma provoca emozioni perché lavora sui ricordi, sulle esperienze di vita e sulle identità.” – racconta il fotografo.

La stessa essenza è percepibile negli scatti della serie Souls in Isolation, dove indaga il senso di isolamento e di smarrimento causato dalla pandemia, con uno stile che si avvicina alla film photography. Le fotografie di Francesco Saverio Lopazio saranno esposte alla mostra collettiva ImageNation a New York, dal 10 al 12 marzo 2023 e curata da Martin Vegas.

Francesco Saverio Lopazio fotografa essenze e cose normali
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Francesco Saverio Lopazio fotografa essenze e cose normali
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Cosa fa il fotografo di scena? Intervista a Graziano Panfili

Cosa fa il fotografo di scena? Intervista a Graziano Panfili

Laura Tota · 3 settimane fa · Photography

Il giorno seguente la notte più importante per il mondo del cinema, ovvero quella delle assegnazioni degli Oscar, l’obiettivo di questo articolo è quello scoprire la professione del fotografo di scena, un lavoro affascinante che mette il fotografo in contatto con attori, registi, scenografi e macchinisti, ma che presenta anche molte insidie e che richiede notevoli capacità di adattamento.
Collater.al ne ha parlato con Graziano Panfili, un artista poliedrico, approdato alla fotografia dopo essersi dedicato per molti anni al disegno, alla pittura e al fumetto e che ha ricoperto questo ruolo per diversi anni all’interno di produzioni cinematografiche, connotando in questa direzione tutta la sua ricerca artistica.

Graziano Panfili | Collater.al

Partiamo dalle basi: molti pensano che il fotografo di scena scatti semplicemente delle foto durante le riprese di un film, ma in realtà tra scatti posati e di backstage fa molto di più e soprattutto deve assecondare le scelte del resto della troupe. Qual è la difficoltà maggiore in queste diverse modalità di scatto? 

Effettivamente, il lavoro del fotografo di scena non si limita solo a scattare fotografie durante le riprese di un film, ma comporta molte altre attività come la realizzazione di scatti posati, foto di backstage e altro ancora. Inoltre, il fotografo di scena deve lavorare in stretta collaborazione con il regista, il direttore della fotografia e gli altri membri del team per assecondare le scelte di tempi, spazi, luci e scene definite dal resto della troupe.
Una delle maggiori difficoltà in queste diverse modalità di scatto è la necessità di essere sempre pronti ad agire rapidamente e con decisione per cogliere i momenti giusti durante le riprese. Quando si scatta durante le riprese di un film, ad esempio, il fotografo di scena deve essere in grado di capire esattamente quali momenti sono importanti per il regista e per la storia del film, e di coglierli rapidamente senza disturbare gli attori o le altre figure impegnate sul set.
Questo richiede molta creatività, prontezza, capacità di previsualizzazione e, naturalmente, una conoscenza approfondita della luce e delle tecniche fotografiche.

Il fotografo di scena è un narratore invisibile all’interno del set. Con discrezione e sagacia deve raccontare il film, trasformando un’immagine in movimento in un’immagine statica. Come ti prepari a scattare per il film? Leggi il copione anticipatamente e definisci delle scene che possano essere interessanti e che visualizzi già nella tua mente? Come vivono la tua presenza sul set le altre persone che lavorano?

Per prepararmi a scattare per un film è importante prima di tutto leggere il copione per avere un’idea del tipo di storia che si sta raccontando e delle scene che potrebbero richiedere particolare attenzione dal punto di vista fotografico, visivo e narrativo. A volte, il regista e il direttore della fotografia possono anche fornirmi un briefing dettagliato sulle scene in cui siamo coinvolti. 
Quando mi trovo sul set cerco di essere il più discreto possibile per non disturbare gli altri membri della troupe e gli attori, ma al tempo stesso devo anche essere attento e pronto ad agire rapidamente per catturare i momenti salienti durante le riprese.

Molte volte, ci sono momenti imprevedibili che richiedono di essere pronti in ogni momento, come ad esempio un improvviso cambio di luce, una scena molto dinamica o un’emozione intensa da parte dell’attore. Quindi, la preparazione teorica e pratica è fondamentale per avere un controllo completo sulle impostazioni della fotocamera e per poter effettuare rapidamente le regolazioni necessarie per catturare le immagini più efficaci. C’è sempre una buona comunicazione tra me, il regista, il direttore della fotografia e gli altri professionisti presenti sul set per garantire che tutti siano allineati sugli obiettivi delle riprese e per evitare di disturbare gli attori durante le scene più impegnative. Siamo una squadra che diventa un tutt’uno.

Graziano Panfili | Collater.al

Diciamo che il fotografo di scena è già un interprete di un film: scattando, dà una sua visione, prediligendo inquadrature, dettagli, momenti precisi. Riesci a raggiungere un compromesso tra fotografia documentata e creativa? Quanto questo tipo di fotografia ha poi influenzato la tua ricerca generale?

Sì, il fotografo di scena, in un certo senso, può essere considerato un interprete del film che sta fotografando. Attraverso le sue scelte di inquadrature, dettagli e momenti precisi, il fotografo di scena dà una sua visione della storia che si sta rappresentando. Riuscire a trovare il giusto equilibrio tra la fotografia documentata e quella creativa è una delle sfide principali del lavoro del fotografo di scena. Da un lato, è importante documentare accuratamente le riprese e creare un registro visivo preciso del lavoro svolto sul set, per scopi di promozione e di archiviazione. D’altra parte, il fotografo di scena deve anche cercare di essere creativo e di cogliere momenti unici ed emozionanti che possano catturare l’essenza del film e la sua visione personale.

Graziano Panfili | Collater.al

Per raggiungere questo equilibrio, è importante avere una conoscenza approfondita del film e delle sue tematiche, nonché una buona comprensione delle tecniche fotografiche. Inoltre, la comunicazione con il regista, il direttore della fotografia e gli altri membri del team è essenziale per capire le loro visioni e assecondare le loro esigenze. Per quanto riguarda l’influenza del mio lavoro come fotografo di scena sulla mia ricerca generale, devo dire che mi ha sicuramente fatto apprezzare l’importanza di cogliere momenti unici e di trovare la giusta inquadratura per raccontare una storia. Inoltre, mi ha fatto comprendere l’importanza della collaborazione e della comunicazione nella creazione di un progetto visivo complesso.

Hai un episodio curioso da raccontarci relativo a qualche film?

Più che alcuni episodi, ricordo alcune immagini divertenti durante le pause pranzo sul set, in cui gli attori, ancora truccati e spesso vestiti in modo particolare per le loro scene, mangiavano in modo informale. Queste immagini mi hanno fatto apprezzare il lato più umano e divertente delle persone coinvolte nella produzione del film, e spesso sono diventate dei momenti di pausa piacevole finendo a ridere.

Quali consigli daresti a un giovane fotografo di scena che scatta sul set per la prima volta?

Studia il copione e fai attenzione alle richieste del regista e degli altri membri della troupe.
Sii discreto e rispettoso del lavoro degli altri.
Sfrutta al massimo la luce naturale e artificiale per creare immagini di grande impatto visivo. Sperimenta diverse tecniche fotografiche e cerca di trovare il tuo stile personale.

Graziano Panfili | Collater.al
Cosa fa il fotografo di scena? Intervista a Graziano Panfili
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Cosa fa il fotografo di scena? Intervista a Graziano Panfili
Cosa fa il fotografo di scena? Intervista a Graziano Panfili
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