Per la rubrica di febbraio dedicata alle professioni del mondo della fotografia, Collater.al ha fatto qualche domanda ad Alessia Locatelli, curatrice indipendente, docente e direttrice artistica della Biennale della Fotografia Femminile di Mantova.
La sua esperienza in un laboratorio di stampe fotografiche, la rende oggi una delle voci più autorevoli in materia di scelta di carte fotografiche, tirature e mercato della fotografia: tutti argomenti con cui ogni fotografo deve confrontarsi se vuole fare il grande passo verso il mondo professionale della fotografia e che spesso risultano complessi o poco chiari. Ecco cosa Alessia Locatelli ci ha raccontato in merito.

In conseguenza dell’avvento del digitale si stampano sempre meno foto. Anche i fotografi, soprattutto quelli della nuova generazione, si ritrovano ad avere migliaia di file digitali senza passare poi alla fase della stampa.
Ma se come diceva Henri Cartier-Bresson “Solo il risultato conta, e la prova conclusiva è data dalla stampa fotografica”, da dove dovrebbe partire il fotografo nella scelta della carta fotografica? Quali tipologie di carta esistono oggi e cosa le differenzia? Cosa differenzia una carta fine art da una semplice carta fotografica?
Anzitutto bisogna partire sempre dal progetto. Ogni progetto che abbia un suo concetto forte sicuramente troverà la carta adeguata su cui essere stampato. Questo è il primo passaggio da cui partire nella individuazione della carta per la stampa. Il mondo delle carte è meraviglioso: ho avuto la fortuna di lavorare alcuni anni affiancando un laboratorio, attività necessaria per avere le competenze curatoriali adeguate per suggerire anche ai fotografi le caratteristiche tecniche sia per le carte fine art che per quelle fotografiche.
Ma per riprendere la tua domanda, è fondamentale pensare che se si decide di stampare bisogna anche poi sapere dove conservare le stampe, soprattutto se si decide di utilizzare carte particolarmente sensibili come quelle di fibre naturali che patiscono molto lo sbalzo termico e l’incidenza della luce. Di conseguenza, bisogna sempre pensare per la produzione di una mostra, o semplicemente per la stampa, ad alcuni accorgimenti che – da curatore – spesso mi sento di suggerire ai fotografi con cui collaboro onde evitare che, anche sull’onda dell’entusiasmo, ci si trovi a spendere tanti soldi per la stampa FineArt del progetto senza però sapere dove conservare poi le stampe stesse. Questo non vuol dire rinunciare a stampare, bensì avere le competenze professionali e anche un po’ di lungimiranza prima di approcciarsi al mondo delle carte e dei laboratori professionali. Trovare la carta ideale per il proprio progetto è parte integrante del percorso di un fotografo: scegliere il punto di bianco, decidere se la carta deve avere una trama spessa o una grana sottile, essere Glossy o Matt.

Lo sapete ad esempio che la FineArt parte necessariamente dalla grammatura della carta di 280gr/metro quadro? La mia esperienza all’estero mi porta a fare una triste considerazione sul nostro Paese: c’è una grande superficialità che accompagna il mondo fotografico, soprattutto semi professionale, e questo ha una pessima ricaduta su tutta la filiera della fotografia e sul collezionismo. La differenza tra carta FineArt e fotografica principalmente consiste nel fatto che le carte fotografiche sono costituite da componenti chimiche, mentre quelle FineArt sono totalmente in fibre naturali. Spesso si tratta di fibre di cotone per quanto riguarda l’occidente, ma in Oriente utilizzano le fibre di carta di gelso o di bambù. Naturalmente, su queste carte naturali andranno poi utilizzati degli inchiostri che non abbiano all’interno delle componenti chimiche altrimenti non avrebbe senso; utilizzare inchiostri a base d’acqua o con colori naturali eutilizzare una stampante che abbia almeno 6 – 8 ugelli di uscite inchiostro, sia per il bianco e nero che per il colore, garantisce inoltre la possibilità di coprire tutto il range cromatico disponibile, anche nel digitale.
Quindi concludo dicendo che bisogna assolutamente stampare, ma che la competenza è fondamentale, e che certe volte affidarsi anche a curatore, laboratorio o persona di fiducia che conosca anche questo settore, può essere soltanto un vantaggio per il fotografo e per lo storytelling al collezionista.

