Una goduria per gli occhi! Gli scatti di Marzia Gamba sono divertenti e colorati, spiazzanti e delicati e non possono non piacere.
Classe 1987, Marzia Gamba è una fotografa italiana che oggi vive e lavora a New York. Specializzata in scatti concettuali e still life, in questi anni i suoi lavori sono stati presentati durante esposizioni avvenute in diverse parti del mondo, da Parigi a Miami, ma hanno fatto gola anche a diversi brand, portando Marzia a collaborare con nomi del calibro di Prada, Campari, Estee Lauder e molti altri.

I lavori di Marzia spiccano per i colori accesi rendendoli particolarmente d’impatto, ma anche per una delicatezza che passa attraverso elementi floreali.
Alcuni scatti di Marzia Gamba saranno esposti a Torino per Ph.ocus – About Photography nella sezione “Please, Stay Home” e per scoprire qualcosa in più sul suo lavoro le abbiamo fatto qualche domanda.
Non perderti la nostra intervista qui sotto!
Come ti sei approcciata alla fotografia e cosa ti ha portata a specializzarti nello Still Life?
Mi sono avvicinata alla fotografia intorno ai 20 anni, me ne sono appassionata durante un corso all’università, ho iniziato facendo self portraits con una fotocamera analogica.
Mi affascinava molto la pellicola e così ho cominciato a lavorare in un laboratorio di fotografia analogica, in cui passavo ore in camera oscura imparando a sviluppare rullini e sperimentando diverse tecniche di stampa.
Poi ho fatto le prime mostre e i primi progetti personali, che mi hanno portato all’ammissione al International Center of Photography di New York. Quella è stata la vera svolta. Lì ho imparato tantissimo, prima ero principalmente un’autodidatta, scattavo con tanto cuore e poca tecnica.
Prima di specializzarmi nello still life ho esplorato tanti tipi di fotografia, ma nello still life ho trovato un modo per combinare altre mie passioni come l’arte, la grafica, il cibo e la fotografia. Per me lo still life è un processo meditativo, mi affascina trasformare oggetti quotidiani e dargli una nuova concezione visiva e sensoriale.

Come avviene il tuo processo creativo e quanto tempo dedichi alla preparazione dei soggetti?
Direi che il mio processo creativo è un po’ come me, riflessivo e impulsivo allo stesso tempo. Tutto inizia con un’idea e da lì lavoro sullo sviluppo creativo in cui faccio sketches a mano, decido la paletta colori e creo una mood board con immagini di referenza.
Dopo questo, inizio a cercare gli oggetti e gli sfondi, questa fase mi diverte molto perché è la parte di ricerca e più manuale in cui mi ritrovo a costruire il set dal nulla.
Infine quando tutto è pronto preparo la mia fotocamera, le luci, il cavalletto e inizio a scattare per poi finire con la fase di post-produzione.
Guardando i tuoi scatti, ciò che cattura lo spettatore sono i colori, soprattutto degli sfondi e dei set, sempre vividi e brillanti. Come avviene la loro scelta?
Quando mi dedico alla realizzazione di una foto, una delle prime cose a cui penso sono i colori e le emozioni a loro legate.
L’estetica è molto importante per me. Creare armonia tra gli oggetti e i colori che uso è fondamentale, nel mio processo creativo cerco sempre la bellezza anche negli oggetti comuni, far provare allo spettatore un’emozione nuova guardando qualcosa di familiare, giocare con la sua percezione delle luci e delle ombre, è per me una parte importante nella creazione di una fotografia.
Dove prendi ispirazione? Quali sono i fotografi o gli artisti che segui?
L’ispirazione la prendo in tanti posti e modi diversi: dalla musica, dai film, dai musei o da luoghi quotidiani. Mi piacciono tantissimo i mercati di fiori e di frutta e verdura, lì davvero la mia immaginazione si scatena.
Per quanto riguarda gli artisti mi ispiro molto ai surrealisti: da Magritte a Salvator Dalí a Frida Kahlo, mentre tra i contemporanei Maurizio Cattelan, Yayoy Kusama, John Baldessarri.
Per quanto riguarda i fotografi da dove iniziare, c’è un filone che considero i miei maestri , Man Ray, Henri Cartier- Bresson , Francesca Woodman, Cindy Sherman, Martin Parr, Luigi Ghirri, questi per citarne alcuni. Poi c’è tutto un filone di fotografi contemporanei che mi piacciono molto come Grant Cornett, Camila Falquez, Bobby Doherty, Paloma Rincon e tanti altri .

C’è uno scatto che è stato particolarmente difficile da realizzare? Raccontacelo.
Più che difficile direi che è stata una sfida. Mi viene in mente uno dei miei ultimi progetti personali “Corona Glam” che ho scattato a New York a metà marzo, poco prima che in America ci fosse il boom di casi di Covid-19 e la città entrasse in completo lockdown .
Ero in giro per il mio quartiere, a Brooklyn, cercando gel disinfettante e mascherine per realizzare alcuni scatti, entrambi impossibili da trovare, ero stata in tantissimi posti e tutti mi dicevano che erano esauriti da settimane, anche se in città nessuno indossava mascherine.
Così pensai di sostituire il gel con un sapone trasparente ma non avevo idea di come avrei fatto per la mascherina. Alla fine passeggiando mi venne un’idea, entrai in un salone per le unghie e cercai di convincere il proprietario a vendermene una, lui con la faccia un po’ sconcertata me la regalò. Grazie a quel gesto riuscii a realizzare la foto del melone e riutilizzai quella mascherina per prendere l’aereo quando dovetti tornare in Italia pochi giorni dopo.