Best of 2019 – Advertising

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Giulia Guido · 3 anni fa · Art

Da quelli strappalacrime di Nike, a quelli firmati da grandi professionisti come Ridley Scott. Anche quest’anno brand ed enti si sono sfidati a suon di spot e campagne pubblicitarie. Scopriamo insieme quelle che ci hanno fatto impazzire. 

Dream Crazier, il nuovo ed emozionante spot Nike con Serena Williams

Non possiamo stilare la classifica dei migliori spot del 2019 senza includerne uno di Nike – spoiler: non sarà l’unico. In cima alla nostra lista quindi c’è Dream Crazier lo spot, narrato da Serena Williams, che valorizza le donne dello sport e ne mostra la tenacia, la determinazione e l’aggressività: queste atlete hanno rotto le barriere e hanno superato i propri limiti

The Dirtiest Porn Ever, la campagna di Pornhub per salvare gli oceani

La campagna di Pornhub The Dirtiest Porn Ever inizia così: “At Pornhub we have a motto: the dirtier the better, but even for us there’s a limit.” Lo spot consiste in un porno a favore dell’ambiente girato su una delle spiagge più sporche del mondo, ai Caraibi. Il video vale davvero la pena ed è proprio il casi di dirlo, dove non arrivi tu arriva il porno, sempre.

#Fateloacasavostra, la commovente campagna di Ikea contro l’omofobia

Uscita il 17 maggio, in occasione della Giornata Mondiale contro l’Omofobia, la campagna di IKEA #Fateloacasavostra che è stata accompagnata da un toccante spot in cui appaiono Michela e Alessandra, William e Micheal, Marco e Marco, Silvia e Domiziana, da sola Josephine. 9 volti in cui è racchiusa la storia di infiniti altri, di tutti coloro a cui “è stato chiesto” di dimostrarsi amore dentro quattro mura, dove nessuno potesse né vederli né sentirli. 

MENstruation, lo spot di Thinx in cui anche gli uomini hanno il ciclo

Se tutti avessimo le mestruazioni, forse saremmo tutti più a nostro agio. È questo il pensiero alla base di MENstruation, la prima campagna nazionale di Thinx. Nello spot vediamo uomini in situazioni che per ogni donna e ragazza sono considerate normali: macchiare il letto di notte, far cadere dei tampax dalla borsa o prestarsi un assorbente. 
È una campagna che fa pensare e riflettere e forse, per la prima volta, la pubblicità di un prodotto per le mestruazioni è indirizzato agli uomini e non alle donne. 

Gillette appoggia il movimento Me Too con lo spot We Believe: The Best Men Can Be 

Nell’era #MeToo il celebre slogan di Gillette “The Best A Men Can Get” non può rimanere invariato. Quest’anno la nota azienda di prodotti per la rasatura ha deciso di proporre quindi “We Believe: The Best Man Can Be”, che si scaglia contro tutti quei comportamenti sessisti, schierandosi apertamente contro ogni tipo di violenza. 

#EatLikeAndy The Whole Whopper

Quello firmato Burger King è solo uno dei tanti spot rilasciati durante la sera del Super Bowl. La famosa catena di fast food voleva dimostrare come certe cose non passano mai di moda, e quale miglior modo di Andy Warhol che si gusta in tranquillità il suo panino?!

Nike fa di nuovo centro con lo spot con Tiger Woods

Vi avevamo anticipato che Nike avrebbe avuto più di una posizione nella nostra personale classifica. Eccoci qui, quindi, con il secondo spot del colosso americano che questa volta vede come protagonista Tiger Woods che a 43 anni ha lo stesso sogno di sempre, quello di battere i diciotto Major di Jack Nicklaus. 

Behind The Music, l’ultimo spot Apple che rende omaggio alla musica britannica

Quest’anno Apple ha aggiornato la campagna pubblicitaria “Behind The Mac”, con un nuovo e nostalgico spot dal titolo “Behind The Music”. 
A quanto pare, se dietro ogni grande uomo c’è una grande donna, dietro un grande successo musicale c’è un Mac. Nello spot di un minuto vediamo i nostri idoli musicali inglesi nelle fasi di produzione o incisione che lavorano sempre dietro a uno schermo Apple. Alzate il volume! 