La possibilità di partire da un file, non solo implica la grande opportunità di scegliere diversi supporti di stampa (non solo limitatamente alle carte fotografiche), così come di stampare lo stesso file infinite volte. E qui, tocchiamo un argomento spesso sottovalutato, ma fondamentale quando si parla di vendita delle proprie fotografie, ovvero quello della tiratura.
In cosa esiste esattamente e come e quando dovrebbe essere stabilita per ogni fotografia? Ma soprattutto, è così necessario definirla?
Questo è un discorso molto ampio che affronto spesso nei miei corsi e devo dire che riscuote un discreto interesse da parte dei fotografi che partecipano perché mi inondano di domande. Cercherò brevemente di spiegare: la tiratura dipende da molti fattori, dalla posizione geografica del fotografo, ma anche tanto dall’età del fotografo e dalla sua collocazione nel mercato. È importante anche capire quanto il fotografo sia interessato a una produzione FineArt – quindi limitata per i collezionisti – oppure di grande distribuzione, ci sono varie strade e tutte sono dignitose. L’importante è, per evitare frustrazioni, sapere dove si vuole andare. Il problema in Italia però è duplice perché se da un lato c’è poca conoscenza da parte dei fotografi di tutto questo difficilissimo ma piccolo mondo della tiratura, delle certificazioni e del print on demand, dall’altro c’è un collezionismo che ancora possiede una certa diffidenza nell’inserire la fotografia in collezione: non ci si fida della questione della riproducibilità e si ragiona ancora in termini desueti, che in Francia Inghilterra Stati Uniti non ci sono più, in merito alla tiratura.
Sto facendo molti sforzi per cercare di creare una filiera virtuosa in tal senso, in modo che il fotografo che desidera farsi delle competenze, possa trovare nel laboratorio e nella galleria altrettante figure professionali capaci di affiancarlo al fine di creare fiducia nel collezionismo italiano. Con pochi centinaia di euro si può creare una interessante base di collezione fotografica, cosa che in arte assolutamente non si può fare, e mi piacerebbe molto coinvolgere le giovani generazioni di imprenditori in questo meraviglioso mondo delle aste, delle fiere e del collezionismo di quella che oggi è l’arte visiva maggiormente in grado di comunicare il contemporaneo, attraverso differenti linguaggi e modalità.

Un’ultima variabile con cui un fotografo deve necessariamente confrontarsi quando decide di mettere in vendita le sue foto, è il prezzo finale.
Puoi menzionare almeno tre variabili da tenere in conto nel definire questo prezzo? Inoltre, in che modo e in conseguenza di quali variabili il prezzo di uno stesso scatto può variare nel tempo?
In economia si sa che il prezzo di solito prevede quella che è la spesa totale – compresa del tempo dedicato – e si moltiplica per tre… Ma questo è becero marketing, che però va considerato nel momento in cui si parla di prezzi. C’è anche poi una questione curriculare dell’autore: la sua età, quali mostre ha realizzato, in quali location (istituzionali, nazionali). Anche le pubblicazioni di cataloghi sono importanti. Se è stato esposto all’estero, se ha una galleria che lo rappresenta, se ha sempre pagato per fare le mostre o è nel circuito culturale… Come potete immaginare, tutto quello che appartiene alla realtà culturale garantisce la qualità del lavoro del fotografo, a differenza di coloro che partecipano soltanto a collettive a pagamento. C’è un mercato per tutti, ma naturalmente laddove il percorso viene avallato da musei, fotofestival, giurie e realtà pubbliche è logicamente comprensibile che il valore dell’artista sia più alto.
Scelgo una terza e ultima considerazione tra le variabili che possono indicare il prezzo finale di una stampa autoriale, che è quella della tiratura nella FineArt. Esemplificando che un autore abbia una tiratura a 7 è logico per il mercato che la fotografia numero 1 di 7 abbia un prezzo inferiore alla numero 7 di 7, poiché dopo questa non è più possibile all’autore produrre alcune stampa nuova, nemmeno cambiando il formato.
Oltretutto è giusto premiare il collezionista che ha fiducia nel fotografo sin dall’inizio, mentre un autore che ha già in esaurimento la sua tiratura è già stato avallato dal mercato, è quindi corretto dal punto di vista dell’economia che questi paghi di più l’ultima foto della serie.
