Jacopo Valentini nasce a Modena nel 1990 e studia a Mendrisio all’Accademia di Architettura, per poi iscriversi al Master di fotografia dello IUAV di Venezia con Angela Vettese e il fotografo Stefano Graziani. Il giovanissimo fotografo ha già ottenuto molti riconoscimenti: nel 2015 viene selezionato per partecipare al progetto Foto Factory Modena in collaborazione con SkyArteHD e Fondazione Fotografia Modena, nel 2017 vince la 101ma Collettiva Giovani Artisti alla Fondazione Bevilacqua La Masa, nel 2019 viene selezionato per Giovane Fotografia Italiana #07 (all’interno di Fotografia Europea a Reggio Emilia) e vince il Premio Nocivelli. Ha già esposto sia in Italia che all’estero: dalla Triennale di Milano, alla Fondazione Ragghianti, dal RIBA di Londra alla Fondazione Bevilacqua La Masa di Venezia (e molti altri).
Jacopo si avvicina alla disciplina da giovanissimo, rivisita la fotografia classica di paesaggio italiana, storicamente ben saldata, proponendo una nuova forma di interpretazione del territorio. Non si limita all’utilizzo della fotografia, ma si spinge oltre. Ci racconta: “ora è prevedibile dire che architetture, paesaggi e così via sono per me motivo di un fascino importante, ma devo precisare che non sono da considerarsi come contenuti assoluti, tutt’altro. Considero la Natura Morta uno stile a me molto caro. Attualmente la mia ricerca, oltre ad utilizzare la fotografia, si combina anche con altre tecniche. Altri materiali affiancano il mezzo fotografico per esempio tramite l’utilizzo di calce, gesso, carte, affiche ecc. che ogni volta danno vita ad un risultato diverso a livello espositivo.”
Analizza ogni layer del territorio, “attraverso l’intersezione di una moltitudine di livelli, da quello religioso a quello faunistico, dal culinario all’architettonico, dal vegetale al letterale, passando attraverso il sociale e cosi via, si può ottenere un comprensione trasversale di ciò che noi ancora chiamiamo territorio, in tutte le sue forme. Non sempre, tuttavia, questi diversi campi di discussione possono coesistere insieme. Ogni caso è specifico e ogni situazione deve essere studiata con un approccio calibrato per capire cosa è rilevante e cosa no, in modo tale da avere una narrazione visiva che prende vita lungo un fil rouge.” Come accade in “Volcano’s Ubiquity”, dove Jacopo fotografa il napoletano da una prospettiva insolita, attraverso la “vulcanicità” cercando di andare oltre i cliché partenopei e di rompere gli schemi canonici di ritratto del territorio.






Testo di Bianca Felicori