La campagna The Seven Worlds per Hennessy realizzata da Ridley Scott meriterebbe un Oscar 

Per la campagna The Seven Worlds del Cognac Hennessy è stato chiamato niente meno che il celebre e pluripremiato regista Ridley Scott. Il video lungo poco più di 4 minuti è un viaggio alla scoperta di ciò che si nasconde dentro ogni singola goccia di uno dei Cognac più pregiati al mondo. The Seven Worlds è la prova che a volte il grande cinema e la pubblicità non solo sono mondi vicini, ma quando vengono uniti da un grande professionista il risultato è sensazionale.

Gli Occhi Dicono Tutto, l’emozionante spot di Salmoiraghi & Viganò

Ci sono cose che solo uno sguardo è capace di raccontare. Proprio per questo motivo, ogni anno, il secondo giovedì di ottobre si celebra la Giornata Mondiale della Vista e per l’occasione Salmoiraghi & Viganò ha realizzato un toccante spot che celebra in tutto e per tutto la vista e ciò che è in grado di farci vivere.

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Isabella Ståhl è tornata a Nord

Isabella Ståhl è tornata a Nord

Tommaso Berra · 3 giorni fa · Photography

Isabella Ståhl è una fotografa svedese che si è trovata a riscoprire i paesaggi della propria infanzia dopo aver viaggiato in tutto il mondo, partendo da Stoccolma fino a New York, Parigi e Berlino. Il Nord rappresenta il punto cardinale dal quale si è spostata inizialmente, tornando poi una volta affinata la propria maturità artistica, che le ha permesso di guardare sotto una nuova luce i paesaggi rurali e malinconici della propria infanzia.
Nelle foto di Isabella Ståhl a dominare è la natura con i suoi vasti campi e gli animali selvatici e selvaggi avvolti nella nebbia, che nasconde anche tutto il resto del paesaggio come una coperta bianca. La straordinaria solitudine delle composizioni e la malinconia che entra dritta negli occhi degli spettatori sono due tra le caratteristiche principali del lavoro di Ståhl, fotografa affermata che nel corso della sua carriera artistica ha collaborato con alcuni dei più importanti brand ed editori internazionali. La sua capacità non è solamente quella di saper costruire una storia dietro ai momenti che sceglie di scattare, ma anche restituire come delle sensazioni fisiche di calore, freddezza, dei brividi che rendono protagonisti tutti coloro che si fermano a guardare le fotografie.

Isabella Ståhl è stata recentemente ospite della mostra collettiva ImageNation a New York, dal 10 al 12 marzo 2023 a cura di Martin Vegas.

Isabella Ståhl | Collater.al
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Isabella Ståhl è tornata a Nord
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Isabella Ståhl è tornata a Nord
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Le foto di Cecilie Mengel sono un dialogo interiore

Le foto di Cecilie Mengel sono un dialogo interiore

Tommaso Berra · 2 giorni fa · Photography

Basta ascoltare le conversazioni che nascono dentro la propria testa a Cecilie Mengel per immaginarsi come potrebbero essere rappresentate fotograficamente. L’artista danese e ora residente a New York realizza scatti che sono dialoghi interiori nati dagli stimoli che lei stessa riceve da ciò che la circonda e dalle persone con cui si trova a vivere momenti molto quotidiani.
Il risultato è una produzione artistica che è contraddistinta da una forte varietà nei soggetti e nelle ambientazioni, così come nello stile, una volta documentaristico, altre volte più vicino a una certa fotografia posata e teatrale. Si passa da scatti rubati in casa durante una conversazione a dettagli di una latta di salsa Heinz trovata nel porta oggetti di un taxi, tutto ricostruisce una storia comune e quotidiana.
Anche la tecnica di Cecilie Mengel rispecchia questa stessa idea di varietà. L’artista infatti combina fotografia digitale e analogica, in altri casi la post produzione aggiunge segni grafici alle immagini. Le luci talvolta sono naturali altre volte forzatamente create con il flash, creando un senso d’insieme magari meno omogeneo ma ricco di suggestioni e raconti personali.

Cecilie Mengel è stato recentemente ospite della mostra collettiva ImageNation a New York, dal 10 al 12 marzo 2023 a cura di Martin Vegas.

Cecilie Mengel | Collater.al
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Le foto di Cecilie Mengel sono un dialogo interiore
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Diego Dominici e il velo di Maya

Diego Dominici e il velo di Maya

Giorgia Massari · 2 giorni fa · Photography

Un velo delicato, quasi trasparente e impercettibile, fluttua davanti ai nostri occhi e filtra la realtà, che diventa soggettiva e mai assoluta. Il filosofo Schopenhauer lo chiamava “il velo di Maya”, quell’impedimento che vieta all’uomo di fare esperienza del reale, che ci illude di conoscere la Verità. Il fotografo Diego Dominici lo pone tra lo spettatore e i suoi soggetti, trasformandolo in effettivo protagonista delle serie Atman e Red Clouds. Le figure – uomini e donne – sono intrappolate nel velo, lottano con esso tentando di evadere, aggrappandosi con forza, cercando di penetrarlo, in altri casi invece lo accolgono, adagiandosi e uniformandosi alla sua morbidezza che persuade. Allo spettatore è permesso solo intravedere le forme dei loro corpi nudi e le loro ossa impresse sulla superficie, in una danza di luci e ombre che trasmettono sensualità e solitudine allo stesso tempo.


Diego Dominici tenta di rompere la bidimensionalità della fotografia, creando due piani di profondità: quello dettato dal tessuto e dalle sue increspature e quello in cui è posizionato il soggetto. L’occhio dello spettatore è portato a muoversi continuamente sulla superficie, cercando di superarla e raggiungere così il soggetto e le sue forme dunque, in altre parole, la Verità.
L’analogia con la psicologia umana è dichiarata dal fotografo che vuole “squarciare la bidimensionalità per indagare i grovigli dell’interiorità umana”. Come nei suoi scatti, l’uomo può scegliere di farsi cullare dal velo dell’illusione, farsi accarezzare da una fittizia realtà e rimanere fermo sul suo punto di vista, oppure può scegliere di romperla, raggiungendo così l’altro lato e guardare la realtà da un’altra prospettiva. Il tessuto, o meglio il velo, diventa l’emblema delle barriere relazionali, quegli ostacoli che si interpongono tra noi e gli altri, che ci impediscono di comprendere le ragioni altrui e che creano distanze incolmabili. Allo stesso tempo, il velo diventa parte di noi, una sorta di involucro che ci avvolge e ci plasma, impedendoci di andare oltre. Ma, come diceva Schopenhauer, il velo di Maya dev’essere abbattuto, squarciato come una tela di Fontana, l’uomo deve abbandonare l’involucro come un serpente che cambia la propria pelle, per potersi aprire all’altro. Del resto, cos’è l’amore se non “l’annullamento dell’ego, il crollo di ogni discriminazione cosciente e la rinuncia a ogni metodica scelta”? diceva Salvador Dalì ne La mia vita segreta. Le opere di Diego Dominici invitano quindi a una profonda riflessione intima ma, grazie alla sua estetica attentamente curata, possono anche semplicemente appagare la vista e apparire come opere sensuali, in cui il velo diventa un preludio al piacere intimo.

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Diego Dominici e il velo di Maya
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Dialogica: due progetti sull’eliminazione della discriminazione razziale

Dialogica: due progetti sull’eliminazione della discriminazione razziale

Laura Tota · 5 giorni fa · Photography

Il 21 marzo, in occasione della giornata internazionale per l’eliminazione della discriminazione razziale, dialogica vuole indagare la capacità delle immagini di contribuire, attraverso un’azione di alfabetizzazione visuale interculturale, all’abbattimento dei preconcetti legati ai fenomeni della migrazione o della diversità culturale.
Da quando a cavallo degli anni ’60 e ’70 Gordon Parks ha iniziato a raccontare con dignità e sensibilità la povertà, l’ingiustizia sociale e l’emarginazione vissute dagli afroamericani negli Stati Uniti, una nuova modalità narrativa ha affiancato il fotogiornalismo d’assalto, contribuendo a delineare una nuova iconografia capace di restituire una visione de-colonizzata, più realistica e meno stereotipata della figura del migrante o, più in generale, delle comunità nere. All’approccio puramente documentaristico le nuove generazioni di autori che lavorano con le immagini preferiscono un’indagine che si focalizzi più sul territorio in cui vivono, ricorrendo a linguaggi più ricercati o che approfondiscono le implicazioni sociali del fenomeno della migrazione.

Il lavoro “Nowhere Near” dell’autrice Alisa Martynova si concentra proprio sulla necessità di restituire un’identità peculiare all’erroneamente monolitica visione del migrante. Alisa ricorre a metafore e similitudini per raccontare le testimonianze di giovani migranti, intervistati in Italia (e non solo) nell’arco di oltre tre anni. I gruppi di migranti, protagonisti di viaggi estenuanti, vengono metaforicamente paragonati a costellazioni di stelle fuggitive, ovvero corpi celesti intrappolati sul confine dei buchi neri, una sorta di limbo da cui possono sottrarsi sono grazie a uno scontro tra due buchi neri: un evento eccezionale che proietta le stelle lontane da un equilibrio precario per raggiungere destinazioni non note.

Così, il Sogno di una vita migliore, del raggiungimento di un Eldorado a lungo immaginato, ma mai realmente visualizzato, viene poeticamente reso attraverso scatti realizzati in notturna in cui la luce svela per qualche secondo ciò che è nascosto, mostrando tessuti e vestiti iconograficamente legati alla cultura afro/orientale, ma catturati in luoghi altri, in cui spesso è presente quel mare attraversato coraggiosamente per raggiungere una vita migliore, o il bosco/foresta in cui nascondersi per diventare fantasmi in terra straniera.

Un cortocircuito visivo che ribadisce l’insistere di una cultura altra in un territorio sconosciuto, ma che accende una riflessione sul mondo interiore dei migranti con l’intento di suscitare reazioni in chi guarda e sottolineare l’individualità e peculiarità di ogni soggetto ritratto, portatore di storie, vissuti e racconti unici e irripetibili.

Sul pericolo di un appiattimento culturale delle comunità di colore si concentra anche il progetto “Black skin white algorithms” dell’autrice di origini angolane Alice Marcelino. Alice, il cui lavoro esplora la dimensione dell’appartenenza a partire dai concetti di cultura, tradizione, migrazione e identità, denuncia le anomalie presenti nelle tecnologie di rilevamento facciale nel momento in cui queste interagiscono con soggetti di pelle nera. Essendo principalmente programmate dall’uomo occidentale per rilevare pelle chiara, queste tecnologie non individuano in maniera ugualmente accurata le tonalità di pelle più scura, restituendo visioni sommarie o approssimative dei soggetti riconosciuti.

L’idea di inferiorità viene perpetrata quindi non solo in pregiudizi sociali inconsci, ma è alimentata anche dalle tecnologie, programmate da mani bianche occidentali, con una conseguente fornitura di potenziali false dichiarazioni. A sottolineare questo livellamento, Alice sostituisce la foto segnaletica dei soggetti con l’equivalente traduzione in codice ASCII (un set di caratteri standard compreso da tutti i computer) – che ne riduce l’identità a un risultato binario, privo di significato e complessità: la lettura del volto viene così annullata totalmente e resa illeggibile sia dall’uomo che dal sistema di riconoscimento facciale.

Alisa Martynova | Collater.al
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Alice Marcelino | Collater.al
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Dialogica: due progetti sull’eliminazione della discriminazione razziale
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Dialogica: due progetti sull’eliminazione della discriminazione razziale
Dialogica: due progetti sull’eliminazione della discriminazione razziale
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